Perché è falso accusare la NATO di espansionismo, spiegato bene

Redazione
27/12/2024
Frontiere

L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 è spesso giustificata dal Cremlino con l’argomentazione che l’espansione della NATO verso est rappresentasse (e rappresenti) una minaccia esistenziale per la sicurezza della Russia. Questa narrativa, ampiamente propagandata dal regime di Vladimir Putin e rilanciata dai suoi fiancheggiatori in Occidente, sostiene che l’Alleanza Atlantica avrebbe tradito promesse fatte nei primi anni ’90 di non estendersi verso i confini russi. Tuttavia, un’analisi storica e geopolitica dimostra che tale giustificazione è infondata, manipolatoria e volta a distogliere l’attenzione dalla vera natura delle ambizioni russe, che oggi vediamo dispiegarsi non solo in Ucraina, ma anche in Moldova e in Georgia, e in prospettiva nelle Repubbliche Baltiche, nonché nei tentativi di condizionare le istituzioni democratiche nei Paesi un tempo satelliti dell’Unione Sovietica, oggi membri effettivi dell’Unione Europea e della NATO come Romania, Ungheria o Slovacchia, o nei Balcani occidentali.


1. Le promesse sull’espansione della NATO: mito o realtà?

Il regime di Mosca sostiene che l’Occidente avrebbe promesso all’Unione Sovietica di non espandere la NATO “di un pollice verso est“. Questa affermazione – che trovate spesso citata – si basa su dichiarazioni verbali rese da alcuni leader e dirigenti politici occidentali durante i negoziati per la riunificazione tedesca nel 1990. Vengono spesso citati a tal proposito l’allora Segretario di Stato americano James Baker, il Segretario Generale della NATO Manfred Wörner, o il Ministro degli Esteri della Germania Ovest Hans-Dietrich Genscher.

Due studi fondamentali aiutano a chiarire la questione delle presunte promesse fatte all’Unione Sovietica: The Myth of a No-NATO-Enlargement Pledge to Russia (Mark Kramer, 2009, edito dall’Harvard University’s Davis Center for Russian and Eurasian Studies) e The United States and the NATO Non-extension Assurances of 1990: New Light on an Old Problem? (Marc Trachtenberg, 2020, pubblicato dal Wilson Center). Entrambi i paper sono precedenti all’invasione massiva del 2022 e, in particolare, il lavoro di Kramer precede addirittura sia l’invasione di Donbass e Crimea del 2014 che il ritorno al Cremlino di Putin dopo la “parentesi” di Medvedev.

I due studi analizzano l’idea che gli Stati Uniti o altri Paesi occidentali abbiano promesso di non espandere la NATO verso est, e giungono alla conclusione che tale promessa non sia mai stata formalizzata né inserita in accordi vincolanti. Kramer e Trachtenberg convergono sull’idea che il focus delle discussioni del 1990 fosse limitato alla riunificazione della Germania e al suo status all’interno della NATO. Dichiarazioni come quella di James Baker sul fatto che la NATO non si sarebbe estesa di un pollice verso est” si riferivano esclusivamente alla Germania dell’Est nel contesto della sua integrazione nella NATO. Entrambi sottolineano che l’allargamento dell’Alleanza ad altri Paesi dell’Europa orientale non era all’ordine del giorno nel 1990, poiché né i leader occidentali né sovietici prevedevano il collasso imminente del Patto di Varsavia.

Kramer si concentra su documenti declassificati e testimonianze dei protagonisti dell’epoca, dimostrando che non esiste alcuna prova di un accordo per limitare l’espansione della NATO. Trachtenberg approfondisce invece l’ambiguità di alcune dichiarazioni, evidenziando come i funzionari sovietici abbiano successivamente interpretato tali affermazioni in modo più ampio, alimentando la narrativa di un “tradimento occidentale”.



2. L’espansione della NATO: una scelta autonoma dei Paesi dell’Europa centro orientale

La tesi della cosiddetta “promessa tradita” di non espansione della NATO non tiene conto della volontà dei Paesi interessati, quelli dell’Europa Centro Orientale, trattandoli come mere pedine di un gioco altrui. In realtà, l’adesione alla NATO fu una scelta autonoma e consapevole di questi Stati, che, dopo decenni di oppressione sovietica, cercarono protezione contro un possibile ritorno dell’imperialismo russo.

Paesi come Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e i Paesi Baltici avevano subito invasioni, occupazioni e repressioni durante il periodo sovietico e in quello imperiale antecedente. L’adesione alla NATO rappresentava per loro una garanzia fondamentale di sicurezza collettiva, incarnata nell’Articolo 5 del Trattato NATO. Peraltro, per alcuni, come la Polonia, l’adesione alla NATO rappresentava una forma di contenimento e freno a potenziali iniziative autonome volte a garantire la propria sicurezza, inclusa la corsa agli armamenti nucleari.

