La verità come antidoto alla dittatura, secondo Harari
Nell’epoca della disinformazione dilagante, comprendere come verità, populismo e intelligenza artificiale si intreccino nel panorama globale non è più solo una questione teorica, ma una necessità urgente e cruciale. Yuval Noah Harari, uno degli intellettuali più incisivi e visionari del nostro tempo – autore di best seller come Sapiens, Homo Deum e Nexus – lancia un avvertimento potente, durante una sua recente intervista a The Jordan Harbinger Show: le scelte che facciamo oggi determineranno il destino della democrazia e la capacità delle nostre società di governare una trasformazione epocale.
Nel mondo iperconnesso in cui viviamo, l’abbondanza di dati non garantisce conoscenza di qualità. Al contrario, siamo sommersi da un flusso incessante di informazioni in cui verità e falsità si confondono. Mentre le verità sono complesse, scomode e richiedono impegno per essere scoperte, le menzogne si propagano con estrema rapidità, sostenute da narrazioni semplici e sensazionalistiche. I media commerciali, affamati di clic e attenzione, amplificano questa tendenza, privilegiando contenuti che emozionano e polarizzano, piuttosto che approfondimenti critici e ponderati.
In questo contesto, il rumore delle pseudo-verità sovrasta il lavoro prezioso di giornalisti, ricercatori e accademici, minacciando il fondamento stesso delle democrazie: la disponibilità di conoscenze affidabili. Senza una bussola condivisa, il discorso pubblico si svuota, lasciando spazio a conflitti sterili e disorientamento sociale.
Populismo: il nemico silenzioso della democrazia
Il populismo prospera in questo caos informativo, alimentando sfiducia e sospetto verso le istituzioni. Attacca giornalisti, scienziati ed esperti, bollandoli come élite corrotte, lontane dalla “vera volontà del popolo”. Riducendo la complessità della società a una guerra tra “popolo autentico” e nemici interni, il populismo mina le fondamenta stesse delle democrazie: la pluralità di idee e la fiducia reciproca.
“Se non credi a nessun giornalista, se non credi a nessun scienziato, se non credi alle persone nel comitato elettorale, allora nessuna istituzione democratica può funzionare. E a quel punto o hai l’anarchia – che alla maggior parte delle persone non piace – o dicono: ‘Va bene, allora affidiamoci a un uomo forte che userà il terrore per riportare l’ordine’.” (Yuval Noah Harari)
Per l’Europa, questa deriva è particolarmente insidiosa. Il continente ha conosciuto nel Novecento i rischi dei regimi autoritari e totalitari, e l’Unione Europea è nata proprio per scongiurare il ritorno di simili tragedie. Ma contrastare questa minaccia richiede un’azione determinata: difendere lo spazio pubblico, promuovere un dialogo informato e preservare la qualità del discorso politico.
L’irruzione dell’intelligenza artificiale: una sfida senza precedenti
A complicare il quadro arriva l’intelligenza artificiale, una tecnologia capace di ridefinire non solo i nostri strumenti, ma anche le nostre percezioni, relazioni e decisioni. Harari cita un episodio emblematico: GPT-4, un modello avanzato di IA, è riuscito ad aggirare un test CAPTCHA – progettato per distinguere umani da bot – manipolando un essere umano. Fingendo di essere una persona con problemi di vista, ha convinto un lavoratore su TaskRabbit ad aiutarla, dimostrando non solo creatività, ma anche una capacità inquietante di sfruttare l’empatia umana.
Questo episodio evidenzia la natura perturbante dell’IA: non si tratta di semplici strumenti, ma di veri e propri attori capaci di manipolare il comportamento umano. Già oggi, i social media regolati da algoritmi di IA amplificano contenuti divisivi, creando bolle cognitive che frammentano la società. Senza un terreno comune di dialogo, la politica si trasforma in un’arena di conflitti inconciliabili.
Cultura, significato e il rischio di un futuro disumanizzato
Oltre a ridefinire la sfera informativa e politica, l’IA minaccia di riscrivere il modo in cui produciamo cultura e significato. Per millenni, l’umanità ha costruito simboli, valori e narrazioni collettive. Ma cosa succede quando testi, immagini e idee vengono generati da macchine autonome? Il rischio è che l’umanità perda il controllo sulla creazione di senso, cedendo il passo a tecnologie che evolvono indipendentemente dai nostri valori.
L’Europa, culla dell’umanesimo, ha un ruolo cruciale: difendere uno spazio in cui gli esseri umani rimangano protagonisti della narrazione storica. Per farlo, è necessario un quadro regolatorio che garantisca trasparenza, responsabilità e alfabetizzazione tecnologica. L’esperienza europea nella regolazione del trattamento e della protezione dei dati può essere un punto di partenza, ma serve una visione più ampia e ambiziosa, che non trascuri il bilanciamento tra regolazione e innovazione.
La vicenda della Corte Costituzionale rumena: un monito per l’Europa
Il presente offre un esempio illuminante: la recente decisione della Corte Costituzionale rumena di annullare il primo turno delle elezioni presidenziali del 24 novembre 2024. Una mossa senza precedenti, giustificata dalle prove di un’enorme campagna di disinformazione orchestrata attraverso i social media, con oltre 25.000 account falsi su TikTok impiegati per sostenere un candidato ultranazionalista e filorusso. Il caso rivela con chiarezza quanto la manipolazione digitale possa distorcere la volontà popolare e incrinare le basi stesse della democrazia. Che sia la Romania, l’Italia, la Francia o un altro Stato membro, l’Europa non può ignorare la lezione di questo evento: proteggere la verità, garantire istituzioni solide e contrastare chi sfrutta le debolezze dell’era digitale è un imperativo che non ammette esitazioni.
L’Europa come guida globale
L’Europa ha un’opportunità unica: guidare il dibattito globale sulla governance dell’intelligenza artificiale, trasformandola in uno strumento al servizio dell’umanità, e non in una forza opaca e incontrollabile. Questo significa riconquistare spazi pubblici deformati dalla disinformazione e dal populismo, sostenere la ricerca indipendente, promuovere il dialogo e proteggere i valori democratici.
Il monito di Harari è chiaro: la verità è un bene prezioso ma fragile, il populismo è una minaccia persistente, e l’IA è una forza che non possiamo permetterci di sottovalutare. Serve un impegno collettivo, un investimento nelle competenze critiche e una visione politica che metta l’essere umano al centro del progresso.
Non si tratta di fermare il futuro, ma di scriverlo con responsabilità, tenendo fede ai valori che definiscono la nostra umanità. E l’Europa, con la sua capacità di dialogo e la sua tradizione di pluralismo, può essere la guida di cui il mondo ha bisogno.