Forniture italiane per i missili russi? Le ombre del caso Cividale
L’8 luglio 2023, nel centro della città di Liman, nella regione di Donetsk, nell’Ucraina martoriata dall’invasione russa, un lancio di missili Smerč da parte dell’esercito russo ha provocato nove vittime civili e oltre dieci feriti. Non è la prima volta che questi lanciarazzi a grappolo colpiscono aree abitate, causando gravi perdite tra i civili. Questa volta però, rischia di esserci una corresponsabilità italiana nella morte dei civili ucraini.
Secondo un’inchiesta pubblicata da Vërstka, infatti, alcuni componenti degli Smerč sono prodotti nel parco industriale Stankomaš, situato nella regione russa di Čeljabinsk. E chi opera ancora a Stankomaš? La società italiana Cividale Spa attraverso una sua controllata, come riporta Vërstka.
Lo stabilimento Stankomaš fu fondato nel 1935 e, durante la Seconda guerra mondiale, venne riconvertito alla produzione militare. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’impianto subì un lungo periodo di declino, per poi riacquistare vitalità nel 2014 grazie all’acquisizione da parte del gruppo russo Konar. Secondo IRPI Media, lo sviluppo di Stankomaš è stato incentivato dal Cremlino, che considera l’area un polo strategico per l’industria della difesa russa. Nel maggio 2024, Vladimir Putin avrebbe fissato l’obiettivo di convertire ben 850 imprese civili alla produzione militare, molte delle quali collocate proprio nella regione di Čeljabinsk.
L’investimento italiano nel cuore degli Urali
La Cividale Spa, storica acciaieria con sede in provincia di Udine, ha fondato nel 2012 una filiale russa denominata BVK. Si tratta di uno stabilimento di fonderia situato proprio nell’area industriale di Stankomaš. Dalle fonti di IRPI Media si apprende che l’investimento iniziale della società italiana avrebbe superato i 4,5 milioni di euro.
Il parco industriale di Stankomaš, pur ospitando anche alcune aziende dedite a produzioni civili, include stabilimenti attivi in forniture militari: dalle componenti per razzi come gli Smerč, appunto, ai mezzi di ricognizione ingegneristica e bombe aeree. Le indagini di IRPI Media mostrano che la BVK – la società del gruppo Civisale – avrebbe stipulato contratti di fornitura con società della difesa russa, tra cui la Silovye Mašiny (già soggetta a sanzioni occidentali) e la Metallist di Togliatti, nota per la produzione di armi e munizioni.
Nell’ottobre 2024, stando a documenti processuali, la BVK e la Silovye Mašiny risultavano coinvolte in un contenzioso arbitrale, a testimonianza di rapporti d’affari protrattisi almeno fino alla fine del 2024.
Le forniture non si fermano neppure durante il conflitto
Le sanzioni americane contro la BVK sono scattate nel giugno dello scorso anno con l’accusa di produrre beni destinati all’industria navale russa. Tuttavia, Vërstka e IRPI Media sottolineano come, dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, la Cividale Spa abbia continuato a esportare in Russia prodotti per un valore complessivo di oltre 17 milioni di euro. Si tratterebbe di pale per eliche di rompighiaccio, componenti per turbine a vapore, pompe per il settore petrolifero e blocchi metallici. Persino macchinari di tornitura-fresatura di grande calibro, la cui destinazione potrebbe comprendere anche ambiti strategico-militari, sarebbero stati inviati verso la Federazione Russa. L’ultima fornitura censita da queste inchieste risalirebbe al 1° aprile 2024.
Le dichiarazioni di Cividale Spa e la reazione della Comunità dei Russi Liberi
Interpellata da IRPI Media, Cividale Spa ha dichiarato di non essere coinvolta nella gestione operativa della BVK, in quanto detiene una quota di minoranza e non parteciperebbe all’amministrazione della società. L’azienda ha ribadito di non disporre di informazioni dettagliate sui contratti con imprese sotto sanzioni e ha sostenuto che “nessuna società del Gruppo Cividale ha lavorato con OAO ‘Silovye Mašiny’ nel periodo indicato”. Dalle inchieste emerge anche l’intenzione, espressa dal Gruppo friulano, di scorporare la BVK dal proprio bilancio consolidato, al fine di evitare ulteriori implicazioni derivanti dalle misure restrittive statunitensi.
L’inchiesta giornalistica ha suscitato anche la reazione di esponenti della società civile russa. Daria Kryukova, attivista della Comunità dei Russi Liberi, ha definito sorprendente il fatto che, “alla fine del terzo anno di guerra, le storie di forniture dall’Europa alla Russia per la produzione militare dovrebbero essere ormai finite, ma invece no”.
Un bilancio milionario
Secondo i dati riportati da Vërstka e IRPI Media, tra il 2014 e il 2023, il Gruppo Cividale ha contabilizzato ricavi provenienti dalla Russia per oltre 90 milioni di euro; nel solo 2022, anno dell’invasione russa in Ucraina, l’azienda ha effettuato vendite per 12,3 milioni di euro, scese a 5,6 milioni nel 2023. Nonostante il calo, l’operatività commerciale in Russia non sembra essersi fermata completamente.
La BVK, la filiale russa di cui Cividale conserva ancora una quota di minoranza, ha registrato utili crescenti a partire dal 2021. A conferma di una solida redditività, ha distribuito dividendi alla casa madre italiana per quasi 1,4 milioni di euro tra il 2022 e il 2023.
Sotto gli occhi di tutti
Il caso Cividale-Stankomaš evidenzia come, nonostante le sanzioni e la condanna internazionale dell’aggressione russa all’Ucraina, canali di fornitura e investimenti europei verso la Federazione non siano stati completamente interrotti. Se da un lato i governi occidentali continuano a inasprire le restrizioni, dall’altro emergono lacune e aree grigie che permettono il perdurare di scambi economici con settori potenzialmente impiegati per la produzione militare.
Il paradosso, in questo caso, è che l’intesa tra la friulana Cividale Spa e il gruppo russo Konar fosse “praticamente sotto gli occhi di tutti”, come evidenzia ancora Kryukova, fra bilanci pubblici e collaborazioni industriali ufficialmente registrate.
Mentre la guerra in Ucraina prosegue, episodi come quello di Stankomaš sollevano interrogativi sul reale impatto delle sanzioni e sulla trasparenza degli investimenti stranieri in Russia, oltre a chiamare in causa la responsabilità delle aziende europee che ancora operano in un contesto segnato dal riarmo militare.