Fillon, oltre Macron e contro Le Pen: in Francia sta risorgendo la destra repubblicana

Per la prima volta dal 2017, l’ex primo ministro di Sarkozy, François Fillon, parla senza tabù del mondo e del futuro della Francia. Fillon non nasconde la sua preoccupazione; “non avrei mai immaginato che la Francia potesse vedere la sua situazione degradarsi in questo modo”. La Francia attraversa una crisi profonda; il debito pubblico è aumentato vertiginosamente e la società francese non è mai stata così divisa dalla creazione della Quinta Repubblica (1958), con una crescita impressionante degli estremismi che rende il paese ingovernabile. La violenza avanza a tutti i livelli; nel dibattito politico come nella vita quotidiana. La parola della Francia nel mondo ha perso molta della sua forza a causa dei suoi zig zag diplomatici e, in Africa, la Francia non è più la benvenuta mentre avanza il totalitarismo islamico. La guerra è alle porte e anche se non ne siamo direttamente responsabili, non riusciamo ad incidere.
In una lunghissima intervista rilasciata a “Valeurs actuelles” Fillon ricorda, che al termine del suo mandato, nel 2012, il debito pubblico aveva raggiunto la cifra record di 1832 miliardi di euro, pari al 90% del PIL e aveva destato scandalo la sua dichiarazione che lo stato francese fosse vicino al fallimento. Quest’anno il debito pubblico è salito al 115% della ricchezza nazionale. Questo significa che l’ora della verità presto suonerà e con essa un’austerità insopportabile.
Quanto prima la Francia si impegnerà a tagliare la spesa pubblica, tanto più eviterà uno shock sociale ed economico la cui violenza avrebbe conseguenze terribili per l’occupazione, la sanità, il pagamento delle pensioni e per l’istruzione. Il primo provvedimento dovrebbe consistere nell’innalzamento dell’età pensionistica a 65 anni e il rifiuto opposto dalle organizzazioni sindacali e dalla sinistra è irresponsabile; l’aumento della speranza di vita non può non essere accompagnato da un aumento dell’età pensionistica allineandola alla media dei paesi europei. E’ necessario inoltre abbassare la spesa pubblica. Fillon ricorda che nel 2017 propose la soppressione di 500mila posti nella funzione pubblica in cinque anni, vale a dire il 10% dei funzionari. Questa riduzione si rende necessaria per ragioni di bilancio ma anche per diminuire la pressione pubblica sulla società. I francesi non hanno bisogno che si interferisca in ogni aspetto della loro vita privata. Per questo propone l’eliminazione di agenzie ed authority non strettamente necessarie alla vita del Paese. Va posta, inoltre, la questione dell’orario di lavoro. Ci si indigna della mancanza di personale nella sanità ma ci si dimentica che riducendo a 35 ore l’orario di lavoro (governo Jospin) si è perso l’equivalente del 20% degli effettivi. La Francia ha bisogno di uno choc di competitività, bisogna abbassare simultaneamente la spesa pubblica e i prelievi obbligatori (tra i più alti d’Europa), alzare l’età pensionistica e l’orario di lavoro. Occorre rilanciare il nucleare tornando ad un mix energetico in cui il nucleare rappresenti il 70% e non il 50% attuale. Fillon non lesina critiche a Macron che non è riuscito a risanare l’economia francese. “Le incertezze e le contraddizioni non hanno permesso il rilancio dell’economia. Dopo gli iniziali segnali positivi, inviati alle imprese ed ai lavoratori, i governi che si sono succeduti hanno avviato politiche contradditorie, degli stop and go, come la chiusura della centrale nucleare di Fessenheim e la conseguente riduzione della quota del nucleare nel mix energetico dal 70 al 50%. Non c’è stato nessuno sforzo per ridurre la spesa pubblica e il numero di funzionari è cresciuto. Nonostante gli sforzi concreti volti a sostenere l’innovazione, il Presidente Macron, non è stato in grado di arginare l’inflazione normativa che grava sull’economia. Non ha potuto resistere all’applicazione dei dogmi europei sulla transizione energetica che hanno destabilizzato interi settori della nostra industria a partire dal comparto automobilistico. Le esitazioni sulla riforma delle pensioni e l’inerzia sull’orario di lavoro non hanno permesso di migliorare la competitività dell’economia francese.”
