Falchi, magnati e soci in affari: chi sono i negoziatori di Trump e Putin

Filippo Rigonat
20/02/2025
Frontiere

Il 18 febbraio si è tenuto a Riad il primo incontro tra due delegazioni di alto livello diplomatico di Russia e Stati Uniti dai tempi dello scoppio della guerra in Ucraina il 22 febbraio 2022.

Le importanti aperture fatte da Donald Trump nei confronti della Russia, suggellate dalla prima telefonata tra i due presidenti del 12 febbraio, hanno portato all’intensificarsi del dialogo diplomatico tra le due nazioni, rendendo possibile in tempi celeri la creazione di un tavolo negoziale bilaterale finalizzato a discutere il futuro del conflitto ucraino, in assenza sia degli alleati NATO che dell’Ucraina stessa.

Il luogo scelto per le trattative non è casuale, poiché l’Arabia Saudita rappresenta, grazie alla sua posizione geopolitica “ibrida”, un partner amico o perlomeno non ostile per entrambe le parti.

Il Principe Primo Ministro Mohammed Bin Salman ha compiuto immensi sforzi negli anni al governo per rafforzare la partnership del suo paese con gli USA, tanto da essere il primo leader straniero a ricevere la telefonata di Trump dopo la cerimonia di insediamento, rimanendo allo stesso tempo partner di Mosca nell’OPEC senza aver mai aderito alle sanzioni occidentali.

Poche telecamere e tanta attesa hanno accompagnato il primo vertice tra i più alti gradi dei corpi diplomatici statunitensi e russi, punta dell’iceberg del tourbillon sempre più intenso di contatti tra i rispettivi sherpa e preludio del sempre più vicino incontro tra Putin e Trump, che si terrà sempre a Riad.

Gli uomini dei Presidenti, le facce dietro la trattativa

Di Vladimir Putin e Donald Trump si è parlato fin troppo, tanto che oggi, al fine di comprendere meglio le loro intenzioni e modus operandi, ci concentreremo sugli uomini da essi investiti per imbastire la trattativa di Pace in Ucraina e la possibile ri-normalizzazione delle relazioni tra i due paesi.

Team USA


Marco Rubio, Segretario di Stato – A guidare la delegazione statunitense a Riad è il neo-titolare della politica estera del governo federale, l’ex senatore della Florida Marco Rubio. Ex avvocato, classe 1971, diventa Senatore per il GOP nel 2011 quando si guadagna l’appellativo di “stella nascente” del partito. Forte della popolarità, si candida nel 2016 alla nomination presidenziale per il Partito Repubblicano, intercettando i consensi dell’establishment neocons di bushiana memoria. In una campagna elettorale infuocata, non lesina scontri con Donald Trump, candidato agli antipodi rispetto ai sostenitori di Rubio, da cui esce sconfitto e costretto a ritirarsi. Negli anni successivi, in cui conferma sempre il suo scranno a Capitol Hill, si allinea alle posizioni di politica interna MAGA mantenendo allo stesso tempo una linea differente in materia di politica estera. Da vicepresidente della commissione Intelligence del Senato e membro della commissione esteri ha sempre tenuto una posizione di sostegno all’Ucraina e a Israele in chiave anti-BRICS, compiendo diversi viaggi diplomatici a Kyiv.  Dall’inizio del suo mandato da Segretario di Stato ha assunto posizioni molto dure nei confronti dei palestinesi e dell’Iran, ammorbidendo invece la postura nei confronti della Russia. Ama riassumere in uno slogan il suo approccio nella politica estera: “Pace attraverso la forza”.

Michael Waltz, Consigliere per la sicurezza nazionale – 51 anni, colonnello in pensione dopo ventisette anni di servizio nella guardia nazionale e nell’esercito. Anche lui nato in Florida, più precisamente nella contea di Palm Beach, ha prestato dal 2001 servizio come consulente dei segretari alla difesa Rumsfeld e Gates e consigliere antiterrorismo per il vicepresidente di Bush Dick Cheney. Falco della sicurezza nazionale, con posizioni intransigenti sull’immigrazione e la lotta ai cartelli messicani, nel 2019 diviene membro della Camera dei Rappresentanti in sostituzione di Ron De Santis.  Marito della ex consigliera per la sicurezza nazionale nella prima amministrazione Trump, Julia Nesheiwat, sta spingendo con forza per l’imposizione di una politica di deterrenza statunitense che ristabilisca diplomaticamente i conflitti in corso, profondamente convinto che la Pace in Ucraina possa verificarsi solo tramite un dialogo Russia-USA, escludendo in toto Kyiv e le cancellerie europee.


Steve Witkoff, Inviato speciale per il Medio Oriente – Magnate immobiliare e filantropo, nato nel Bronx da famiglia ebrea nel 1957 e cresciuto a Long Island. Dopo aver avviato una carriera da consulente legale, quando conosce negli anni ‘80 il giovane tycoon Trump, Witkoff inizia ad acquistare e rivendere proprietà nel Bronx, tramite la sua società Stellar Management creata tramite fondi di origine tutt’oggi sconosciuta. Fino al 2025 nessuna esperienza diplomatica e politica, viene nominato da Trump (di cui è stato un importante finanziatore) inviato speciale in Medio Oriente, con il compito di presiedere i più caldi tavoli di trattative dello scacchiere globale, dando lustro al soprannome “the Wolf of deals”. Ha da sempre coltivato forti legami con la Russia, soprattutto con le comunità ebree di Mosca e San Pietroburgo, tanto da essere il primo alto funzionario della nuova amministrazione ad essere accolto a Mosca da Vladimir Putin, l’11 febbraio. Dopo 3 ore di colloquio, Witkoff è tornato a casa riportando con sé il professore della Pennsylvania Marc Fogel, detenuto in Russia dal 2021, gettando nell’occasione le basi per il colloquio telefonico tra i leader avvenuto il giorno seguente.


