Vince l’estrema destra antieuropea? È colpa degli europeisti

Filippo Rossi
02/12/2024
Orizzonti

L’affermazione del consenso verso l’estrema destra in Europa non è un fulmine a ciel sereno, né il prodotto di un’improvvisa deriva populista. È piuttosto il sintomo evidente di un fallimento profondo della politica liberal-democratica, che negli ultimi decenni ha smarrito la propria capacità di essere decisionale, concreta, comprensibile. Quando una politica si rifugia nell’ineluttabile, negando la propria essenza di spazio per le scelte, cessa di essere politica e diventa gestione amministrativa di un destino che sembra già scritto.

La crisi della politica liberale

La democrazia liberale si fonda sulla libertà e sulla razionalità, ma nella prassi ha spesso ridotto il dibattito pubblico a una giustificazione sterile di processi economici e globali considerati inevitabili. Il cittadino si trova così di fronte a una narrazione che non prevede alternative: la globalizzazione non si può fermare, le diseguaglianze sono il prezzo del progresso, l’austerità è necessaria per evitare il disastro, e i fenomeni migratori non possono essere gestiti se non come emergenze. Questo linguaggio, lontano dai bisogni concreti delle persone, ha progressivamente svuotato la fiducia nei confronti delle istituzioni e ha alimentato un sentimento diffuso di impotenza.

La politica liberale si è fatta timida, incapace di rappresentare una visione forte del futuro. Ha rinunciato alla lotta per il cambiamento, rassegnandosi a un presente gestito con tecnocrazia. In questo vuoto, chi soffre cerca risposte altrove, anche a costo di accettare soluzioni radicali, irrazionali, spesso pericolose.

Decisionismo e disperazione

Il successo delle forze di estrema destra non si spiega tanto con la bontà dei loro programmi – spesso vaghi o contraddittori – ma con la loro capacità di incarnare una promessa di decisionismo. Propagandano un’idea di politica che “fa” e che decide, contrapponendosi a un sistema percepito come paralizzato. Offrono soluzioni semplici, dirette, spesso illusorie, ma rispondono a un bisogno reale: quello di riappropriarsi del controllo sul proprio destino.

Quando una parte significativa della popolazione vota per l’estrema destra, lo fa come atto di rottura, non come adesione consapevole a un’ideologia. È una richiesta disperata di risposte immediate, un grido contro l’indifferenza di chi governa e appare distante. Questo grido, però, trova spazio solo perché la politica liberale non è stata in grado di ascoltare per prima.

La responsabilità degli europeisti

Chi si definisce europeista dovrebbe essere il primo a porsi il problema. L’Europa è nata come progetto di integrazione e speranza, ma oggi appare prigioniera di un sistema che privilegia l’equilibrio economico rispetto alla coesione sociale. Ha imposto regole rigide senza costruire un senso di comunità. Gli europeisti non hanno saputo contrastare la narrativa della “Bruxelles distante”, permettendo che le istituzioni europee diventassero il bersaglio di ogni malcontento.

La sfida non è difendere l’Europa come semplice organismo burocratico, ma rilanciarla come progetto politico, in grado di prendere decisioni coraggiose e di affrontare le diseguaglianze che minano la coesione tra i suoi popoli. Se ciò non accadrà, la narrazione delle destre antieuropee continuerà a prevalere, e con essa il rischio di una disgregazione che nessuno può desiderare.

Ritrovare la politica

La risposta alla crisi delle democrazie liberali non può essere il compromesso al ribasso né l’arroccamento sulle proprie posizioni. È necessaria una politica capace di tornare alle sue origini: non un’arte amministrativa, ma un atto di scelta, una costruzione collettiva di senso e futuro. Solo così si potrà sottrarre il terreno alle destre radicali, offrendo alternative solide e credibili.

Il voto all’estrema destra non è un’irrazionalità da condannare, ma un messaggio da decifrare. La politica deve tornare a essere risposta, non inevitabilità. Perché la gente sceglie chi propone soluzioni facili solo quando chi governa non riesce più a proporne di reali.