Da Soros a Musk: i miliardari cambiano le regole del gioco politico

Barbara Vecchietti
06/01/2025
Poteri

L’utopia perduta della filantropia politica

Nell’immaginario collettivo dei movimenti progressisti di un tempo, figure come George Soros rappresentavano il faro della filantropia politica, un mecenate moderno che spronava le società verso l’illuminismo democratico. Ma, laddove l’utopia della democrazia perfetta, si è rivelata appunto un’utopia, nel giro di pochi anni i ruoli si sono invertiti, e i “buoni” di ieri sono i “cattivi” di oggi.

I vecchi e nuovi mecenati: da Soros ai nuovi sovranisti

I politici progressisti speravano di entrare nelle grazie del magnate ungherese naturalizzato americano, ma si guardavano bene dal rivendicarne l’amicizia pubblicamente. Il nome di Soros veniva infatti sibilato nei circoli populisti con un misto di disprezzo e sospetto, quasi fosse sinonimo di un intervento oscuro e manipolatore nei meandri della politica globale. “Vi finanzia Soros!” era l’accusa che bastava a delegittimare qualunque movimento o politica. L’ironia? Oggi, gli stessi circoli che un tempo levavano il loro scudo contro i dollari dei “globalisti”, ora aprono le braccia a flussi di capitali non meno imponenti, ma di sapore nettamente più sovranista. Ora, i nuovi Soros con le loro fortune spingono l’agenda populista molto più aggressivamente di come Soros spingeva le riforme democratiche. La differenza? A seconda di chi chiedi, il colore politico giustifica il colore dei soldi.

L’ascesa dei miliardari nella politica contemporanea

Elon Musk, usa sfacciatamente il proprio potere mediatico e finanziario per sostenere in modo sonoro e spesso sguaiato i politici di destra negli Usa e in Europa. Jeff Bezos, proprietario oltre che di Amazon anche del Washington Post, invece, sfrutta il suo impero, in modo più sottile ma significativo per influenzare il discorso politico, dirigendo le narrazioni in momenti cruciali senza un apparente coinvolgimento diretto nel finanziamento di partiti specifici.



Il ruolo dei miliardari russi nel sovranismo europeo

Senza voler addentrarci nei meandri dei finanziamenti occulti e delle ingerenze oscure sulle tornate elettorali, figure come Yevgeny Prigozhin e Konstantin Malofeev, oligarchi russi con legami profondi con il Cremlino, hanno avuto un ruolo ben più esplicito nel sostenere le forze sovraniste e anti-integrazione europea. Prigozhin, attraverso l’Internet Research Agency, è noto per aver finanziato campagne di disinformazione che hanno influenzato significativi eventi politici come il referendum della Brexit. Malofeev, molto vicino alla Lega di Matteo Salvini è stato anche implicato in prestiti milionari a partiti come il Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia, mostrando un chiaro tentativo di rafforzare le forze nazionaliste in Europa.

Trasparenza orgogliosa e cambiamento nel vento politico

Ciò che risalta è che, nel grande teatro della politica globale, assistiamo a un capovolgimento quasi comico: se un tempo i finanziamenti di Soros erano il segreto di Pulcinella della politica — tutti li desideravano ma nessuno voleva ammetterlo — oggi assistiamo a un curioso spettacolo di trasparenza orgogliosa. I politici di ogni estrazione non solo accettano apertamente il sostegno dei miliardari, ma lo rivendicano come un badge di onore, un endorsement delle loro politiche e della loro visione. E anche se questi miliardari ovviamente, ben lungi dall’essere disinteressati, traggono ognuno i propri benefici, questo cambio di scenario non sembra turbare gli elettori, che continuano a supportare i loro leader nonostante — o forse proprio a causa di — questi legami illustri. L’ironia di questa evoluzione è palpabile: la denuncia del “capitalismo dei compari” sembra essersi trasformata in un applaudito spettacolo di sponsorizzazioni. Se un tempo l’accusa di essere finanziati da Soros poteva macchiare una reputazione, oggi l’associazione con figure come Musk o Malofeev sembra quasi conferire un ulteriore strato di legittimità e non di scandalo. In definitiva, il cambiamento dei venti politici e finanziari ci offre uno spettacolo ricco di paradossi, dove il denaro, piuttosto che essere il segreto imbarazzante di una campagna politica, è diventato il protagonista indiscusso, accolto a braccia aperte sotto i riflettori dell’arena pubblica. E, mentre i titani dell’industria continuano a plasmare il nostro panorama politico a proprio piacimento, in un delizioso twist di destino, il populismo, un tempo paladino della “gente comune” contro le élite, è diventato esso stesso un’élite, solo con diversi signori e nuovi titoli.