Spesa italiana per la difesa: nel 2027 arriverà solo all’1,6% del Pil
La spesa per la difesa in Italia è oggi al centro del dibattito politico e mediatico, anche alla luce degli impegni assunti con la NATO per destinare il 2% del PIL al settore entro il 2028. Questo obiettivo, sebbene ambizioso, appare ancora lontano, nonostante gli aumenti previsti dalla Legge di Bilancio 2025. L’Italia, con una spesa attuale pari all’1,5% del PIL, rimane indietro rispetto a molti alleati, sollevando interrogativi su come il Paese intenda colmare il divario nei prossimi anni.
La situazione attuale
Secondo i dati dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, guidato da Carlo Cottarelli, nel 2024 l’Italia destinerà circa 32 miliardi di euro alla difesa, pari all’1,5% del PIL. Questo colloca il Paese tra i membri NATO più distanti dal target del 2%, in compagnia di Canada, Belgio, Lussemburgo, Slovenia e Spagna. Per rispettare gli impegni, l’Italia avrebbe bisogno di ulteriori 11,2 miliardi di euro solo nel 2024.
Il disegno di legge di Bilancio 2025 introduce un aumento degli stanziamenti, che dovrebbe portare la spesa per la difesa all’1,6% del PIL entro il 2027. Nonostante ciò, il divario medio rispetto al requisito NATO rimarrà elevato, aggirandosi attorno ai 9,6 miliardi di euro nei prossimi anni. Questo quadro sottolinea la necessità di ulteriori interventi strutturali per garantire un percorso sostenibile verso l’obiettivo.
La composizione della spesa
Un aspetto cruciale è la composizione della spesa per la difesa, che si divide in tre settori principali:
- Personale: copre gli stipendi del personale militare e civile e rappresenta la quota più alta, pari al 59,4% del totale.
- Esercizio: include le attività di addestramento, manutenzione e altre operazioni necessarie per garantire l’efficienza operativa, incidendo per il 18,6%.
- Investimenti: destinati all’ammodernamento e al rinnovo di infrastrutture e attrezzature militari, rappresentano il 22% del totale.
Questa suddivisione evidenzia una criticità: la forte prevalenza della spesa per il personale lascia poco margine per gli investimenti strategici in tecnologia, ricerca e infrastrutture, fondamentali per mantenere l’interoperabilità con i partner NATO.
La definizione NATO
Il calcolo della spesa per la difesa secondo i criteri NATO si basa su un approccio più ampio rispetto al bilancio ordinario del Ministero della Difesa. Ad esempio, vengono esclusi i costi relativi all’Arma dei Carabinieri e alle pensioni provvisorie del personale non impegnato in operazioni militari. Al contrario, vengono aggiunte altre voci come:
- Le pensioni INPS per il personale militare e civile.
- Le spese sostenute da altri ministeri, come il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, per progetti legati agli armamenti.
- I contributi a missioni internazionali e programmi strategici sovranazionali.
Queste correzioni portano il bilancio della difesa a valori più vicini alla definizione NATO, ma non eliminano il divario rispetto al requisito del 2%.
Le prospettive della legge di bilancio 2025
La Legge di Bilancio 2025 prevede incrementi significativi nella spesa per la difesa, con stanziamenti che passeranno da 28,9 miliardi nel 2024 a 31,3 miliardi nel 2025, e a 31,2 miliardi nel 2026. Tuttavia, gran parte di questi aumenti sembra destinata al personale, per via dei rinnovi contrattuali, e all’acquisto di nuovi armamenti, stimati a circa 13 miliardi nel 2025.
Questi incrementi, pur importanti, non basteranno a colmare il divario. Per raggiungere l’obiettivo del 2%, saranno necessari ulteriori interventi nei prossimi anni, mirati a:
- Riequilibrare la composizione della spesa, aumentando la quota destinata agli investimenti strategici.
- Potenziare l’efficienza e la trasparenza nella gestione delle risorse.
- Valutare sinergie con fondi europei e altre iniziative congiunte NATO.
Un percorso strategico per l’Italia
Oltre ai numeri, il tema della spesa per la difesa riflette una più ampia questione di strategia nazionale e internazionale. Raggiungere il requisito del 2% non significa solo aumentare i fondi destinati al settore, ma anche ridefinire le priorità, migliorare l’efficienza e garantire che le risorse vengano utilizzate per rafforzare le capacità operative del Paese.
Nel contesto di un panorama geopolitico sempre più complesso e instabile, l’Italia deve dimostrare di essere un partner affidabile all’interno dell’Alleanza Atlantica. Questo richiederà non solo maggiori investimenti, ma anche un cambio di mentalità: la spesa per la difesa non deve essere vista come un peso, ma come un’opportunità per rafforzare la sicurezza nazionale e il ruolo del Paese nel contesto globale.