Presi a schiaffi da Putin: quando ci sveglieremo, europei?

Piercamillo Falasca
15/01/2025
Poteri

 “I negoziati sull’Ucraina devono tenersi fra Russia e Stati Uniti senza la partecipazione di alcun altro Paese occidentale. Non abbiamo nulla di cui parlare con Londra o Bruxelles (…). La leadership dell’Ue non ha il diritto di parlare per molti dei Paesi che ne fanno parte, come Ungheria, Slovacchia, Romania e altri interessati alla stabilità in Europa e in una politica equilibrata sulla Russia” (Nikolai Patrushev, Consigliere del Cremlino, membro del Consiglio di sicurezza nazionale, in una intervista a Kp.Ru, dopo che Donald Trump ha anticipato la sua intenzione di incontrare Vladimir Putin “molto rapidamente” dopo l’insediamento alla Casa Bianca).


Le dichiarazioni di Nikolai Patrushev, fidato consigliere di Vladimir Putin, sono un sonoro ceffone all’Europa. “I negoziati devono tenersi tra Russia e Stati Uniti. Londra? Bruxelles? Non c’è nulla di cui parlare con loro”. Una frase secca, brutale, che sancisce l’irrilevanza geopolitica dell’Unione Europea (oltre che del Regno Unito post Brexit). Non siamo una potenza, non contiamo. Né diplomaticamente, né strategicamente.

E come se non bastasse, Patrushev rincara la dose, elencando uno a uno i Paesi europei che il Cremlino considera già sotto controllo o facilmente manipolabili: “Ungheria, Slovacchia, Romania e altri interessati alla stabilità in Europa e a una politica equilibrata sulla Russia”. Traduzione: l’Ungheria e la Slovacchia sono già nella rete, la Romania è il prossimo obiettivo, mentre altrove abbiamo le nostre quinte colonne all’opera (Germania, Francia e Italia incluse). Un’umiliazione che sa di strategia calcolata, una mossa di precisione chirurgica. Siamo già in attesa che gli Orsini e i Caracciolo spieghino in diretta tv perché Putin ha ragione e quanto bene faremmo a sciogliere l’Unione Europea e a tornare a commerciare con la Grande Madre Russia (come ha fatto ad esempio Limes per anni, ospitando le pubblicità di Gazprom).

Europa: debole, frammentata, irrilevante

Purtroppo, non sono solo il Cremlino e i suoi accoliti a considerare l’Europa un’entità marginale. La nostra incapacità di parlare con una sola voce ci condanna a essere spettatori nel grande teatro della politica internazionale. Lo sanno Trump e Xi, che ad esempio giocano le loro partite commerciali provando ad aprire faglie e fratture tra i Paesi membri: fissare dazi particolareggiati su singoli prodotti, formalmente rivolti a tutti i produttori europei di quel bene, ma sostanzialmente rivolti allo specifico Paese europeo che detiene il grosso della produzione (esempio, il brandy francese o il prosciutto iberico), serve a colpire selettivamente questo o quel governo, provocare la reazione dei produttori locali contro i propri governanti, illudere le singole capitali europee di poter costruire una special friendship con Pechino o con Washington che assicuri un trattamento di favore per le proprie produzioni nazionali, ovviamente offrendo come contropartita l’accondiscendenza per le richieste cinesi e americane. Insomma, vendere parmigiano a Shanghai e jamon serrano a Chongqing in cambio di bocche chiuse sull’occupazione di Taiwan. Altro che gigante economico con i piedi d’argilla: così l’Europa diventa un vitello dai piedi di balsa.

Senza riforme, il futuro è scritto

La realtà è questa: o l’Europa si riforma, o scompare. Servono decisioni radicali. Una politica estera e di difesa comune (con più risorse), un sistema decisionale che superi i veti nazionali, una leadership forte, eletta e riconosciuta. Insomma, un presidente dell’Unione Europea che abbia forza e autorevolezza per alzare il telefono (quel telefono che Henry Kissinger lamentava di non vedere, da questa parte dell’Atlantico) ed esprimere la posizione di mezzo miliardo di cittadini europei. Solo così l’Unione può sperare di essere presa sul serio.

Come ci si può arrivare a questo? Non è detto che si possa arrivare a un risultato simile seguendo le procedure ordinarie e ordinate della UE, per tutti e con il consenso di tutti. Si dovrà procedere con chi vuole, per cerchi concentrici e per strappi.

Fermi, però, non si può stare. Si finisce per essere presi a schiaffi da Putin e da chiunque altro (tipo dagli Stati Uniti sul caso Groenlandia).