Cybersicurezza: il futuro dell’Italia passa dalla formazione
La cybersicurezza non è solo un tema tecnico, è una sfida nazionale. Oggi, la Pubblica Amministrazione italiana si trova a combattere una battaglia fondamentale: quella di trovare e trattenere i talenti nei settori chiave della cybersicurezza e dell’intelligenza artificiale.
Carenza di profili, sistemi di selezione obsoleti e retribuzioni non competitive: sono questi i principali ostacoli che ci impediscono di avere il personale qualificato di cui abbiamo disperatamente bisogno. Il problema non riguarda solo la Pubblica Amministrazione, dove colpisce anche ambiti cruciali come le forze armate, le forze di polizia e il settore sanitario, diventato ormai un bersaglio frequente per attacchi informatici sempre più aggressivi, ma il mondo del privato anche più innovativo.
Il confronto con l’Europa
Non possiamo ignorare il fatto che altri Paesi europei si stanno muovendo con maggiore rapidità e visione strategica in questo ambito. La Germania, ad esempio, ha recentemente varato un piano per formare 20.000 esperti in cybersicurezza entro il 2025, puntando su università e collaborazioni pubblico-private per sviluppare un ecosistema competitivo e resiliente. Anche la Francia, attraverso la sua Agence Nationale de la Sécurité des Systèmes d’Information (ANSSI), ha investito in programmi mirati per la formazione di specialisti e per il rafforzamento della sicurezza nelle infrastrutture critiche.
L’Italia, invece, pur avendo istituito l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, sconta un ritardo significativo. La carenza di 100.000 esperti stimata dall’ACN è un segnale d’allarme che non possiamo ignorare. E mentre Paesi come il Regno Unito stanno attraendo giovani talenti con programmi di formazione innovativi e retribuzioni competitive, da noi il sistema pubblico fatica a trattenere le professionalità necessarie, a causa di un’offerta poco attrattiva e di una scarsa integrazione con il settore privato.
Gli attacchi crescono, la risposta deve essere all’altezza
I numeri parlano chiaro: solo nel primo semestre del 2024, il numero di attacchi gravi a livello globale è aumentato del 23%, con l’Italia che ha registrato un incremento preoccupante degli attacchi al settore sanitario (+83% rispetto all’anno precedente). A fronte di questo scenario, il nostro Paese rischia di rimanere indietro rispetto ai partner europei, compromettendo non solo la propria sicurezza, ma anche la capacità di competere in un mercato globale sempre più digitalizzato.
Puntare su formazione e collaborazione
La risposta a questa sfida deve partire dalla formazione. Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono una leva strategica: un modello che funziona, ma che deve essere ampliato e potenziato. Dobbiamo guardare all’Europa come ispirazione, ma anche come stimolo per fare di più e meglio. La Germania e la Francia stanno dimostrando che investire nei giovani e nelle competenze digitali non è un costo, ma un’opportunità di crescita e sviluppo.
Durante il mio intervento alla XV Conferenza nazionale sulla Cyber Warfare, ho sottolineato l’importanza di creare un ecosistema in cui pubblico e privato collaborino per valorizzare i talenti e colmare il divario tra domanda e offerta di competenze. Non possiamo permetterci di agire in modo frammentato: serve una strategia nazionale chiara e condivisa, che guardi al futuro con ambizione e pragmatismo.
La cybersicurezza non è più un’opzione: è una necessità. E l’Italia deve essere pronta a raccogliere questa sfida con il coraggio e la determinazione che ci contraddistinguono.