Come la Polonia ha spiccato il volo (e ora guida l’Europa)
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La ripresa economica pilastro della rinascita
In un precedente scritto (Come la Polonia sta diventando il motore d’Europa) abbiamo avuto modo di certificare il ruolo sempre più centrale che la Polonia sta esercitando nel contesto politico e sociale europeo. In questo nuovo articolo analizziamo in maniera più approfondita la sbalorditiva crescita del paese affacciato sul Mar Baltico, partendo dall’architrave su cui il “popolo della pianura sarmatica” sta ricostruendo la sua super-nazione: la solidità economica.
Sembra surreale parlare di potenza economica a soli 35 anni dall’uscita della Polonia dalla dominazione comunista e dal sistema economico collettivizzato, ma nel caso della Polonia il segreto della rinascita risiede proprio nella gestione della transizione critica tra modelli economici, che ha portato la nazione a divenire il crocevia felice tra la cultura finanziaria liberale occidentale e l’etica del lavoro orientale.
La transizione intelligente
Nell’anno della caduta del Muro di Berlino, la Polonia era tra le nazioni più povere del continente europeo, martoriata da più di quarant’anni di controllo dell’URSS e da un’economia in stato comatoso, inefficiente e improduttiva. Sin dal ripristino della democrazia, con le prime elezioni presidenziali nel 1990, la Polonia ha abbracciato la via occidentale: la conversione al modello capitalista non è stata né cieca e dogmatica, né predatoria. Fin dalle prime battute, i governi polacchi hanno seguito una strategia volta ad impedire la vendita coatta delle maggiori aziende pubbliche, evitando la corruzione incontrollata nella spartizione delle ricchezze e la conseguente trasformazione dello stato in un sistema oligarchico, come avvenuto invece in Russia, Bielorussia, in molte repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale e – almeno per un primo tratto – in Ucraina.
Questo ha portato a un lento processo di privatizzazione e libealizzazione virtuosa, accompagnata dal fertile utilizzo dei fondi europei da parte dei governi che si sono succeduti. Il risultato di queste politiche è stata la creazione di un forte tessuto produttivo e un’efficace rete commerciale spinta dall’innovazione, con un ceto medio forte e in continua crescita. Non è mai stata una minoranza di oligarchi (magari arricchitisi con modalità illecite prima e durante il crollo del comunismo, come avvenuto in Russia e altrove) a detenere il potere economico in Polonia, bensì una fetta più ampia e plurale di popolazione, come avviene nelle economie più avanzate. Il risultato è stato il modello di sviluppo più performante d’Europa.
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L’adesione della Polonia all’Unione Europea ha rappresentato la leva cruciale per il suo straordinario sviluppo economico, favorendo un afflusso massiccio di capitali stranieri e fondi strutturali che hanno alimentato la crescita e trasformato il Paese in una delle economie più dinamiche d’Europa. Tra il 2016 e il 2022, sotto il governo della coalizione di destra denominata Zjednoczona Prawica, la Polonia ha registrato un impressionante aumento del PIL del 32%, a fronte di una media UE del 12%, diventando così la sesta economia dell’Unione. Tuttavia, questa crescita è avvenuta in un contesto segnato da forti critiche internazionali e interne per le derive sovraniste e autoritarie del governo di destra, che hanno minato la solidità dello stato di diritto e la credibilità del Paese a livello europeo. Con l’arrivo del nuovo esecutivo guidato da Donald Tusk, la Polonia si impegna ora a consolidare le basi democratiche e a restaurare pienamente lo stato di diritto, un processo che ha già portato allo sblocco di fondi UE precedentemente congelati. Questo nuovo equilibrio tra crescita economica e affidabilità istituzionale potrebbe rafforzare ulteriormente la posizione della Polonia come attore centrale nello scenario europeo, unendo dinamismo economico e stabilità politica.
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Immagine esemplificativa della crescita del PIL pro capite polacco confrontato con gli USA (fonte: Banca Mondiale)
Lavoro e sburocratizzazione come motori di sviluppo
La stabilità economica e politica, insieme a una forza lavoro qualificata e a basso costo (almeno nella prima fase del processo di convergenza), ha reso la Polonia un magnete per multinazionali in settori come l’automotive, l’aeronautica, le biotecnologie e l’IT. Le Zone Economiche Speciali, con i loro vantaggi fiscali (che altre regioni europee, come il Mezzogiorno italiano, stanno ora provando a imitare), hanno giocato un ruolo cruciale in questo processo. Inoltre, l’accesso ai fondi strutturali dell’UE ha permesso al paese di migliorare le sue infrastrutture, l’educazione e la ricerca, rendendolo ancora più attraente per gli investitori. La Polonia ha anche beneficiato di un significativo afflusso di risorse umane, specialmente dall’Ucraina, che ha contribuito a sostenere la crescita economica. Questo apporto di manodopera estera è stato così rilevante che si stima che senza di esso, il PIL polacco sarebbe stato circa il 10% più basso negli ultimi anni.
