Dalla geopolitica alla televendita, elenco dei risultati di Meloni in America

Guardando le immagini dalla Casa Bianca, con giornalisti in estasi mistica e opinionisti in stato di trance, mancava solo la colonna sonora di Rocky e un tricolore che sventola dietro il Lincoln Memorial. Una scena degna di uno spot elettorale. Poi ho letto i resoconti entusiasti del viaggio della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Washington, celebrata come statista di livello planetario, e ho iniziato a temere di soffrire di qualche disturbo della percezione.
Così ho deciso di approfondire, per capire davvero quali risultati concreti siano usciti da questo “storico” summit. Di seguito, l’elenco dei successi ottenuti dalla leader della destra trumpiana in Italia e sua rappresentante ufficiosa in Europa:
- Sorrisi smaglianti e scambio di complimenti tra sovranisti;
- Nessuna tassazione extra sui colossi americani del web;
- Acquisto di armamenti statunitensi, a danno dell’industria europea della Difesa – a partire da Leonardo, eccellenza italiana del settore;
- Acquisto di gas americano, più caro del 35% rispetto agli attuali; approvvigionamenti esteri dell’UE, con un impatto diretto sulle imprese italiane, che già pagano l’energia 4-5 volte più dei loro omologhi spagnoli;
- Totale silenzio sui conflitti d’interesse nell’affidare a Elon Musk la gestione di settori strategici per la sicurezza occidentale;
- Nessun accenno alla guerra dei dazi, attualmente sospesa dopo le perdite miliardarie registrate dai fondi pensione statunitensi in Borsa;
- Impegno delle imprese italiane a investire 10 miliardi di euro negli Stati Uniti (da capire come un governo possa renderlo possibile);
- E infine, l’ipotesi di una visita di Trump a Roma, con tappa al Colosseo e rievocazione storica in stile Ben-Hur, completa di gladiatori e spettacolo circense.
In compenso, c’è stata piena sintonia sulla condanna dell’ideologia “woke”, indicata come il principale ostacolo al libero mercato, allo sviluppo economico e all’ordine naturale delle cose. Un nuovo feticcio ideologico per una chiesa conservatrice in crociata contro il pericolo liberale.
Lo show si è concluso con Giorgia Meloni che ha saggiamente evitato di chiedere a Trump in che senso “l’Europa è nata per fregare gli Stati Uniti d’America”.
Sipario. Si spengano i riflettori.
PS. L’unica cosa di rilievo – la sottolineatura della Russia come aggressore e dell’Ucraina come Paese aggredito – è stata detta in italiano, senza traduzione. Per Donald Trump, che fa fatica persino a comprendere l’inglese se pronunciato con accento non americano, Meloni avrebbe potuto benissimo discutere della liceità della pizza con l’ananas o di quanto debba essere cremoso o solido l’uovo nella carbonara.