IA, droni e supremazia algoritmica: il nuovo volto della guerra

Redazione
31/01/2025
Orizzonti

Il caso crea coincidenze imprevedibili, capaci di cambiare per sempre l’evoluzione della società umana. Una di queste è senza dubbio la coincidenza temporale tra la guerra in Ucraina e la diffusione rapida dell’intelligenza artificiale: nei futuri libri di storia (qualsiasi formato avranno) il 2022 verrà probabilmente ricordato come un punto di svolta nel modo in cui gli esseri umani si fanno la guerra. Diciamola anche così: il modo in cui si sta combattendo oggi in Ucraina è incommensurabilmente diverso da quello del 24 febbraio 2022.

Non si parla più soltanto di soldati e carri armati, ma di algoritmi avanzati in grado di analizzare i dati in tempo reale, prevedere le mosse del nemico e guidare droni autonomi verso i bersagli. Il conflitto è diventato un vero e proprio laboratorio sperimentale di una nuova era della guerra, in cui il dominio tecnologico conta più della superiorità numerica. E questa, in fondo, è una evoluzione inevitabile in un’epoca caratterizzata da un crollo demografico.

IA e droni: Il nuovo volto della guerra

Uno degli sviluppi più evidenti nell’uso dell’IA in Ucraina è l’ampio ricorso ai droni intelligenti. L’Ucraina impiega droni autonomi che, grazie a sistemi di computer vision, possono identificare i bersagli e attaccarli anche in condizioni di cosiddetto jamming elettronico, quando le comunicazioni sono disturbate. A fronte di questa innovazione, i droni possono completare la propria missione in autonomia qualora perdano il segnale.

Il ricorso a sciami di droni rappresenta poi un ulteriore passo avanti: piccoli velivoli che collaborano tra loro in tempo reale, scambiandosi informazioni e individuando rapidamente i bersagli. Ancora più sofisticati sono i droni kamikaze AI-driven, capaci di riconoscere e inseguire il bersaglio senza bisogno di un pilota umano, riducendo così al minimo il tempo di reazione del nemico. In questo contesto, la potenza dei carri armati passa in secondo piano rispetto alla disponibilità di algoritmi sempre più evoluti.



IA e analisi dei dati: Il cuore della guerra moderna

Oltre ai droni, l’IA sta rivoluzionando la raccolta e l’analisi dei dati di intelligence. L’Ucraina si avvale di immagini satellitari, intercettazioni radio e perfino di informazioni estratte dai social media per prevedere le mosse dell’esercito russo. In questo modo, gli algoritmi possono individuare schemi di movimento e concentrare gli attacchi su punti strategici con una precisione prima impensabile.

L’integrazione di dati inerenti alle forniture militari, al traffico veicolare e alle transazioni economiche consente di capire in anticipo dove potrebbero avvenire i prossimi attacchi. L’approccio riduce in maniera sensibile il tempo tra l’individuazione del bersaglio e l’azione militare, aumentando l’efficacia delle operazioni.

La centralità del software

Tradizionalmente, la superiorità militare si misurava in base al numero di soldati, di carri armati e alla potenza di fuoco. In prospettiva, a fare la differenza sarà sempre più l’algoritmo: la capacità di processare le informazioni in modo rapido e affidabile costituisce un vantaggio strategico cruciale. Anche due eserciti dotati dello stesso identico equipaggiamento possono ottenere risultati molto diversi se uno dei due dispone di un sistema IA capace di analizzare i dati più velocemente e prendere decisioni migliori.

Nel video documentario del giornalista indipendente John Harris, che trovate qui sotto, viene offerto l’esempio pratico di due eserciti dotati di medesimo arsenale, ma uno supportato dall’IA e l’altro no. L’esercito dotato di intelligenza artificiale riesce a identificare i bersagli in pochi minuti grazie all’analisi automatizzata di immagini satellitari, condivide immediatamente le informazioni attraverso database cloud e beneficia di software che suggeriscono le migliori strategie operative. L’altro esercito, per fare le stesse cose, ha bisogno di molto più personale, soffre della inevitabile lentezza determinata dal dover coordinare il lavoro di più teste, e non dispone della possibilità di condividere le informazioni e le decisioni con chi opera da remoto. Insomma, la guerra non si gioca più soltanto sull’hardware, ma dipende in larga parte dalla superiorità del software.

Il supporto dell’Occidente e il ruolo del Big Tech

L’uso dell’IA da parte dell’esercito ucraino risulta particolarmente efficace grazie alla collaborazione con aziende tecnologiche occidentali. Palantir, specializzata in analisi dati e intelligence militare, fornisce software avanzati per il monitoraggio del campo di battaglia. Microsoft e Amazon mettono a disposizione servizi di cloud computing per elaborare velocemente enormi quantità di dati, mentre il Pentagono sviluppa Project Convergence, una piattaforma IA che integra dati provenienti da sensori, droni e satelliti in un’unica interfaccia operativa.

Questo sostegno tecnologico offre all’Ucraina un vantaggio strategico cruciale, consentendole di colmare almeno in parte la disparità di risorse militari e umane rispetto alla Russia.

