I neonazisti stravincono nella Germania ex comunista. Non è un caso, né un paradosso.

Mappa della Germania con la parte orientale evidenziata in azzurro, simbolo della DDR e logo di AfD sovrapposti, a rappresentare la connessione tra l'eredità della Germania Est e il successo elettorale del partito di estrema destra AfD.
Carmelo Palma
25/02/2025
Frontiere

Alle elezioni federali tedesche del 23 febbraio 2025, Alternative für Deutschland (AfD) ha ottenuto i risultati più significativi nei Länder dell’ex Germania dell’Est, con percentuali grosso modo doppie rispetto a quelle della CDU Fonte. Anche lo scorso anno, alle elezioni europee, l’AfD era risultata, sia pure con percentuali inferiori, il primo partito nelle regioni dell’ex DDR.

La cartina elettorale della Germania sembra ancora paradossalmente divisa dalla cortina di ferro, ma i territori della Germania post-comunista oggi votano in massa per un partito che non rivendica più, ma di certo non rinnega, né nasconde un’ascendenza nazista.

La retorica dell’AfD e l’analisi del voto

Anche molti analisti indipendenti tendono a leggere questo fenomeno in termini sostanzialmente consoni alla retorica dell’AfD: la parte più povera della Germania vota per il partito che si oppone più radicalmente alle politiche e ai partiti accusati di essere causa dell’impoverimento tedesco e di essersi macchiati dei tre peccati capitali della religione nazionalista: europeismo, globalizzazione e immigrazione.

Le spiegazioni “economiciste” del revanscismo sovranista sono le più comuni, perché sono in apparenza le più razionali, in quanto connesse a cause materiali, anche quando, come in questo caso, occultano e esorcizzano spiegazioni molto più tragiche e dolorose, che non assumono quella socio-economica come variabile indipendente da altre variabili altrettanto determinanti, come quelle socio-culturali o politico-ideologiche.

Il paradosso della Germania orientale

È curioso, ma oggi anche, anzi soprattutto i reazionari sembrano votati alla dottrina marxista e a interpretare ogni fenomeno politico come l’inevitabile risultante di cause strutturali di dominazione o usurpazione economica e a liquidare tutti i paramenti cosiddetti sovrastrutturali (politici, giuridici, filosofici…) della lotta politica come mere maschere di scena.

Però è difficile considerare l’ex Germania orientale una vittima dell’europeismo, dell’immigrazione o della globalizzazione: altra cosa, e ci verremo, è che molti tedesco orientali se ne siano convinti. L’europeismo è stata la porta di accesso alla riunificazione tedesca e la liberazione dalla cattività post sovietica.

L’immigrazione (con tutti i problemi di integrazione che comporta) anche in Germania, come in tutta Europa, è concentrata nelle aree economicamente più floride e dunque ad ovest e non ad est. La globalizzazione, fino a che la locomotiva tedesca ha corso a tutta velocità, è stato il bancomat che ha consentito di assicurare anche nella parte orientale della Germania il welfare più generoso del mondo.


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Il peso dell’eredità comunista

Forse allora bisognerebbe accettare che la facilità con cui la Germania est si è innamorata dei demagoghi neo-nazisti è la stessa per cui è rimasta affezionata a lungo a quelli post comunisti, nonché la stessa per cui non è riuscita a recuperare in questi trentacinque anni dalla riunificazione un gap significativo di competitività: perché decenni di dominazione comunista hanno lasciato tracce nello spirito e nelle menti e perché queste tracce si trasmettono culturalmente e riemergono prepotentemente nei momenti di crisi.

L’estrema e superiore sensibilità di vaste fasce dell’opinione pubblica est europea alle seduzioni autoritarie e al sospetto antidemocratico rimanda certo a radici pre-sovietiche, ma in modo ancora più determinante al passato sovietico. Il comunismo, da questo punto di vista, non è stata solo una tragedia storica, ma una catastrofe antropologica, morale e spirituale, che anche dopo la fine dell’Urss e la caduta del Muro influenza il comportamento politico-culturale ed economico-sociale in vaste aree dell’ex impero sovietico. La pedagogia negativa comunista non ha smesso di far danni.

Totalitarismi a confronto

Nell’Europa democratica dal 1945 siamo stati abituati (male) a considerare nazifascismo e comunismo fenomeni opposti, quando sono invece stati uguali e contrari e uniti dall’odio per le regole della società aperta e dello stato di diritto e per la natura pluralistica e anti-statolatrica del costituzionalismo liberal-democratico.

Infatti solo gli epigoni di quella cultura liberale, che dagli anni ’20 dello scorso secolo denunciarono la trappola ideologica di questi gemelli diversi del totalitarismo novecentesco, non si stupiscono affatto dei risultati elettorali dell’ex Germania est, come si trattasse di un caso o di un paradosso e ne traggono invece l’ennesima conferma di quell’antica diagnosi anti-totalitaria.