La trappola dei paragoni: Ucraina e Israele due conflitti troppo diversi
Questo articolo è un punto di vista alternativo al precedente pubblicato il 21 dicembre su L’Europeista dal titolo: “Il doppio standard tra Ucraina e Israele: una sindrome europea” (a firma di Vincenzo D’Arienzo) e nasce senza alcun intento polemico, con la volontà di stimolare un dibattito costruttivo su un tema così complesso, oltre a mostrare la varietà e ricchezza di opinioni della nostra redazione.
Prima di addentrarsi nelle differenze tra i due conflitti, è importante riconoscere la complessità del conflitto israelo-palestinese (e libanese), inserito all’interno del più ampio confronto tra l’Iran e i suoi alleati contro Israele.
La Repubblica Islamica dell’Iran ha ripetutamente dichiarato l’intento di annientare Israele e imporre il proprio ordine sul Medio Oriente, un progetto che non può essere ignorato. E’ importante in questo contesto schierarsi fermamente a favore di Israele, unica vera democrazia della regione, riconoscendo la legittimità della sua autodifesa ma senza rinunciare al diritto e al dovere di critica delle modalità e della strategia che Tel Aviv ha scelto di usare.
Va anche sicuramente ricordato anche il legame strategico tra Iran e Russia, un’alleanza che aggiunge ulteriori complessità alla geopolitica della regione. Tuttavia, con il presente articolo il sottoscritto si propone di argomentare perché, nonostante queste dovute considerazioni, sia a suo parere inappropriato paragonare le azioni e le ragioni di Ucraina e Israele e quindi perché sia invece corretto tenere due standard differenti tra le guerre.
Contesti storici e politici radicalmente diversi
Il conflitto in Ucraina è, prima di tutto, una guerra di difesa nazionale. Dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e l’invasione su larga scala iniziata nel febbraio 2022, l’Ucraina si è trovata a fronteggiare un’aggressione diretta da parte di una potenza straniera. La resistenza ucraina è motivata dalla necessità di salvaguardare la propria sovranità e integrità territoriale contro un nemico che cerca di imporre il proprio controllo politico militare e culturale.
Dall’altra parte, il conflitto israelo-palestinese ha radici nella storia coloniale e in controversie territoriali che risalgono a più di un secolo fa. La fondazione dello Stato di Israele nel 1948 e le conseguenti guerre con i paesi arabi hanno portato a una situazione di occupazione e insediamenti nei territori palestinesi, che è uno degli elementi base del conflitto attuale. La lotta palestinese è spesso interpretata, con molte ragioni, come una resistenza a un’occupazione prolungata, mentre Israele vede le sue azioni, con altrettante innumerevoli ragioni, come misure di sicurezza contro minacce terroristiche e regionali.
Tenere in considerazione il fattore contestuale è d’obbligo per ogni analisi geopolitica e questo non significa mettere in discussione l’esistenza legittima dello Stato di Israele che, al contrario, gli Stati europei hanno sempre sostenuto e difeso dalla sua fondazione.
Una questione di diritto internazionale
Un altro aspetto cruciale è il diverso quadro giuridico prodotto da questi conflitti. Nel caso ucraino, la comunità internazionale, attraverso organismi come le Nazioni Unite, ha ampiamente riconosciuto l’illegalità dell’invasione russa. La difesa dell’Ucraina è quindi pienamente supportata dal diritto internazionale, che tutela la sovranità e l’autodeterminazione degli stati.
Nel contesto israelo-palestinese, la situazione è più ambigua e polarizzante. Israele sostiene che tutte le sue azioni sono giustificate dal diritto all’autodifesa, ma molte risoluzioni delle Nazioni Unite e opinioni giuridiche internazionali hanno condannato l’occupazione dei territori palestinesi e le modalità con cui Israele ha portato avanti la guerra, come una violazione del diritto internazionale.
Lotta condivisa e fratture interne. Il peso dell’opinione pubblica
La resistenza ucraina si distingue per il suo carattere democratico e per il sostegno quasi unanime della popolazione al proprio governo e all’azione di difesa. Gli ucraini stanno combattendo per preservare un ordine internazionale basato su regole condivise, opponendosi a un’aggressione percepita come un ritorno a dinamiche imperialiste.
Nel caso di Israele, esiste invece una contrapposizione interna che vede una larga parte dell’opinione pubblica, compresi alcuni parenti degli ostaggi del 7 Ottobre, criticare e condannare le azioni del proprio governo e delle IDF, in contrasto ad una narrazione di scontro religioso ed etnico portata avanti dal governo di Netanyahu e dei suoi ministri.
