Ucraina, America e difesa: Macron rilancia l’asse franco-tedesco

Vincenzo D'Arienzo
05/03/2025
Poteri

Il discorso del presidente francese Emmanuel Macron segna un passaggio chiave nella politica di sicurezza del continente. In un panorama internazionale sempre più instabile, Macron ha lanciato un messaggio perentorio: l’Europa non può più permettersi di dipendere unicamente dagli Stati Uniti per la propria difesa. Il Vecchio Continente deve sviluppare capacità strategiche e militari autonome, pena l’irrilevanza geopolitica. Un’asserzione che molti leader fingono di non vedere, mentre Macron dimostra ancora una volta una visione lungimirante e un coraggio che ad altri paesi sembra mancare.

Il tema centrale dell’intervento è stato ovviamente il perdurare della guerra in Ucraina. Macron ha denunciato l’impiego di mercenari nordcoreani e di armamenti iraniani da parte della Russia, oltre alle sistematiche operazioni di cyberwarfare e alle interferenze nelle elezioni di paesi come la Moldova e la Romania. Ha inoltre sottolineato che Mosca sta già conducendo azioni ibride contro diversi paesi europei, tra cui assassinii mirati, attacchi informatici a infrastrutture essenziali come gli ospedali e ulteriori ingerenze elettorali. La minaccia, ha ammonito, non riguarda solo Kyiv, ma l’intero continente. L’Europa non può più permettersi di restare spettatrice di fronte a questa aggressività: se l’obiettivo russo è destabilizzare l’Unione, la risposta non può ridursi al mero sostegno all’Ucraina, ma richiede un rafforzamento strutturale della sicurezza europea.

Ribadendo la necessità di un supporto economico e militare costante a Kyiv, Macron ha escluso ogni ipotesi di resa o di cessate il fuoco che possa rivelarsi precario, ricordando come gli Accordi di Minsk del 2014 abbiano fallito nel prevenire un’escalation. Guardando al futuro, ha prospettato l’invio di truppe europee sul territorio ucraino per garantire l’attuazione di un eventuale accordo di pace. Questa prospettiva solleva interrogativi cruciali: si tratterebbe di una missione di monitoraggio o del primo passo verso una politica di difesa comune più strutturata? Il vertice che si terrà a Parigi con i capi di Stato maggiore dei paesi disposti a partecipare potrebbe chiarire ulteriormente la portata di questa iniziativa, ma resta da vedere quale sarà la reazione degli altri governi europei, molti dei quali finora hanno esitato di fronte a qualsiasi coinvolgimento diretto sul terreno.

Il presidente francese ha poi affrontato il nodo delle relazioni transatlantiche. Se da un lato ha espresso la speranza che Washington continui a sostenere l’Ucraina e l’Europa, dall’altro ha messo in guardia sui rischi di una politica commerciale americana sempre più protezionista. Macron ha definito l’eventuale imposizione di tariffe doganali sui prodotti europei come una scelta incomprensibile, tanto per l’economia UE quanto per quella statunitense, assicurando che l’Unione cercherà di convincere gli Stati Uniti a rivedere la loro posizione. Di certo, però, non è più sostenibile che l’Europa resti ostaggio di decisioni prese oltreoceano: il salto di qualità auspicato da Macron passa attraverso una maggiore autonomia strategica, non solo in ambito militare ma anche economico.



In questa prospettiva, il presidente francese ha enfatizzato l’urgenza di incrementare gli investimenti nella difesa senza aggravare il peso fiscale sui contribuenti, puntando su una più stretta cooperazione tra gli Stati membri per la produzione congiunta di equipaggiamenti militari. A dare nuovo slancio a questa visione è il governo tedesco guidato da Friedrich Merz, deciso ad aumentare la spesa militare e a ricostituire l’asse franco-tedesco, parso negli ultimi anni appannato. Mentre Francia e Germania sembrano ritrovare un’intesa concreta, l’Italia appare incerta e incapace di scegliere con decisione la propria strada: da un lato insegue l’idea di essere la sponda europea dell’amministrazione Trump, dall’altro teme di restare del tutto emarginata dallo scenario comunitario. Queste ambiguità minano la credibilità di Roma e rischiano di isolare un Paese che, invece, avrebbe bisogno di ridefinire il proprio ruolo in un’Europa determinata a rafforzarsi. Nel frattempo, si delinea una congiuntura inedita che vede Francia, Germania e Regno Unito sorprendentemente allineati: paradossalmente, Londra non era così vicina alle posizioni europee nemmeno prima della Brexit.

Macron ha infine rilanciato il dibattito sulla deterrenza nucleare, ricordando che la Francia è l’unico paese dell’Unione a disporre di un arsenale atomico, la cui gestione rimarrà però prerogativa esclusiva dell’Eliseo. Ha annunciato l’apertura di un confronto strategico su questo tema, ma resta la domanda di fondo: fino a che punto l’Europa può costruire una strategia di sicurezza condivisa se uno dei suoi principali attori mantiene il proprio arsenale sotto un controllo nazionale esclusivo?

Macron delinea dunque una visione ambiziosa: un’Europa più autonoma, più coesa e più assertiva nello scenario internazionale. Tuttavia, la realizzazione di questa visione dipenderà dalla capacità degli Stati membri di trovare un equilibrio tra sovranità nazionale e cooperazione comunitaria, superando divergenze che paiono ancora profonde. Il rafforzamento della difesa europea, il possibile invio di truppe UE in Ucraina, la gestione dei rapporti con gli Stati Uniti e la questione della dissuasione nucleare rappresentano sfide che richiedono soluzioni condivise e tempestive.

In chiusura, Macron ha lanciato un appello all’unità e alla responsabilità, esortando i cittadini europei a non cedere al fatalismo né all’allarmismo. Il futuro del continente, ha insistito, si gioca ora. Se l’Italia sceglie di restare alla finestra, macinando calcoli di breve periodo, il resto d’Europa – guidato con fermezza dal presidente francese – potrebbe andare avanti senza di lei. La sfida, in ogni caso, è già sul tavolo.