1 Gennaio 2025: finalmente l’Europa libera dal gas russo
Oggi è un giorno che entrerà nei libri di storia: il 1 gennaio 2025 segna l’inizio di una nuova era per l’Europa. Con la fine dell’accordo tra Russia e Ucraina, il transito del gas russo attraverso i gasdotti ucraini è ufficialmente terminato, chiudendo definitivamente un capitolo in cui Mosca dettava le regole del gioco energetico.
Per troppo tempo il gas naturale russo ha rappresentato per l’Europa una risorsa fondamentale, ma anche un’arma nelle mani del Cremlino. Quel gas, trasportato nei cuori delle città europee, non era solo energia: era uno strumento di controllo geopolitico. Oggi, questa dipendenza volge al termine.
Un’Europa finalmente libera di scegliere
La chiusura dei rubinetti russi non è solo un fatto tecnico: è una dichiarazione di indipendenza, per la quale dobbiamo e dovremo ringraziare il coraggio degli ucraini. Per decenni, i miliardi di euro versati dall’Europa per il gas hanno finanziato, direttamente o indirettamente, la macchina bellica di Vladimir Putin. Nel 2021, queste risorse hanno contribuito a sostenere le ambizioni espansionistiche del Cremlino, culminate nell’invasione dell’Ucraina nel 2022.
Dopo quell’invasione, l’Europa ha scelto di cambiare rotta. Non senza difficoltà, ha lavorato per diversificare le sue fonti energetiche, puntando su forniture di gas naturale liquefatto (LNG) da Stati Uniti, Qatar e altri partner globali, oltre che su gasdotti alternativi da Norvegia, Algeria e Azerbaigian. Questo sforzo ha richiesto sacrifici: il 2022-2023 ha visto prezzi dell’energia alle stelle, con famiglie e imprese messe a dura prova. Ma grazie a investimenti mirati e infrastrutture più solide, l’Europa è riuscita a rialzarsi.
L’anomalia ungherese: un ponte verso Mosca
Non tutti, però, hanno scelto l’indipendenza. L’Ungheria di Viktor Orbán ha preferito mantenere il legame con Mosca, assicurandosi gas a prezzi agevolati tramite accordi bilaterali. Questa scelta potrebbe sembrare vantaggiosa nel breve termine, ma rischia di rendere Budapest ancora più vulnerabile alle pressioni del Cremlino. All’interno dell’Unione Europea, l’Ungheria appare sempre più isolata, un’anomalia in un continente che si sta ricompattando di fronte alle sfide strategiche del futuro.
Un passo che doveva essere fatto prima
Questa svolta epocale arriva, però, con un carico di rimpianti. L’Europa avrebbe dovuto spezzare questa dipendenza anni fa. Le prime avvisaglie del pericolo erano chiare già nel 2006, durante le crisi del gas tra Russia e Ucraina, e ancora nel 2014, con l’annessione della Crimea. Eppure, calcoli economici a breve termine e una visione politica miope hanno impedito di agire.
Il ritardo ha avuto conseguenze pesanti: ha permesso a Putin di rafforzarsi e ha esposto l’Europa a un ricatto energetico che, con una maggiore lungimiranza, si sarebbe potuto evitare.
Il futuro passa dal nucleare
Ora che la dipendenza dal gas russo è un capitolo chiuso, l’Europa deve guardare avanti. LNG e gasdotti alternativi sono soluzioni transitorie, ma non definitive. È tempo di rivalutare con serietà l’energia nucleare, una fonte pulita, stabile e immune dalle instabilità geopolitiche.
Paesi come la Germania e l’Italia devono superare vecchi pregiudizi e ripensare le loro scelte sul nucleare. La Germania, dopo l’uscita dal nucleare nel 2011, si è trovata costretta a ricorrere a carbone e gas, con un impatto devastante sui suoi obiettivi climatici. L’Italia, dal canto suo, ha chiuso le sue centrali nucleari troppo presto, ignorando un’opzione che potrebbe garantire sicurezza energetica e sostenibilità.
Un traguardo da festeggiare, un futuro da costruire
Questo 1 gennaio 2025 segna una vittoria storica. L’Europa ha dimostrato che è possibile trasformare una crisi in un’opportunità, liberandosi dalle catene del ricatto energetico russo. Ma non basta.
Per garantire un futuro sicuro, autonomo e sostenibile, servirà coesione, coraggio politico e investimenti strategici in tutte le risorse disponibili, incluso il nucleare. La strada è lunga, ma oggi l’Europa si riscopre più forte e consapevole. Finalmente, ha smesso di finanziare la guerra di Putin e ha scelto di riprendersi il proprio destino.