L’Europa a intermittenza: la Danimarca (come altri) invoca unità solo quando le conviene
La questione della Groenlandia, e della minaccia del presidente Trump di impossessarsene, rischia di diventare un interessante esercizio di osservazione della storia dell’Unione Europea.
Viviamo sicuramente momenti complicati e questi stanno mettendo in evidenza l’inadeguatezza di una classe dirigente europea di nani, il prevalere dei nazionalismi (che non e’ di oggi), la spregiudicatezza di una burocrazia europea che accetta il ruolo di spettatore, molto privilegiato, dell’agonia del sogno europeo dei padri fondatori.
Sui libri di diritto dell’Unione Europea, ai tempi dell’Università, imparavamo che l’UE è un ordinamento a costruzione progressiva nel tempo. Significava, semplicemente, che gli Stati costruiscono la loro integrazioni con trattati internazionali che hanno lo scopo di superare la semplice dinamica del mercato, ma vanno verso una integrazione più politica. Ricordo che i più europeisti tra noi sognavamo una federazione di stati europei. Uno dei momenti più alti fu toccato con il progetto di Costituzione Europea, miseramente naufragato con la bocciatura dei referendum in Francia e Olanda.
Lo strumento per la maggiore integrazione sono stati i trattati internazionali a cui gli Stati hanno potuto decidere di non aderire, affermando in sostanza la loro voglia di integrazione à la carte, il loro desiderio di mantenere la propria indipendenza, il proprio essere nazione. Nei vari trattati si può infatti far valere il principio dell’opt out, per cui si partecipa ad alcune politiche comuni e non ad altre.
La Danimarca sin dal 1993 ha utilizzato questo strumento più volte. Opt out Euro. Opt out politica di giustizia comune e affari interni. Opt out cittadinanza europea. Opt out politica di difesa comune.
Ed è qui che appare la questione Groenlandia. Qualche giorno fa la prima ministra danese Mette Frederiksen svolge una missione nelle principali capitali europee per incontrare Von Der Leyen, Macron e Sholz. Il fatto che non decida di chiedere un consiglio dei capi di governo dell’Unione, ma che incontri solo Francia, Germania e Commissione, non è un dettaglio.
Il motivo della missione è la richiesta di una difesa comune della Groenlandia. Una sorta di opt out all’opt out della stessa Danimarca alla difesa comune. Come dire, opt out fino a quando serve a me, ma ora che il gioco si è fatto inaspettatamente duro vi chiedo adesso di stare insieme facendo finta che io quella scelta non l’abbia mai fatta.
Immagino che alla povera prima ministra danese termini quali dignità e coerenza siano balzati alla mente più volte. Per lo meno, me lo auguro. Ma capisco che il timore muove ogni cosa. Siamo ancora in tempo ad aprire gli occhi? Non lo so. E’ certo però che la storia ci ha insegnato anche che ci sono punti di non ritorno.