Quale futuro per Gaza? Alla Sapienza, la voce di un dissidente e l’appello a un’alternativa a Hamas

Redazione
16/04/2025
Orizzonti

Martedì 15 aprile, in un aula dell’Università Sapienza di Roma, si è svolto l’evento “Quale futuro per Gaza?”, co-organizzato da L’Europeista. Un momento di confronto di straordinaria importanza, che ha visto per la prima volta, dopo il 7 ottobre 2023, un cittadino palestinese della Striscia di Gaza – Hamza Howidy – portare la propria testimonianza diretta a un pubblico universitario italiano.

A introdurre e arricchire la discussione sono intervenuti la professoressa Alessandra Tarquini (docente di Storia contemporanea), la direttrice di Radio Radicale Giovanna Reanda e il direttore de L’Europeista Piercamillo Falasca, insieme a Filippo Rigonat (studente di Scienze politiche, collaboratore de L’Europeista e promotore dell’iniziativa).

L’esperienza di Hamza Howidy

Classe 1997, Howidy ha vissuto in prima persona gli orrori della guerra civile del 2007 tra Fatah e Hamas – una violenza che lo ha sconvolto sin da ragazzino, abituato a pensare esclusivamente al conflitto con Israele. “Persone gettate dai tetti, trascinate per strada”, ha ricordato, segnando l’inizio di un regime autocratico che da allora non ha smesso di comprimere i diritti civili a Gaza.

Anche lui, negli anni, è stato spinto verso posizioni estreme, salvo ritrovare un equilibrio grazie alla propria famiglia di tendenze liberali. Ha frequentato l’Università Islamica, “l’unica reale scelta possibile a Gaza”, la stessa in cui si sono formati molti leader di Hamas. Una volta laureato nel 2019, ha scoperto come fosse quasi impossibile ottenere un lavoro pubblico senza l’affiliazione al movimento al potere.

In quello stesso periodo si è avvicinato al movimento Bidna Naish, prendendo parte a manifestazioni represse con estrema violenza dai miliziani di Hamas: «Sono finito in carcere la prima volta solo perché avevo un volantino con su scritto “Vogliamo vivere». Da allora gli arresti si sono ripetuti, e la famiglia è riuscita a tirarlo fuori corrompendo alcuni membri del regime. Il dissenso, infatti, è punito con brutalità: «C’è chi è stato torturato e persino ucciso». Eppure, proprio queste esperienze lo hanno spinto a intensificare l’impegno civile, al punto da diventare uno dei volti simbolo della protesta contro Hamas.

Rimasto sconvolto dall’assenza di copertura mediatica internazionale sulla repressione interna a Gaza, Howidy ha deciso di lasciare la Striscia nel 2023, trovando rifugio in Germania. Un mese dopo la sua partenza, è arrivato il drammatico 7 ottobre, data che ha segnato un’ulteriore cesura: «Non pensavo che Hamas potesse arrivare a tanto. E quando tutti i palestinesi venivano dipinti come terroristi, ho capito che la situazione stava precipitando».

Howidy ha condannato fin dal principio l’attacco di Hamas, definendo indispensabile distinguere tra il regime al potere e la popolazione civile. Il suo percorso di “de-radicalizzazione” nasce proprio da questa necessità di vedere l’altro come una persona, non come un nemico. «Da quando Hamas governa Gaza, la propaganda estremista è martellante. Io stesso sono stato spinto a odiare Israele per anni. Oggi, invece, credo che la violenza non porterà alcuna soluzione».

L’appello di Falasca: “Hamas non è la resistenza”

Tra i relatori, Piercamillo Falasca, direttore de L’Europeista, ha espresso con chiarezza una posizione netta: “Hamas non è la resistenza. Hamas è un movimento autoritario e fondamentalista che ha imposto il suo potere a Gaza con la violenza, eliminando il dissenso, reprimendo i diritti delle donne, degli omosessuali, e usando la popolazione civile come scudo umano. Definire Hamas come parte della legittima aspirazione palestinese è un errore tragico, perché svilisce la causa stessa di un popolo che merita libertà, dignità e Stato”. Se alla fine di questa guerra, ha detto ancora Falasca, “Hamas continuerà a governare Gaza con le armi, allora tutto il sangue versato sarà stato inutile. La vera sfida oggi non è solo fermare il conflitto, ma impedire che Hamas sia il futuro della Striscia”.

Di fronte alla stanchezza della leadership dell’Autorità Nazionale Palestinese, priva di slancio e considerata corrotta da molti, emerge l’urgenza di figure nuove, capaci di proporre un progetto laico e inclusivo, basato sul diritto internazionale e sul rifiuto della violenza. “Non basta fornire aiuti umanitari né evocare future elezioni”, hanno concordato i relatori, “occorre investire in istruzione, media indipendenti, istituzioni civili e formazione politica”.

Una liberazione vera: non da Israele, ma da Hamas

La possibilità di un futuro di pace e normalità per Gaza passa innanzitutto dalla rimozione di un sistema che, da oltre quindici anni, governa con il pugno di ferro. Howidy ha sottolineato come l’autentica ribellione interna a Gaza sia costantemente repressa nel silenzio generale, eppure non mancano segnali di coraggio da parte di chi, nella Striscia, lotta per i propri diritti a costo della propria vita.

In quest’ottica, la comunità internazionale – e in particolare i Paesi arabi – sono chiamati a sostenere quei segmenti della società palestinese che credono in un futuro di pace e coesistenza. “Non si tratta di ‘esportare la democrazia” – ha ribadito l’attivista – “bensì di favorire lo sviluppo di istituzioni solide e libere, di dare spazio a voci moderate e realmente rappresentative”.

L’iniziativa disponibile su Radio Radicale

L’intero evento, nato dalla necessità, espressa da Filippo Rigonat in apertura, di “affrontare la questione palestinese elidendo le troppe sovrastrutture ideologiche che in ambito universitario inquinano il dibattito“, è disponibile anche sul sito di Radio Radicale.

Un’opportunità preziosa per ascoltare, senza filtri, la testimonianza di un dissidente che ha vissuto sulla propria pelle la repressione di Hamas, ma che continua a sperare in un futuro diverso per Gaza e i suoi abitanti.