Passando alla politica interna Fillon si dichiara contrario all’introduzione del sistema proporzionale nelle elezioni legislative: si accentuerebbe la frammentazione dei partiti. “La Costituzione della V Repubblica ci ha dato più stabilità degli altri. Non disperdiamo l’eredità gollista per un salto nel buio. Una delle grosse responsabilità di Macron è di aver accentuato la tripartizione della politica francese indebolendo la destra repubblicana e i socialisti, a vantaggio degli estremi. Con “allo stesso tempo” e “né destra, né sinistra”, Emmanuel Macron non ha lasciato ai suoi oppositori che la scelta degli estremi. Ciò che rende ingovernabile oggi la Francia non è l’assenza di una cultura del compromesso ma la radicalizzazione del dibattito politico.Non è pensabile una coalizione con LFI di Jean-Luc Mélenchon, ma neanche con Marine le Pen, il cui programma economico è simile a quello dell’estrema sinistra.”

Fillon, in vista della presidenziale del 2027 dichiara il suo appoggio incondizionato al suo ex-collaboratore ed attuale ministro dell’interno Bruno Retailleau, l’uomo giusto per risollevare la destra repubblicana, giunta ai minimi storici. Retailleau sta affrontando, secondo Fillon, i problemi legati alla sicurezza e alla crisi migratoria nel modo giusto. La Francia ha superato la soglia di tolleranza in materia di immigrazione. Uno Stato ha il diritto di decidere chi può entrare sul suo territorio. L’aumento continuo di ingressi illegali, l’incapacità di rendere effettivi i provvedimenti di espulsione minano l’autorità dello Stato. I flussi migratori, secondo Fillon, hanno superato le nostre capacità di integrazione. “Il multiculturalismo è in crisi a causa del dilagare dell’estremismo islamico, dell’influenza dei “Fratelli musulmani” e della crisi del sistema della Françafrique. Gli atti di antisemitismo sono aumentati vertiginosamente dopo i fatti del 7 ottobre. In queste condizioni bisognerebbe rivedere lo ius soli e sottoporlo a referendum. Gli algerini, ad esempio, sono la prima nazionalità straniera nelle nostre prigioni e sovrarappresentati nella nostra delinquenza. Il potere algerino ha imprigionato Boualem Sansal e rifiuta di far rimpatriare Doualemm, l’influencer algerino che insulta la Francia. Che attitudine dobbiamo adottare con questo paese? Rimettere in discussione gli accordi del 1968 (che prevedevano l’ingresso di 35 mila algerini per anno)? Questa situazione è il risultato dei discorsi anacronistici sulla colonizzazione che configurano un discorso di debolezza dello Stato francese e dell’impasse politica in cui si trova il governo algerino incapace di garantire lo sviluppo del paese, nonostante le ricchezze del sottosuolo. Il nostro senso di colpa verso l’Algeria ci porta a chiudere gli occhi sulla natura del regime algerino e sui suoi abusi.”
Fillon approva la scelta di Macron di schierarsi con il Marocco sulla questione del Sahara occidentale che deve portare a rivedere completamente i rapporti con l’Algeria e trova scandaloso che Boualem Sansal sia ostaggio di questa crisi. Si tratta di un uomo anziano che deve essere rimesso subito in libertà. Prolungare la sua detenzione rappresenta un crimine di cui le autorità algerine dovranno rispondere. “Le persone immigrate sono, per lo più, originarie del terzo mondo a maggioranza musulmana e molti sono animati da risentimenti storici”. Fillon rilancia una vecchia proposta sarkozysta; l’immigrazione scelta. La Francia deve poter scegliere in funzione dei suoi bisogni e delle capacità di integrazione il numero e la qualità degli stranieri a cui può aprire le porte ogni anno. Fillon propone di sottomettere al Parlamento, ogni anno, delle quote per mestiere, qualifica ma anche per origine geografica per un’immigrazione equilibrata e razionale. Tenuto conto della situazione attuale, la Francia deve ridurre drasticamente il numero di ingressi per diversi anni ed espellere gli irregolari. Solo così si potranno evitare gravi crisi che minano l’unità nazionale. Inoltre bisogna lottare efficacemente contro il totalitarismo islamico il cui obiettivo è la djihad e la costruzione di un califfato il più globale possibile. Per questo motivo l’Europa deve fermare il proselitismo dei Fratelli musulmani che sono all’origine dei disordini e delle azioni terroriste che hanno già causato la morte di migliaia di innocenti e che rappresentano una minaccia per le comunità ebraiche.