Il processo di adesione riflette queste dinamiche autonome. Nel 1999, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca furono i primi Paesi ex-sovietici a entrare nella NATO, seguiti nel 2004 da altri sette Stati, inclusi Estonia, Lettonia e Lituania. Nonostante ciò, la NATO mantenne una strategia prudente, evitando di dispiegare truppe permanenti nei nuovi membri fino al 2014, dimostrando una cautela nell’equilibrio geopolitico con la Russia.


3. Il tentativo di includere la Russia negli schemi di sicurezza globale

L’adesione dei Paesi dell’Europa dell’Est alla NATO non avvenne in contrapposizione alla Russia, ma nell’ambito di uno sforzo di collaborazione e inclusione di Mosca negli assetti di sicurezza globale. Iniziative come la Partnership for Peace (PfP) del 1994 e il cosiddetto Atto Fondativo NATO-Russia del 1997 miravano a costruire un sistema di sicurezza inclusivo, cercando di superare le tensioni ereditate dalla Guerra Fredda.

La Partnership for Peace coinvolse spontaneamente i Paesi dell’ex Patto di Varsavia, che videro in essa un’opportunità per integrarsi in modo ordinato nel sistema di sicurezza occidentale. Anche la Russia partecipò al programma, evidenziando la volontà della NATO di includerla in un dialogo costruttivo. Questo impegno fu ulteriormente formalizzato nell’Atto Fondativo NATO-Russia del 1997, che sancì il rispetto reciproco della sovranità e integrità territoriale, la trasparenza nelle attività militari e la non ostilità (nell’immagine sotto, il principio n. 4 della parte I dell’Atto Fondativo).

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L’atto prevedeva inoltre la creazione di un Consiglio Permanente Congiunto NATO-Russia per facilitare consultazioni regolari e il dialogo su questioni di sicurezza comune.


4. Da Eltsin a Putin, a cambiare linea è stata la Russia

A cambiare linea dalla firma dell’Atto Fondativo NATO-Russia del 1997 ad oggi, è stata la Russia, nel frattempo passata dalla presidenza Eltsin a quella di Putin, al governo ormai da 25 anni. Nel corso della conferenza stampa di fine anno del dicembre 2024, il presidente russo ha riconosciuto un cambiamento significativo nella politica estera russa. Rispondendo a una domanda di Steve Rosenberg della BBC, che gli chiedeva se – ripensando a quando 25 anni fa Eltsin gli affidò la guida del governo chiedendogli di prendersi cura della Russia – si sentisse di aver adempiuto alle sue promesse. Putin ha dichiarato: “Non l’ho solo protetta. Credo che ci siamo allontanati dal bordo dell’abisso, perché tutto ciò che stava accadendo alla Russia prima e dopo stava effettivamente conducendoci verso una perdita totale della nostra sovranità. E senza sovranità, la Russia non può esistere come stato indipendente”. E ancora, “i leader occidentali davano pacche sulle spalle a Eltsin e sorvolavano persino quando aveva bevuto un po’ troppo“. Dichiarazioni che riflettono la volontà di Putin di marcare una netta discontinuità rispetto alla linea politica precedente, riaffermando il ruolo della Russia come potenza sovrana e indipendente sulla scena globale. Si è accorto lo “zar” che così facendo ha ammesso che il cambio di linea e la violazione dei patti assunti sono stati voluti e messi in atto dalla Russia e non dall’Occidente?


5. Sintesi e conclusioni

La narrativa russa secondo cui l’espansione della NATO rappresenterebbe una minaccia diretta alla Russia si dimostra infondata alla luce dei fatti storici e delle dinamiche geopolitiche. Le accuse di una “promessa tradita” non trovano riscontro nei documenti o nelle testimonianze dei protagonisti, ma sono piuttosto una costruzione successiva usata per giustificare politiche di aggressione e riaffermazione imperiale. Al contrario, l’allargamento della NATO è stato il risultato di decisioni autonome dei Paesi dell’Europa centro-orientale, che hanno scelto l’Alleanza come garanzia di sicurezza contro possibili ritorni di espansionismo russo. Inoltre, la NATO ha cercato attivamente di includere la Russia negli schemi di sicurezza globale, come dimostrano iniziative quali la Partnership for Peace e l’Atto Fondativo NATO-Russia, che avrebbero potuto rappresentare una piattaforma di cooperazione duratura. Tuttavia, la linea aggressiva adottata dal Cremlino con Vladimir Putin ha compromesso questi sforzi, riportando il confronto tra Mosca e l’Occidente ai livelli di tensione superiore a quelli della Guerra Fredda.

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