L’intelligenza artificiale e la deficienza naturale del superbonus

Piercamillo Falasca
23/01/2025
Orizzonti
https://twitter.com/lucianocapone/status/1882356151800475733

Non dovremmo parlare d’altro, in Italia, e cioè di come il nostro Paese con il Superbonus ha bruciato le risorse sufficienti a realizzare un piano di investimento nell’innovazione di livello paragonabile a quello lanciato da Donald Trump sull’IA. Luciano Capone lo ha sintetizzato con una lucidità spietata, e nelle parole del giornalista (e autore con Carlo Stagnaro del libro “Superbonus. Come fallisce una nazione“) si racchiude tutto il dramma di un paese che ha scelto di immobilizzare risorse in un settore privo di visione strategica, anziché investire nel futuro. Con i miliardi bruciati nel Superbonus, l’Italia avrebbe potuto gettare le basi per diventare una potenza tecnologica, in grado di competere nei settori più avanzati e di posizionarsi come protagonista nell’era dell’intelligenza artificiale. Invece, il nostro paese ha preferito disperdere il suo potenziale in interventi di corto respiro, nel classimo e pastasciuttaro “mattone”, lasciando che la rivoluzione tecnologica si compisse altrove, molto lontano dalle nostre terre.

Un Fondo per l’Intelligenza Artificiale: un’alternativa reale

Se l’Italia avesse destinato anche solo una parte dei 120 miliardi di euro del Superbonus alla creazione di un fondo per l’intelligenza artificiale e l’innovazione tecnologica, oggi il Paese potrebbe trovarsi in una posizione completamente diversa, di fronte a un salto quantico che, se sfruttato, potrebbe in poco tempo sanare vizi, difetti e ritardi di produttività dell’economia nazionale.

Con questi fondi si sarebbe potuto – tra tante altre cose – creare un’infrastruttura tecnologica nazionale, capace di ospitare centri di ricerca avanzata e di attrarre investimenti internazionali, sostenere la nascita di start-up innovative, fornendo loro accesso a capitale e tecnologie all’avanguardia, formare una nuova generazione di lavoratori specializzati, preparati per le professioni del futuro legate all’intelligenza artificiale e alla digitalizzazione, modernizzare settori tradizionali come il manifatturiero, il turismo e l’agricoltura, integrandoli con soluzioni tecnologiche innovative.

Questi interventi avrebbero non solo migliorato la competitività italiana, ma anche generato posti di lavoro qualificati e opportunità di sviluppo sostenibile, posizionando l’Italia come leader europeo nel campo dell’innovazione.



Invece, il Superbonus ha immobilizzato le risorse in un settore che da decenni rappresenta un freno per la crescita del Paese. L’edilizia, pur essendo importante, non può essere il motore principale dello sviluppo economico. La scelta di concentrare miliardi di euro in bonus edilizi ha portato a una bolla di lavori spesso eseguiti male, truffe diffuse e un sistema che ha premiato il profitto immediato a scapito della qualità e della visione a lungo termine.

Il problema non è solo economico, ma culturale. In Italia, investire nel “mattone” viene ancora percepito come una scelta sicura, un rifugio per le risorse, a discapito di settori più ambiziosi ma essenziali per il futuro. Questa mentalità ha trasformato il Superbonus in un simbolo della nostra incapacità di adattarci ai tempi.

Un futuro che possiamo ancora scegliere

Il fallimento del Superbonus dovrebbe servire da monito: l’Italia non può permettersi di sprecare altre occasioni. Le risorse pubbliche devono essere investite in modo strategico, puntando su settori capaci di generare crescita sostenibile e di posizionare il paese tra i leader globali dell’innovazione.

Non è troppo tardi per cambiare rotta. Il mondo dell’intelligenza artificiale, delle tecnologie avanzate e della digitalizzazione è ancora in piena evoluzione. L’Italia (come tutta Europa) ha ancora le capacità, le competenze e il talento per giocare un ruolo di primo piano, ma deve avere il coraggio di abbandonare i vecchi paradigmi e abbracciare il futuro. Non possiamo più permetterci di guardare indietro. È tempo di investire in ciò che conta davvero: l’innovazione, la tecnologia e le competenze.

L’Italia deve scegliere, e con essa l’intero continente europeo.