L’Europa – secondo Fillon – non deve sottovalutare il pericolo che costituisce l’alleanza tra Russia, Cina, Iran, Turchia di tutti quelli cioè che rifiutano l’Occidente. I BRICS che disprezzano l’Occidente sono uniti da una comune detestazione per quello che noi rappresentiamo. La partecipazione degli stati del Golfo a questa alleanza la dice lunga sulla profondità di questo movimento. L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi dipendono dagli Stati Uniti per la loro sicurezza come per la loro economia. E pertanto non esitano ad immortalarsi in foto a fianco di Putin e di Xi Jinping. Hanno capito che il centro di gravità dell’economia mondiale si è spostato verso l’Asia ma anche che dell’America non ci si può fidare fino in fondo dopo i disastrosi interventi in Irak ed Afganistan. Gli errori di valutazione degli Occidentali sulla realtà delle primavere arabe, che altro non erano che il risultato dell’azione dei Fratelli musulmani, che hanno rimpiazzato una dittatura con un’altra, hanno spinto molti paesi dell’Africa a cercare la protezione russa e cinese. Infine i deliri wokisti li hanno definitivamente convinti sul declino occidentale. Secondo Fillon spingere la Russia nelle braccia di Pechino, rischia di accelerare una transizione verso un nuovo equilibrio mondiale che può generare uno scontro feroce tra Pechino e Washington e può costituire il principale rischio di una guerra mondiale. Questa competizione rischia di rendere ancora più marginale il ruolo dell’Europa. Fillon sostiene che la Francia e l’Europa non possano rivaleggiare ma che possono contribuire alla ricerca di un equilibrio necessario offrendo un modello di sviluppo più rispettoso delle libertà individuali e senza l’ingerenza militare e politica degli Americani.
Sulla crisi ucraina Fillon sostiene che la Russia ha commesso un crimine innescando questa guerra che la vede impantanata da tre anni ma che i dirigenti europei, sin qui, non sono stati in grado di fare nulla per debellare il conflitto. Si augura che l’Ucraina non venga abbandonata al suo destino anche perché il progetto della Difesa europea proposto da Von der Leyen, è ancora di là da venire.

Non poteva mancare una domanda su Trump. “Trump – risponde Fillon – non è né Hitler, né il Messia“. Sarà il vettore della pace o di altre guerre? L’America, quali che siano i suoi dirigenti, è stata per oltre trent’anni più un vettore di disordine che di pace. Il funesto intervento in Iraq, che ha fatto oltre 500mila vittime ed ha foraggiato il totalitarismo islamico nel mondo resterà come un errore capitale dei dirigenti americani e dei loro alleati. La gestione di Obama delle primavere arabe ha accelerato la costituzione di un blocco anti-occidentale. La ritirata indecorosa dall’Afganistan ha finito per convincere il mondo che gli Stati Uniti non sono degli alleati affidabili e che non si può contare su di loro nel lungo periodo. Il suo sovranismo radicale può servirci da modello? Si tratta di un sovranismo mercantile ma che richiama una realtà ineludibile. I popoli hanno una storia che fonda il loro destino e degli interessi che sono i loro. I discorsi storici di de Gaulle e di Seguin tornano d’attualità. Il sovranismo non è necessariamente un ripiegamento su sé stessi, non è la manifestazione di una nostalgia, è la proiezione di un’identità che permette di proiettarsi verso l’avvenire con fiducia. L’ossessione europea di cancellare le identità destabilizzando le Nazioni alimenta solamente una forma di radicalizzazione individuale che conduce al disordine e alla marginalizzazione in un mondo che quasi ovunque sta seguendo il percorso inverso. Infatti la vittoria di Trump è una vittoria popolare sulle élites che pretendono di detenere la verità, mentre inanellano un insuccesso dietro l’altro. E’ una reazione al pensiero unico, al wokismo, al manicheismo dei discorsi sul clima, sulle teorie di genere e sull’intersezionalità (l’alleanza dei presunti oppressi).
L’elezione di Donald Trump è un grido popolare che sarebbe sbagliato stigmatizzare. Rappresenta la rivolta contro il wokismo. Il wokismo per Fillon è simile, sotto l’apparenza della modernità, a tutte le ondate settarie che hanno segnato la storia dell’umanità e rappresenta l’esaltazione della differenza, la negazione delle leggi della natura, la ricerca dell’uguaglianza astratta. Come ai tempi del Terrore, i teorici del wokismo adottano un approccio radicale del cambiamento sociale e condannano senza appello tutti coloro che loro giudicano reazionari o complici delle ingiustizie sistemiche. Questi pseudo-progressisti sono come gli inquisitori della Chiesa cattolica nel Medioevo e hanno imposto la loro griglia ideologica anche ai creatori di serie televisive. Non una serie di televisione, non un film, non una pubblicità (es quella della Jaguar) sfuggono alla formattazione del messaggio. La diversità, le minoranze, il “parlare verde” costituiscono la trama obbligatoria di un nuovo linguaggio al di fuori del quale non si ha più diritto ad alcuna considerazione. I più desiderosi di far credere di aderire a queste sciocchezze sono le grandi aziende, le banche o i fondi di investimento che ci vendono, con grande ipocrisia, transizione energetica e wokismo in ogni occasione per ragioni di marketing. Questa deriva del progressismo provoca, ovunque nel mondo, un ritorno di valori quali la sicurezza, il rispetto delle identità nazionali, la promozione del lavoro e la riuscita individuale.