Georgescu: il criminale che voleva vendere la Romania a Putin

Sofia Fornari
27/02/2025
Interessi

Altro che attacco alla libertà d’espressione. La realtà sta rimandando le accuse al malevolo mittente – il vicepresidente americano JD Vance – e a tutti i suoi improvvisati sostenitori.

L’arresto di Călin Georgescu in Romania rappresenta un punto di svolta nella difesa dell’ordine costituzionale e della stabilità democratica del Paese. L’operazione non è il frutto di un regolamento di conti politico, ma il risultato di indagini approfondite che hanno rivelato una rete di attività illecite, legami con ambienti estremisti e flussi di finanziamento opachi.



La Procura Generale rumena ha formulato un ventaglio di accuse che delineano un quadro inquietante. Georgescu, esponente dell’estrema destra e noto per le sue posizioni filorusse, è incriminato per istigazione ad azioni contro l’ordine costituzionale, diffusione di informazioni false e falso in dichiarazioni continuato, in particolare riguardo ai finanziamenti della sua campagna elettorale e alle sue dichiarazioni dei redditi. È inoltre accusato di aver avviato o costituito un’organizzazione a carattere fascista, razzista e xenofobo, nonché di aver promosso pubblicamente il culto di figure accusate di genocidio e crimini di guerra, diffondendo idee e dottrine riconducibili al fascismo, al legionarismo e all’antisemitismo.

Contanti, armi, biglietti per Mosca: il criminale che voleva vendere la Romania a Putin

L’operazione che ha portato al suo arresto è stata coordinata su vasta scala. Le forze dell’ordine hanno effettuato perquisizioni in quarantasette località collegate a Georgescu e ai suoi associati. Tra questi figura Horațiu Potra, sua guardia del corpo ed ex combattente della Legione straniera, noto per i suoi legami con il Gruppo Wagner e con movimenti neofascisti. A dicembre, dopo l’annullamento del ballottaggio presidenziale, Potra si preparava a fomentare disordini. Quando la polizia ha fatto irruzione nella sua abitazione, ha scoperto dieci milioni di euro in contanti, un arsenale di armi e biglietti aerei per Mosca. Gli inquirenti stanno ora indagando sulle sue connessioni con elementi filo-russi, tra cui una donna che avrebbe legami con mercenari ceceni. I media rumeni hanno inoltre riportato che Potra è stato avvistato lo scorso settembre in Piazza Rossa a Mosca, un dettaglio che rafforza i sospetti di un coordinamento con ambienti legati al Cremlino.

Un atto dovuto per salvare un’intera democrazia

L’annullamento della vittoria di Georgescu al primo turno delle elezioni presidenziali del novembre 2024 da parte della Corte Costituzionale si configura sempre più come un atto resosi necessario, per preservare la legittimità del processo democratico. La magistratura ha rilevato elementi di interferenza russa, confermando i timori di una strategia mirata a destabilizzare il Paese. Il fatto che un candidato con legami così evidenti con circoli estremisti e interessi stranieri sia riuscito a ottenere un consenso significativo solleva interrogativi sulla vulnerabilità della Romania di fronte a operazioni di influenza esterna.

L’arresto di Georgescu e la repressione della sua rete non rappresentano insomma una limitazione della libertà di espressione, ma un atto di difesa dello Stato di diritto. La Romania si trova in prima linea nel confronto tra l’Occidente e la Russia, e il caso Georgescu dimostra quanto sia urgente blindare le istituzioni democratiche contro infiltrazioni e manipolazioni. La posta in gioco è alta, altissima.