Il sogno di Antonio Megalizzi è un impegno irrinunciabile
Con Antonio Megalizzi avevo un dialogo personale e molto diretto. A fine 2017 avevo trascorso diverse settimane a cercare di convincerlo a candidarsi alle elezioni politiche del 2018, le prime in cui i sentimenti sovranisti e l’ondata populista attraversavano con violenza e vigore l’opinione pubblica italiana. Antonio, con il suo entusiasmo per l’Europa e il suo modo lucido e appassionato di raccontarla, era una risposta concreta a tutto questo.
Dopo aver detto per settimane di non sentirsi pronto, a liste ormai depositate mi scrisse: “La prossima volta mi candido”. E io: “Ma te l’avevo detto!”.
Vi confesso che rileggo quello scambio almeno una volta all’anno, nell’anniversario della sua morte. Un ricordo che mi fa sorridere e insieme mi spezza il cuore.
Antonio Megalizzi, giovane reporter italiano, aveva un sogno: raccontare le istituzioni europee, avvicinarle ai cittadini e farne comprendere l’importanza. Era convinto che il giornalismo potesse abbattere le barriere di incomprensione e indifferenza che separano le persone dalle grandi sfide collettive del nostro tempo. La sua vita è stata brutalmente spezzata il 14 dicembre 2018, a soli 29 anni.
L’11 dicembre 2018, al mercatino di Natale di Strasburgo, il 29enne Chérif Chekatt, un cittadino francese di origine algerina, compì un attacco terroristico usando un coltello e un’arma da fuoco. Antonio Megalizzi e il suo amico Bartosz Orent-Niedzielski, giornalista come lui, si trovavano lì in compagnia di due ragazze, quando vennero avvicinati da Chekatt, che sparò i suoi proiettili contro di loro. Solo le ragazze rimasero illese, salvate dai due amici, che si frapposero tra loro e l’aggressore, restando colpiti alla testa. I due giovani entrarono in coma: Megalizzi morì dopo tre giorni, Orent-Niedzielski dopo cinque.
Non era lui l’obiettivo della violenza terroristica, ma quel maledetto assassino non poteva sapere di aver ucciso l’interprete più profondo e sincero di quella cultura umanista e liberale contro cui si era scagliato.
La storia di Antonio è quella di una passione travolgente, l’idea che l’Europa non sia solo un’entità burocratica distante, ma un’opportunità concreta di pace, dialogo e progresso. “Sono innamorato dell’Unione Europea,” diceva. Parlava della sua esperienza a Strasburgo con un entusiasmo contagioso, voleva fare il giornalista europeo a tempo pieno e sognava di creare un media giovane e innovativo, capace di raccontare l’Europa senza filtri, con occhi nuovi, e di renderla comprensibile e vicina a tutti.
Antonio aveva intuito una cosa cruciale: il principale ostacolo a un’Europa sempre più unita e forte è la miopia delle narrazioni nazionali. I mezzi di informazione tradizionali, ancorati a una prospettiva provinciale, continuano a guardare ai fatti europei con lenti deformanti, piegandoli alle logiche delle deboli politicucce interne. Questo approccio non solo alimenta pregiudizi e distanze, ma priva i cittadini europei di una informazione chiara e precisa su istituzioni presso le quali davvero si decide e si influenza la loro vita quotidiana.
Antonio sapeva che cambiare la narrazione è essenziale per costruire una vera identità europea.
Quando a settembre, in una calda serata viterbese, con Filippo Rossi abbiamo finalmente deciso di far partire questa piccola e complicata avventura de L’Europeista, io ho pensato ad Antonio.
L’Europeista è la nostra risposta al suo appello. È un progetto militante, transpartitico e aperto a tutti coloro che condividono la visione e il bisogno di un’Europa protagonista. Vogliamo portare avanti il messaggio di Antonio: che l’Europa non è una cosa astratta, ma un impegno concreto e irrinunciabile.
Il lavoro della Fondazione Antonio Megalizzi, in questi anni, ci ha ricordato quanto il suo sogno continui a vivere. Grazie a loro, la memoria di Antonio non è solo un ricordo, ma fonte di ispirazione per tanti. Li contatteremo presto, per metterci a loro disposizione. C’è da fare squadra, per costruire l’Europa che Antonio sognava di raccontare.
Ultima cosa, per fatto personale: la prossima volta, Antonio, ti candidi tu.