Kvara non fa politica, ma su strade europee è nato e vuol restarci

Piercamillo Falasca
02/12/2024
Frontiere

“Il desiderio e la volontà del popolo georgiano è camminare e camminare sulle strade europee. Questa è la nostra scelta storica, l’unica scelta giusta, ed è inaccettabile allontanarsi da questa strada

Kvicha Kvaratskhelia

Le parole usate da Khvicha Kvaratskhelia su Instagram sono una reazione alla recente decisione dell’attuale governo georgiano guidato da Irakli Kobalhidze di interrompere i negoziati di adesione all’Unione Europea. Una scelta che ha scosso profondamente il Paese e che ha acceso, di nuovo, le piazze di Tbilisi e delle principali città della repubblica caucasica.

Una bandiera politica involontaria

Con il suo talento e la sua notorietà internazionale, Kvara è diventato, quasi involontariamente, il simbolo della prima vera generazione di georgiani che non si sente legata alla Russia, né culturalmente né politicamente. È una generazione che – forse con eccesso d’illusione – ha pensato di poter sfuggire facilmente alla morsa dell’Orso. La vita di Kvara si intreccia con le grandi narrazioni della Storia: a marzo 2022, d’accordo con i suoi genitori, rescisse il contratto con il Rubin Kazan, una squadra di calcio russa, rinunciando a denaro e opportunità per tornare nei campi periferici della Georgia. Pochi mesi dopo sarebbe arrivata la chiamata del Napoli. Ma in quel momento, la scelta della famiglia Kvaratskhelia fu tutt’altro che scontata: rifiutare di giocare nel campionato degli invasori.

La Russia come impero straniero, nonostante Stalin

Che fosse una decisione morale o di semplice prudenza personale e familiare, poco importa: quella rottura segnalava una verità profonda. Per Kvara, la Russia non era “casa”, ma un impero minaccioso e straniero. Lontani i tempi in cui un georgiano di nome Iosif Dzhugashvili, detto Stalin, si definiva “russo di origine georgiana“.

L’occupazione russa in Abkhazia e Ossezia del Sud

Eppure, la Russia non ha mai abbandonato la sua presa sulla Georgia. La presenza militare nelle regioni separatiste di Abkhazia e Ossezia del Sud – occupate manu militari nel 2008 – rappresenta una costante spada di Damocle sul futuro del Paese. Un apparente piccolo episodio lo ha recentemente confermato: nell’ottobre 2024, soldati russi di stanza in Ossezia del Sud hanno attraversato la linea di occupazione, rapendo un pastore georgiano e trattenendolo in territorio occupato per giorni prima del rilascio. Episodi come questo non sono solo provocazioni, ma veri e propri avvertimenti: i russi sentono di poter varcare quel confine quando e come vogliono, ogni passo della Georgia verso l’Europa è sorvegliato e ostacolato da un nemico sempre presente.

La pace russa

La situazione è stata ulteriormente aggravata dalle controverse elezioni politiche del 2024, che hanno visto il partito al governo Sogno Georgiano mantenere il potere tra accuse di brogli, intimidazioni e repressione del dissenso. La decisione di interrompere i negoziati con l’Unione Europea, presa subito dopo le elezioni, è sembrata a molti una resa definitiva alla pressione del Cremlino. D’altronde – come ci ha ricordato Silvja Manzi di Europa Radicale durante una nostra conversazione streaming – l’argomento prevalente usato da Sogno Georgiano è che il loro atteggiamento tutelerebbe la pace (o, forse, la “pace” russa).

La derussificazione di Saakashvili

Il lavoro di “derussificazione” della Georgia non è stato un complotto occidentale, ma una scelta dei governi georgiani fin dagli anni immediatamente successivi all’indipendenza del 1991, intensificata sotto la leadership di Mikheil Saakashvili. Salito al potere con la Rivoluzione delle Rose del 2003, Saakashvili si impegnò profondamente a rimuovere l’influenza russa dalla società georgiana, dalla politica fino alla cultura e alla lingua. Uno dei suoi progetti simbolo fu la promozione dell’inglese come seconda lingua nazionale, lanciando iniziative ambiziose per formare una generazione di cittadini che pensasse in termini globali e occidentali, e non più post-sovietici. Questa politica era un atto politico: voltare le spalle alla Russia significava avvicinarsi all’Europa.

La generazione dopo le rose

Quando Saakashvili saliva al potere, Kvicha Kvaratskhelia aveva poco più di due anni. Non è un politico, né pretende di esserlo. Eppure, non è la prima volta che prende posizione pubblicamente. Durante le proteste contro la controversa legge sugli “agenti stranieri”, scrisse sui social di sentirsi “profondamente turbato” e aggiunse: “La Georgia merita un futuro di libertà e democrazia.” Parole semplici, forse persino banali, ma rappresentative del pensiero di un ventenne georgiano di oggi.

La corsa contro il tempo dei filorussi

La Georgia odierna è sospesa su un filo sottile, e il pericolo per il Cremlino è chiaro: i giovani come Kvara non appartengono più alla Russia. Se perdi i cuori dei giovani e dei cittadini delle città, il tuo futuro è segnato. Per questo il governo filorusso della Georgia cerca disperatamente di tagliare i ponti con l’Europa, in una corsa contro il tempo. Ogni giorno che passa, la visione di Kvara si rafforza, e quella di Putin si indebolisce.

Le strade europee accoglieranno i georgiani?

Ma così come non possiamo chiedere a Kvara di essere un intellettuale o un politico, non possiamo chiedere che i giovani georgiani facciano più di quanto già stanno facendo. Il loro desiderio è chiaro: percorrere le strade europee, oltre quei ponti che il governo filorusso cerca di far saltare. E noi europei? Oltre a sventolare bandiere georgiane sui social, cosa stiamo facendo per aiutarli a percorrere quelle strade?