Libano, la mossa saudita che ridisegna lo scacchiere mediorientale (e mediterraneo)
Il Libano è oggi al centro di un profondo cambiamento e riequilibrio geopolitico regionale. L’elezione del generale Joseph Aoun a presidente del Libano – di cui abbiamo dato notizia qualche giorno fa con un articolo di Vincenzo D’Arienzo – sembra andare oltre le semplici dinamiche settarie interne del Paese, riflettendo invece un’accresciuta influenza saudita nel Paese e più in generale nella regione del Levante.
L’Arabia Saudita avrebbe infatti fortemente sostenuto la candidatura di Aoun, infliggendo un colpo significativo all’ingerenza iraniana (la cui ambasciata a Beirut lavorava apertamente per sabotare l’elezione a presidente dell’ex militare) e tracciando i contorni di un significativo ridisegno delle dinamiche geopolitiche in Medio Oriente.
La mossa mira a consolidare il ruolo di Riad come arbitro della stabilità regionale, rafforzando al contempo la sua immagine di partner affidabile presso le potenze occidentali e i governi arabi moderati. A confermare questa lettura, la recente missione a Beirut del principe Yazid Bin Farahan, responsabile del dossier libanese, che poco prima della fumata bianca per l’elezione presidenziale ha incontrato le principali figure politiche locali, evitando con cura qualsiasi contatto con Hezbollah. È un segnale che ribadisce l’intransigenza saudita nei confronti del gruppo sciita, nonché la volontà di definire una strategia mirata per contrastare l’influenza iraniana, giudicata ormai intollerabile.
L’elezione di Aoun è stata accolta con favore da attori internazionali come Washington, Parigi, i Paesi del Golfo e larga parte del mondo arabo. Basti sapere questo: a elezione avvenuta, il principe ereditario Mohammed Bin Salman ha immediatamente inviato le sue congratulazioni al nuovo presidente, il quale ha replicato annunciando che la sua prima visita ufficiale sarà nella capitale saudita. Una scelta simbolica e strategica, che evidenzia appunto l’intenzione di Aoun di ridefinire l’orientamento geopolitico di Beirut, allontanandola dall’influenza iraniana per avvicinarla ai Paesi del Golfo.
Le sfide per il presidente Aoun
Tra le principali sfide di Aoun c’è il disarmo dei gruppi armati, in particolare Hezbollah, per garantire che il monopolio delle armi sia esclusivamente nelle mani dell’esercito libanese. Il neo presidente ha dichiarato la volontà di affidare la sicurezza nazionale alle sole forze regolari, sebbene, al momento, non si registrano segnali di apertura da parte del gruppo sciita.
La comunità internazionale auspica che il nuovo presidente, con il sostegno dei suoi alleati regionali, avvii un graduale processo di rafforzamento istituzionale per ridurre l’influenza delle milizie e delle potenze straniere. Si parla inoltre della possibilità che Arabia Saudita e Libano abbiano concordato di attendare un cambiamento nel contesto politico israeliano – come un eventuale ricambio alla guida del governo Netanyahu – per esplorare la normalizzazione dei rapporti tra Beirut e Tel Aviv, con Riad nel ruolo di mediatore.
Lo scenario è ancora prematuro, ma si lascia intravedere un potenziale riorientamento del Libano verso una politica estera più pragmatica e meno vincolata alle logiche settarie che da decenni paralizzano il Paese.
Riad nel Mediterraneo
Se il coinvolgimento saudita dovesse concretizzarsi pienamente, segnerebbe non solo il rinnovato protagonismo di Riyadh in Libano, ma anche un punto di svolta per l’intero Medio Oriente. L’ascesa di Aoun aprirebbe cioè una fase inedita, ridefinendo gli equilibri strategici regionali: il Libano tornerebbe al centro delle dinamiche diplomatiche dell’area, e Riad metterebbe un piede (o forse entrambi) sulle sponde del Mediterraneo, in attesa peraltro di occuparsi un giorno anche della ricostruzione fisica, politica e sociale di Gaza. E poi – ma ne parleremo prossimamente – a nord e a est del Libano c’è la Siria, altro dossier da cui Mohamed bin Salman non vuole evidentemente essere escluso. Nel futuro dell’Arabia Saudita, c’è sempre più il Mediterraneo.