Per il segreto di Pulcinella, Nordio ha regalato ad Abedini la patente di vittima
Si potrebbe dire che il ministro Carlo Nordio ieri ha semplicemente perfezionato, dopo il rilascio di Cecilia Sala, lo scambio di prigionieri concordato tra i governi italiano e iraniano. Ma chi lo dicesse sbaglierebbe di grosso.
Il regalo dell’assoluzione politica
Nordio ha fatto qualcosa di molto di più e di peggio, contraccambiando il “regalo” della liberazione anticipata di Cecilia Sala rispetto a quella di Mohammad Abedini Najafabadi – per tutelare il segreto di Pulcinella dello scambio e preservare la formale indipendenza tra le due vicende – con il “regalo” di una vera e propria assoluzione politica nei confronti dell’ingegnere iraniano accusato di reati di terrorismo.
Si potrebbe dire che Nordio non aveva alternative e che per risolvere rapidamente la vicenda, senza aspettare troppo tempo e mettere a rischio la libertà e l’incolumità delle centinaia di italiani che vivono in Iran, non poteva che giustificare la propria scelta così come ha fatto, cioè sindacando la fondatezza delle accuse ad Abedini e dichiarando che “nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari”.
Ma chi lo dicesse – e quasi tutti lo dicono – sbaglierebbe nuovamente di grosso.
Era necessaria una motivazione da parte di Nordio? No
Quando è richiesta l’estradizione (articoli 697 e seguenti del Codice di Procedura Penale) il ministro può esercitare il proprio potere sia non concedendola al termine dell’iter giudiziario del procedimento, sia – come in questo caso – revocando la misura restrittiva (articolo 718 cpp), quando questa è stata disposta, e dunque restituendo immediatamente la libertà a chi era stato arrestato su richiesta di un Paese terzo.
In entrambi i casi la decisione del Ministro ha una natura totalmente politica; infatti è proprio il codice di procedura penale a prevedere che il Ministro della giustizia possa non dare corso “alla domanda di estradizione quando questa può compromettere la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato” ovvero “tenendo conto della gravità del fatto, della rilevanza degli interessi lesi dal reato e delle condizioni personali dell’interessato” (articolo 697, commi 1-bs e 1-ter del cpp).
Dunque per scarcerare Abedini Nordio non aveva affatto bisogno di sostituirsi ai giudici che si stavano occupando del suo caso e di pronunciare una para-sentenza di proscioglimento politico, che non era né dovuta, né richiesta ed è diventata una sorta di mancia che il Governo ha aggiunto al prezzo concordato con le autorità iraniane.
Perchè il Governo è stato così generoso con Teheran?
Perché allo scambio dei prigionieri si è aggiunto un ulteriore scambio politico, quello della dissimulazione del do ut des tra Abedini e Sala nella forma di una gratuita corrispondenza di cortesie tra Iran e Italia, in nome della reciproca comprensione e rassicurazione. Nordio non ha solo liberato Abedini. Gli ha anche regalato la patente di vittima, purché Teheran reggesse il gioco del “non c’è stato alcuno scambio”.
Tutti i Paesi democratici negoziano scambi come quello di cui parliamo, proprio perché assegnano alla vita e alla libertà umana un valore enormemente superiore a quello che le tirannie riconoscono agli uomini e alle donne sottoposte al proprio potere. Il maggior valore della vita in un Paese libero rende più alto il prezzo della libertà dei loro cittadini e quindi più alto il guadagno dei ricattatori. Nel 2011 per liberare il caporale dell’IDF Gilad Shalit, Israele accettò di scarcerare oltre mille detenuti palestinesi, anche condannati per reati gravissimi (tra questi Yahya Sinwar, che sarebbe a breve diventato capo militare di Hamas).
Non c’è quindi nulla da censurare, né da eccepire nella decisione del Governo italiano di cedere a questo ricatto, anche perché la debolezza e la ricattabilità di un Paese non dipendono dalla più o meno grande disponibilità a pagare un prezzo per la libertà dei propri cittadini, quanto dalla risolutezza a far pagare successivamente un prezzo molto alto all’arroganza dei rapitori.
Il Governo invece, scegliendo di assolvere Abedini e di dare all’Iran una sponda preziosa per la delegittimazione delle inchieste sul terrorismo transnazionale dei pasdaran, ha fatto l’esatto contrario: si è dichiarato un Paese a disposizione di Teheran e ha dimostrato per l’ennesima volta che i “canali aperti” dell’Italia con i paesi “di cui non condivide politiche e azioni” – così rivendicati dal ministro degli Esteri Tajani – rimangono all’insegna di una tutt’altro che rassicurante doppiezza politica.