Team Russia


Sergey Lavrov, Ministro degli Affari esteri – Nato a Mosca da una famiglia di origini armene nel 1950, si laurea in relazioni e studi internazionali nel 1972. Figlio della scuola diplomatica sovietica, Lavrov compie la carriera come funzionario di governo prima sotto l’URSS e poi sotto la Federazione Russa, della quale sarà Alto rappresentante all’ONU per dieci anni prima di diventare ministro degli affari esteri nel 2004. Poker face e tecnica del “mentire sapendo di mentire” (vedi: “Bucha”), da sempre le caratteristiche distintive dell’approccio diplomatico di Lavrov.  Paolo Gentiloni nel suo libro “La sfida impopulista” lo definisce “l’uomo più intelligente mai conosciuto”, opinione diffusa nei salotti della politica internazionale. Sornione e arguto, da più di vent’anni traduce nel linguaggio diplomatico le ambizioni geopolitiche imperialiste di Putin, riuscendo nel sottile intento di addolcirle e renderle ‘digeribili’ agli occhi della comunità internazionale. Risulta proprietario di un attico a Londra, sequestrato nel 2022 dal possesso della figlia adottiva Polina Kovaleva.


Yuri Ushakov, Consigliere Capo per la politica estera – Nato il 13 marzo 1947 a Mosca. Compie tutta la carriera diplomatica nell’apparato sovietico e successivamente in quello russo, arrivando a ricoprire la delicata posizione di ambasciatore a Washington tra il 1998 e il 2008. E’ considerato nelle stanze dei bottoni come il “Richelieu” di Putin, l’eminenza grigia che tutto sa e molto decide rispetto alle decisioni dello “zar”. Raramente a contatto col pubblico, ha sempre mantenuto attivi canali diplomatici e personali con gli Stati Uniti, la Turchia e la Cina, anche nei momenti di massima tensione politica.  Con un reddito dichiarato di 3 milioni di rubli annui, è titolare secondo la testata russa Metla in un’inchiesta del 2022 di un patrimonio immobiliare da almeno 750 milioni di rubli (= 13 milioni di euro).


Dmitri Rybolovlev, Oligarca – In pochi se ne sono accorti, dato che sedeva nei banchi delle “seconde linee”, ma a Riad c’era anche Dmitri Rybolovlev, imprenditore russo nonché 432° uomo più ricco del mondo nel 2024 secondo Forbes e, udite udite, compagno di affari del Presidente americano Donald Trump. Protagonista della spartizione selvaggia delle compagnie statali successiva alla caduta del comunismo, Rybolovlev ottiene gratuitamente grazie a generose concessioni giudiziali il controllo del colosso produttore di potassio Uralkali, che rivende nel 2011 per 6,5 miliardi di dollari. Ricopre negli anni ‘90 ruoli in diverse aziende russe, dove esercita la propria influenza tramite la violenza, condotta tipica del sistema raccontato magistralmente da Anna Politkovskaja ne “La Russia di Putin”. Questo modus operandi si riscontra plasticamente nell’omicidio avvenuto nel 1995 di Evgeny Panteleymonov, direttore generale dell’azienda Netfchimil – di cui Rybolovlev era Presidente – a causa della denuncia di quest’ultimo relativa a metodi e figure criminali all’interno dell’azienda. L’oligarca viene condannato in quanto mandante, uscendo dal carcere dopo un solo anno grazie al pagamento della cauzione. Nel 2008, acquista la Maison de L’Amite di Donald Trump a Palm Beach per la cifra di 95 milioni di euro, secondo gli esperti superiore almeno del 25% al valore di mercato di allora, salvando il tycoon dalla bancarotta. Possiede ingenti quote della Banca di Cipro, in cui è considerato tra gli uomini più influenti del paese, e il 66% delle azioni dell’AS Monaco, in società con il Principe  Ranieri III.

I negoziatori sauditi – In questo primo incontro, gli onori di casa sono stati fatti dal Principe e Ministro degli esteri saudita Faisal bin Farhan e dal consigliere per la sicurezza nazionale Musaed al Aiban. Questi, svolto il loro compito da “facilitatori”, hanno abbandonato il tavolo lasciando da sole le due delegazioni precedentemente descritte.

Conclusione

Le conseguenze di questi incontri verranno trattate in articoli successivi; già oggi merita di essere segnalata la richiesta USA di nuove elezioni.

Il dato che più fa storcere il naso a noi europei è l’assenza in primis degli ucraini, parte lesa e protagonista degli accordi, e in secundis delle istituzioni UE, che ricordiamo aver finanziato Kiev con circa 130 miliardi di euro di aiuti complessivi.

La tifoseria da stadio proveniente dall’Europa che esulta per i risultati di Trump e Putin in barba a sé stessi e all’Ucraina, pratica l’infausta disciplina del masochismo, ammirando un tavolo di “compagnucci” dove la politica si mischia a personali interessi economici, di dubbia liceità.

L’unica via è una pace giusta, che non è sinonimo di spartizione.