Questo mix di strategie ha trasformato la Polonia in un hub per l’outsourcing e in un fiorente mercato del lavoro, rafforzando la sua posizione come uno dei motori economici dell’Europa centrale. Ancora, il territorio ricco di risorse minerarie e propenso alle coltivazioni agricole fanno della Polonia uno dei paesi con le percentuali più alte di occupati nel settore primario di tutta l’Unione Europea.
La figura dell’imprenditore, polacco o straniero che sia, viene vista come il massimo artefice della crescita della nazione e garante dell’occupazione e della ridistribuzione della ricchezza. A riprova di ciò, le imposte sui guadagni e le tasse sul lavoro a carico delle imprese sono le più basse d’Europa, e i tempi di avviamento di una compagnia privata sono, grazie anche a provvedimenti come La Riforma del Diritto delle Imprese in Polonia, del 35% più bassi rispetto alla media europea.
L’aquila polacca guardiana della sicurezza europea
Gli Stati Uniti hanno da sempre visto in Varsavia il principale alleato in chiave anti-Mosca (e allo stesso tempo di contenimento di Berlino) e, a prescindere dal rapporto transatlantico, Varsavia è consapevole di dover anzitutto badare a se stessa e ai suoi vicini baltici, rispetto ai rischi sempre meno teorici di un’aggressione russa nella regione. La tensione geopolitica si è intensificata intorno al corridoio di Suwalki, una striscia di terra di circa 65 km che collega la Polonia ai Paesi baltici e separa la Bielorussia dall’enclave russa di Kaliningrad. Questo corridoio è visto come un punto critico, il cosiddetto “tallone d’Achille” della NATO, poiché un’azione militare russa potrebbe isolare Estonia, Lettonia e Lituania dal resto dell’alleanza. La Russia ha mostrato interesse strategico nel Mar Baltico, con esercitazioni militari congiunte con la Bielorussia proprio in questa area, aumentando le preoccupazioni per una possibile escalation. In risposta, Varsavia ha non solo rafforzato la propria presenza militare al confine, ma ha anche pianificato un significativo aumento delle spese per la difesa, programmando di spendere il 5% del proprio PIL entro il 2035, al fine di garantire una deterrenza credibile contro qualsiasi minaccia esterna.
Questo impegno si inserisce in un contesto in cui la Polonia ha già dimostrato una crescita economica robusta, attratto investimenti diretti esteri e beneficiato di fondi UE per modernizzare le sue forze armate e infrastrutture di difesa, preparandosi a proteggere non solo se stessa ma anche i suoi alleati regionali. Grazie a questi investimenti in difesa, l’inevitabile processo di integrazione della difesa in Europa vedrà la Polonia come sicuro protagonista. La capacità militare polacca, la sua posizione geografica strategica e la sua volontà politica di giocare un ruolo attivo nella sicurezza europea la posizionano come un leader naturale in qualsiasi futura struttura di difesa comune, portando avanti un’agenda di sicurezza che non solo protegge i suoi confini ma contribuisce alla stabilità complessiva dell’Europa.
Il nuovo motore d’Europa
La forza nel difendere la libertà, la tenacia e la resilienza che lo hanno forgiato e la determinazione di diventare finalmente una grande potenza hanno portato il popolo polacco alla più sorprendente evoluzione negli anni del mondo globalizzato. Lo spiccato senso d’identità e la contemporanea apertura al mercato stanno trasformando le macerie del comunismo nella nuova forza motrice d’Europa.
Citando l’imprenditore e commentatore Ole Lehmann, “i tempi duri del XX secolo hanno creato persone forti. Ora, le persone forti stanno creando tempi buoni”. E mentre la maggior parte dell’occidente fa ancora fatica a uscire dallo stagno del Novecento, la Polonia è entrata a tutti gli effetti nel XXI secolo e promette di trascinare con sé l’intero continente.