I dazi di Trump e le uova del contrabbando messicano

Questo mese, negli Stati Uniti, il prezzo di una dozzina di uova ha superato gli 8 dollari, complice la pandemia di influenza aviaria in corso. Una somma proibitiva per gran parte delle famiglie americane, in un Paese in cui si consuma la cifra monstre di circa 290 uova a persona ogni anno. L’emergenza, apparentemente in miglioramento, ha indotto una scarsità di uova senza precedenti, con scene di guerra nei supermercati, dove vengono affissi cartelli per segnalare il razionamento dell’alimento prediletto dagli americani per la prima colazione. Per alleviare la crisi, il Dipartimento per l’Agricoltura statunitense si è visto costretto a inviare richieste di aiuto alle associazioni di categoria dei produttori in Paesi quali Danimarca, Turchia e Corea del Sud.
Contrabbando: la nuova gallinella dalle uova d’oro della criminalità
Con una quantità di polli morti o abbattuti per il virus che ha superato quota 100 milioni dal 2022, la scarsità di pollame idoneo al consumo ha recentemente colpito anche il Messico, che ne importa circa il 22% da USA e Brasile, dando luogo a crolli dell’offerta e aumenti di prezzo simili, in percentuale, a quelli verificatisi a nord del confine. Ciò non è bastato ad arginare l’inedito fenomeno del contrabbando di uova messicane in direzione di Washington, alla luce di prezzi che rimangono comunque pari a un terzo di quelli praticati negli USA. Per dare una misura del fenomeno, a El Paso, da inizio anno, gli agenti della polizia di frontiera hanno fermato più di 90 contrabbandieri di uova. Come riporta il Wall Street Journal, infatti, il sequestro di prodotti avicoli introdotti illegalmente nel Paese è aumentato del 36% da ottobre su base nazionale, con picchi del 54% al confine con il Texas e addirittura del 100% a San Diego.
“Ciò dimostra a cosa sono disposti i consumatori pur di combattere l’inflazione”, chiosa il quotidiano newyorkese. Una constatazione che suona come un presagio, poiché, dal 2 aprile, quegli stessi consumatori avranno una ragione persino più valida dell’aviaria per ricorrere al contrabbando: i dazi al 25% imposti a Messico e Canada da Donald Trump. Ogni anno, infatti, il Messico esporta quasi 600 miliardi di dollari di beni, di cui addirittura l’80% è diretto a nord del confine; cifre e percentuali che si equivalgono a quelle dell’export canadese verso Washington. Il Paese del Centroamerica è anche lo Stato da cui gli USA importano più alimenti e prodotti agricoli, per una cifra che supera i 6 miliardi di dollari l’anno solo in verdure. Interpellato da Foreign Policy, l’economista Gary Hufbauer sostiene che, con i dazi al 25%, si verificherebbe un aumento quasi immediato dei prezzi dei prodotti alimentari correlati “di pari passo con le tariffe”: rincari, dunque, pari a un quarto del prezzo attualmente praticato su verdure estremamente diffuse come pomodori, avocado e peperoni.
Dal fentanyl agli avocado, dalla cocaina ai peperoni
Se gli americani sono disposti a correre rischi con la Custom and Border Protection per ovviare a un problema che, al momento, riguarda solo le uova, figuriamoci quando, dal 2 aprile, l’inflazione indotta dai dazi colpirà gran parte dei prodotti da servire a tavola. Dall’altro lato del confine, come noto, attendono orde di organizzazioni criminali, cartel e coyotes pronti a fare incontrare domanda e offerta – indifferentemente che si tratti di narcotici, sostanze chimiche, medicinali assunti a scopo ricreativo come il fentanyl o verdure. L’organizzazione, d’altronde, è ben rodata da decenni, e non stupirebbe il rinvenimento di tunnel sotterranei in cui, insieme alla cocaina, attraversino il confine partite di avocado.
In definitiva, la miopia e la furia protezionista di Trump sono destinate a favorire quella stessa criminalità organizzata che il tycoon sostiene di voler combattere, persino allargandone il giro d’affari e la sfera d’influenza. Conseguenze non intenzionali del dirigismo economico, le definirebbe Friedrich Von Hayek. A rimetterci, puntualmente, sono i consumatori, costretti a scegliere tra merci legali ma dal costo insostenibile e merci illegali e più economiche ma non sottoposte a controlli igienico-sanitari, fondamentali per garantire la sicurezza degli alimenti. Scelta curiosa, per un Presidente che ha appena vinto le elezioni cavalcando il malcontento dell’inflazione.