Nel decidere la posizione da tenere nei confronti dei due conflitti non si può quindi prescindere anche dalla valutazione delle motivazioni reali di controllo della politica interna e di sopravvivenza del proprio governo che ha spinto Israele verso un approccio da guerra totale.
Strategie diversificate: perché l’UE deve rispondere con flessibilità ai conflitti globali
E’ quindi giusto che l’Unione Europea, nel rispondere ai due conflitti, adotta approcci differenti basati sulle caratteristiche uniche di ciascuna situazione. Questa scelta non è indice di un doppio standard ingiusto, ma piuttosto di un adattamento alle peculiarità geopolitiche, legali ed etiche.
Nel caso dell’Ucraina, il sostegno europeo è giustificato dall’urgenza di difendere la stabilità dell’Ucraina, fondamentale per la sicurezza dell’Europa stessa, e i principi del diritto internazionale contro un’aggressione diretta da parte della Russia.
Dall’altra parte, il conflitto medio-orientale presenta una complessità storica e politica che richiede un approccio diverso. L’Unione Europea deve bilanciare le sue relazioni diplomatiche con Israele, nella consapevolezza che si tratta dell’unica democrazia della regione, e il sostegno ai diritti dei palestinesi.
L’adozione di una posizione unica e inflessibile rischierebbe di compromettere le relazioni e la capacità dell’Europa di mediare con il mondo arabo, un rapporto per noi fondamentale e strategico con chi vive sull’altra sponda del “nostro” Mediterraneo.
Anche considerando la necessità di Israele di difendersi da minacce come quelle provenienti dall’Iran, il paragone con l’Ucraina risulta improprio. La sfida israeliana è strettamente legata a dinamiche regionali complesse, che coinvolgono rivalità geopolitiche, scontri religiosi e la lotta per l’egemonia nel Medio Oriente.
Sebbene Israele abbia legittime preoccupazioni per la sua sicurezza, queste non possono essere direttamente equiparate al tipo di invasione militare su vasta scala subita dall’Ucraina.
Bene quindi che l’Unione Europea, in questo contesto, riconosca che l’approccio alle relazioni con Israele deve essere calibrato sulla base di considerazioni strategiche e sulla necessità di evitare un’escalation regionale, piuttosto che adottare un modello uniforme di supporto rispetto all’Ucraina.
I rischi di un paragone improprio per la causa ucraina
Paragonare la resistenza ucraina contro i russi alla guerra di Israele in Medio Oriente è un errore anche perché rischia di generare effetti controproducenti. Mentre la solidarietà verso l’Ucraina è generalmente condivisa da governi e opinioni pubbliche europee, quella verso Israele è molto più divisiva. Associando i due conflitti, si potrebbe compromettere l’ampio, ma sempre fragile, consenso costruito attorno alla causa ucraina, portando parte dell’opinione pubblica europea a disimpegnarsi o a vedere l’aiuto all’Ucraina sotto una luce più negativa.
Per gli europeisti che desiderano sostenere entrambe le cause, è fondamentale riconoscere queste dinamiche. Equiparare le due situazioni non tiene conto del contesto di opinione pubblica, in cui il conflitto israelo-palestinese evoca sentimenti di ingiustizia storica e disapprovazione per le politiche israeliane. Questo rischio di “contaminazione” percettiva potrebbe indebolire una posizione chiara e unitaria sull’aggressione russa e minare l’unità dell’Europa nel sostegno all’Ucraina.
Evitare paragoni diretti tra i due conflitti permette invece di preservare la forza della causa ucraina, focalizzandosi su un messaggio coerente e inequivocabile: la necessità di difendere il diritto internazionale e la sovranità degli stati contro un’aggressione palese.
Ogni guerra ha la sua storia: l’importanza di risposte calibrate
In conclusione, è fondamentale affrontare ogni conflitto nella sua specificità, riconoscendo che le dinamiche storiche, politiche e culturali che li caratterizzano richiedono un’analisi approfondita e distinta. La scelta dell’Unione Europea di adottare approcci differenti non è un segno di incoerenza, ma una risposta pragmatica e calibrata alle diverse realtà dei due conflitti. Adattarsi alle circostanze specifiche di ciascun caso è essenziale per promuovere soluzioni sostenibili e giuste.