Cari italiani, la Resistenza era giusta solo quando combattevano i vostri nonni?

Manifesto rosso con scritta bianca e gialla sul 25 Aprile. Un soldato in silhouette regge un fucile accanto a una bandiera ucraina. Testo: “25 APRILE – La resistenza era giusta solo quando combattevano i nostri nonni? Il valore della libertà oggi.”
T.K., cittadina ucraina
24/04/2025
Frontiere

In occasione del 25 Aprile, una riflessione sulla Resistenza italiana e sulla lotta dell’Ucraina contro l’invasione russa, con le parole di T.K., cittadina ucraina. Libertà, memoria e responsabilità di chi oggi sceglie il silenzio.

Fin dal liceo ho sempre festeggiato il 25 Aprile qui in Italia e ho sempre ascoltato appassionatamente le storie sul fascismo, sui partigiani e sulla Resistenza.
Curioso il fatto che non ho mai sentito dire “mio nonno era fascista”. Tutti si sono sempre vantati di avere avuto un nonno nella Resistenza, che sparava ai crucchi.
Per anni ho sentito questo orgoglio italiano e questa ammirazione per i partigiani morti con i fucili in mano, combattendo la dittatura.

Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, però, molti di questi conoscenti (e amici) sono diventati improvvisamente tiepidi nei confronti della lotta armata per la resistenza. Molto silenziosi.
E mi feriscono più loro, sono sincera, degli altri.

Gli altri, i non impegnati, quelli che:
Perché combattete? Perché non vi arrendete? Perché non trovate un compromesso?
CHI VE LO FA FARE?

Ricordare cosa significa dittatura

Giorno dopo giorno, devo ricordare a queste persone che l’Ucraina è stata invasa da un paese con al potere un regime fascista.
Che le vecchie generazioni ucraine hanno già vissuto sotto dittatura, nel contesto totalitario dell’Unione Sovietica – e vi ricordo che George Orwell scrisse La fattoria degli animali ispirandosi al comunismo sovietico.

Poi devo spiegare che l’URSS (che in molti qui hanno idealizzato, come d’altronde hanno idealizzato quella fogna a cielo aperto della Russia) è stata una delle peggiori sciagure successe all’umanità.
E che la memoria di quegli anni rimane molto accesa nei popoli che l’hanno vissuta.
Popoli che, dopo decenni di persecuzioni, oppressione e terrore, hanno dato vita a dei figli liberi.
E questi figli liberi oggi stanno combattendo, perché ben consapevoli del fatto che l’alternativa alla lotta è l’oblio.

Non sono territori astratti

Giunta a questo punto, devo sempre accennare al fatto che i territori occupati dai russi non sono fogli bianchi con dei numeri disegnati sopra.

Mentre scrivo queste parole, ci sono cittadini russi che vivono a Mariupol in case rubate, dove nel giardino sono sepolti i proprietari ucraini, che non sono riusciti a fuggire da quel mattatoio.

Migliaia di famiglie distrutte, divise, separate, spezzate.
Migliaia di case, di storie, di ricordi bruciati, sepolti sotto le macerie dei missili russi.

Raccontare l’orrore

Quello che faccio tutti i giorni – a parte combattere la disinformazija del Cremlino e dei suoi servitori nel bel paese – è cercare di raccontare delle storie.
Riportare la dimensione umana in mezzo ad analisi geopolitiche, militari, politiche, economiche.

Rimodellare pensieri astratti in realtà.
Quella fatta di sangue, di ossa, di corpi mutilati.
Quella realtà fatta di viscere esposte, di mandibole saltate in aria, di cadaveri fatti a pezzi.

Perché questa è la guerra. Questa è la dittatura. E questo è il costo della resistenza.

Se perde l’Ucraina, perde l’Europa

Mentre parlo di tutte queste cose, cerco anche di fare notare a questa gente una verità talmente evidente e concreta da essere accecante:
se perde l’Ucraina, perde l’Europa.
E non parlo di valori, di concetti intangibili, di immagini indefinite:
se la Russia vince oggi, i vostri figli passeranno la loro gioventù in trincea nei boschi polacchi.
Questo, con la speranza rosea che la guerra non entri nelle case dei vostri genitori in Italia, portandosi via tutto quello che avete nella vita di più caro.

I deludenti silenzi degli “impegnati”

Arrivo al punto.
Non mi scoccia spiegare le cose a chi se n’è sempre fregato di tutto.
Ma gli impegnati di una volta? In che bolla stanno vegetando?

Quando parlo di una possibile guerra europea, queste persone – che ai tempi del liceo si vantavano del nonno partigiano e impugnavano striscioni contro il fascismo nel cortile di scuola – mi rispondono:
“No, io in guerra non ci vado.”
O peggio, mi dicono che sono pesante. Che non devo parlare della guerra, perché non interessa a nessuno.
Sono stanchi, li ho stufati.


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Una resistenza comoda

E allora oggi, proprio oggi – giorno in cui vedrò centinaia di storie, di frasi, di belle parole pubblicate sui social – ho una domanda per queste persone:
Chi siete veramente?
Siete quello che urlavate di essere, 10, 20 anni fa durante le occupazioni, le assemblee straordinarie e le manifestazioni?
Siete gli intrepidi, i valorosi, gli indignati, gli antifascisti?
Oppure siete il vostro patetico silenzio?

Oggi, come ogni 25 Aprile, sarete tutti contro il fascismo. Oggi siete tutti nipoti di partigiani. Oggi siete tutti Resistenza.

Una resistenza rimodellata a vostro piacimento. Una resistenza comoda, senza armi, senza sangue, senza gambe amputate. La famosa resistenza dei gloriosi millennials. Direi che siete antifascisti e partigiani col culo degli altri, ma non sono cattiva.

Speranze e amarezze

Voglio sperare che questo essere tiepidi, indifferenti, benaltristi, sia solo un retaggio culturale ed educativo che affonda le radici nella complessa storia italiana. E non la vostra intima natura. L’eterno “io mi faccio i cazzi miei”. E se la macchia di sangue del vicino si dovesse espandere fino a toccarmi le scarpe, cercherò semplicemente di spostarmi un po’ più in là.

E no, non credo neanche a quei pochi di voi che ogni tanto si ricordano di dire qualcosa sulla Palestina.
Perché la verità è che non ve ne fotte un cazzo neanche dei palestinesi.
Siete diventati quello che più odiavate.
So che la vita vi ha appesantiti, gli anni sono volati e quella scintilla di rabbia e indignazione che un tempo vi faceva scendere in strada si è trasformata in bollette e mutui da pagare.

Ma eravate meglio prima.

Buona Festa della Liberazione, amici miei. Che sia un giorno di riflessione profonda.