La risposta russa e la futura competizione per il predominio

Ovviamente, anche la Russia si sta muovendo per potenziare le proprie capacità, sebbene le soluzioni attuali sembrino ad oggi meno evolute rispetto a quelle ucraine. L’impiego dei droni kamikaze Shahed-136, forniti dall’Iran, mira a effettuare attacchi su vasta scala, ma tali droni non possiedono la stessa autonomia operativa avanzata di quelli ucraini.

Il governo russo investe moltissimo in guerra elettronica e jamming, nel tentativo di disorientare i droni nemici, e cerca di perfezionare i propri algoritmi di calcolo balistico per aumentare la precisione di missili e artiglieria. Per ora, malgrado gli sforzi di Mosca, l’Ucraina mantiene un certo vantaggio grazie alla rapidità con cui integra nuove tecnologie e all’insostituibile contributo occidentale. Ma la collaborazione strategica tra Russia e Cina inciderà profondamente nella capacità russa dei prossimi mesi, e di questo si dovrà tenere conto anche in chiave di futuri negoziati. “Chi controllerà l’AI controllerà il mondo”, pare abbia detto Vladimir Putin, come segnala ancora John Harris. È così: la corsa allo sviluppo dell’IA riguarda gli equilibri di potere globali.

Dibattito etico: l’IA renderà la guerra più o meno umana?

L’uso crescente dell’IA in ambito militare solleva importanti questioni etiche. C’è chi teme che la maggiore automazione possa rendere i conflitti più facili da intraprendere e, di conseguenza, più frequenti. Altri studiosi ritengono che algoritmi opportunamente addestrati possano ridurre gli errori umani, identificando con maggiore precisione gli obiettivi militari e limitando i danni collaterali.

Resta però il dubbio sulla de-responsabilizzazione: se è una macchina a decidere quando e come colpire, chi risponde di eventuali crimini di guerra o errori fatali? Lo spettro di un futuro in cui i comandanti umani si affidino ciecamente all’IA, senza metterne in discussione le valutazioni o addirittura con pochi elementi di valutazione per farlo, alimenta il dibattito su quanto controllo umano rimanga effettivamente necessario.

La crescente automazione nei sistemi d’arma pone interrogativi sempre più pressanti: fino a che punto è lecito delegare decisioni così critiche all’AI? Alcuni esperti insistono sull’esigenza di mantenere un controllo umano nell’ultimo passaggio, soprattutto quando si tratta di autorizzare un attacco. Tuttavia, esiste il pericolo che l’IA, con la sua rapidità, renda le decisioni talmente veloci da trasformare il ruolo umano in una mera formalità.

Man mano che l’intelligenza artificiale avanza, le armi da guerra diventano sempre più capaci di uccidere senza una supervisione umana significativa, sollevando interrogativi inquietanti sul modo in cui si combatteranno le guerre di oggi e di domani. Inoltre, i sistemi d’arma autonomi potrebbero indebolire la responsabilità per le eventuali violazioni del diritto internazionale legate al loro impiego.

Denise Garcia, docente di scienze politiche e affari internazionali, sintetizza queste cupe realtà nel suo nuovo libro, The AI Military Race: Common Good Governance in the Age of Artificial Intelligence. L’opera esplora le difficoltà nel “creare un quadro di governance globale” che possa anticipare un mondo in cui i sistemi d’arma basati sull’IA si diffondano senza controllo, sullo sfondo di un progressivo deterioramento del diritto e delle norme internazionali, un mondo che, in effetti, descrive sempre più la realtà in cui viviamo.



L’IA e il futuro della guerra autonoma

È opinione condivisa, in molti ambienti strategici, che non ci sia modo di arrestare lo sviluppo dell’IA militare. La corsa all’automazione è già in atto, e nessuna grande potenza sembra disposta a rallentare. Nei prossimi anni, vedremo un aumento esponenziale di sistemi d’arma autonomi in grado di effettuare valutazioni e attacchi senza supervisione umana. Questa tendenza pone problemi di legalità e di etica, in un contesto in cui il diritto internazionale faticherà costantemente a tenere il passo della tecnologia. La vera domanda non sarà più se l’IA diventerà parte integrante della guerra, ma come verrà gestita per evitare esiti fuori controllo.

Il futuro della guerra è la superiorità algoritmica

Insomma, il futuro della guerra sarà dominato dall’intelligenza artificiale e la superiorità algoritmica risulterà più decisiva dell’equipaggiamento tradizionale. È la fine dell’era delle guerre esclusivamente “fisiche”: i rapporti di forza fra le principali potenze iniziano a basarsi anche su chi dispone delle migliori reti neurali, dei database più aggiornati e dei processori più rapidi. Stati Uniti, Cina e Russia stanno già accelerando gli sforzi in questa direzione, dando vita a una nuova corsa agli armamenti fondata sull’IA: anche in questo ambito, i Paesi europei (esclusa, ovviamente, l’Ucraina) sono oggi drammaticamente indietro.