“Non sparate, siamo europei”: una illusione spazzata via dalla realtà

Mentre il mondo si riorganizza in nuovi assetti di potere, l’Unione Europea appare in ritardo, priva di una reale capacità di proiezione e troppo dipendente dagli Stati Uniti. Mai avremmo pensato di scrivere queste parole, ma le scelte di Trump hanno di fatto spezzato il concetto di “Occidente”.
Per comprendere le radici di questa debolezza, bisogna tornare alle origini dell’integrazione europea. Dopo la devastazione della Seconda guerra mondiale, i leader del continente concepirono l’unione economica e politica come un antidoto ai conflitti. La Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 portò alla nascita della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), un progetto pensato per vincolare le economie degli ex belligeranti e rendere impossibile un nuovo scontro tra Francia e Germania. L’idea funzionò per garantire stabilità interna, ma al prezzo di un crescente disimpegno nella difesa.
Ogni tentativo di costruire una vera capacità militare autonoma si è scontrato con veti politici, resistenze nazionali e una cronica mancanza di volontà strategica. Ancora oggi, quando si parla di difesa europea, il dibattito si riduce a dichiarazioni di principio prive di sostanza.
L’inaspettata sintesi condivisa tra Trump e Putin costringe l’Europa a ripensare il proprio ruolo strategico. Cosa accadrebbe se la Russia minacciasse un’azione militare ai confini orientali? Il Trattato di Lisbona obbligherebbe tutti i Paesi membri a rispondere “con tutti i mezzi necessari”, ma la realtà è ben diversa: senza un esercito europeo autonomo, la difesa dell’Europa rimane nelle mani della NATO, e quindi degli Stati Uniti. In un simile scenario, la dipendenza dall’ombrello americano diventerebbe ancora più evidente.

Nel frattempo, l’Europa non è rimasta del tutto immobile. Ha avviato progetti come la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO) per integrare le forze armate e sta sviluppando caccia di sesta generazione con due programmi distinti: il Future Combat Air System (FCAS), promosso da Germania, Francia e Spagna, e il Global Combat Air Programme (GCAP), che coinvolge Italia, Regno Unito e Giappone. Tuttavia, questi sforzi restano confinati nei circoli specialistici e ignorati dai media mainstream. Manca una narrazione forte: la bandiera dell’UE sulle uniformi militari non è mai diventata un simbolo di fierezza, e la difesa europea resta un tema scomodo, spesso relegato ai margini della politica.
In questo contesto, i movimenti sovranisti si illudono di rappresentare una soluzione alla crisi strategica dell’Europa, quando in realtà non fanno altro che rafforzarne la sudditanza alle grandi potenze globali. Una cosa è voler migliorare la propria casa comune, un’altra è darle fuoco. Non sono veri sovranisti: sono politici che antepongono il consenso del loro partito a tutto, perfino alla nazione che affermano di amare. Il loro operato non rafforza l’Europa, la indebolisce.
Dall’altro lato, le forze progressiste hanno trasformato l’idea stessa di Unione Europea in un dogma, quasi un riflesso automatico: come se l’UE, di per sé, fosse sufficiente a garantire pace e sicurezza. Il loro motto, se ce n’è mai stato uno, sembra essere stato: “Non sparate, siamo europei!”. Un’illusione pericolosa, che ha reso il continente strategicamente cieco e incapace di difendersi.
Friedrich Merz, in Germania, ha mostrato aperture verso una difesa comune europea, proponendo una maggiore cooperazione tra i Paesi volenterosi e considerando “ridicolo” che l’80% delle spese militari dell’Europa sia effettuato all’estero. Un’idea che potrebbe tradursi in un’accelerazione concreta, purché non resti bloccata dalle solite resistenze interne. Nel frattempo, si torna a parlare delle disposizioni del vecchio Trattato CED, mai attuato, che potrebbero servire come base per un esercito europeo.
L’Europa non può più permettersi questa ingenuità. Deve investire in un’autonomia strategica e militare autentica. Serve un patriottismo europeo che non sia un esercizio burocratico, ma un’identità concreta, da portare con orgoglio anche sulle divise militari. L’Europa ha davanti a sé una scelta: diventare una potenza o scivolare nell’irrilevanza della storia. Il tempo sta finendo.