I liberali schiacciati tra putinismo ed europeismo: come rilanciarsi?
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Le elezioni tedesche e quelle di altre nazioni europee hanno recentemente messo in evidenza una tendenza: i partiti liberali classici fanno sempre più fatica a trovare spazio in un panorama politico polarizzato tra forze vicine al putinismo e sostenitori di un deciso europeismo. Questa contrapposizione, che tocca non solo le scelte di politica estera, ma anche l’idea stessa di democrazia e di integrazione continentale, sta spingendo i cittadini verso opzioni percepite come più “chiare” o “forti”, schiacciando le posizioni intermedie. Ma da cosa deriva questa crisi del liberalismo classico? E quali sono le prospettive per il futuro dei liberali in Europa?
Una polarizzazione crescente
In molti Paesi dell’Unione, la contrapposizione politica tende a strutturarsi attorno a una scelta binaria: da un lato, chi sostiene convintamente l’integrazione europea e immagina un’Unione più coesa; dall’altro, chi vorrebbe recuperare elementi di sovranità nazionale, talvolta spingendosi fino a mettere in discussione i pilastri del progetto europeo. Quest’ultima visione, in diversi casi, è anche alimentata o incoraggiata dal regime di Vladimir Putin, che da anni conduce una strategia di influenza e destabilizzazione nella politica interna dei Paesi UE.
In questo quadro, i partiti liberali classici faticano a distinguersi. Pur essendo per definizione parte del fronte europeista, sembrano meno attraenti rispetto a forze che propongono messaggi più diretti, facendo leva sulle emozioni. Sia nel campo europeista (dove prevalgono visioni pragmatistiche o più popolari), sia in quello nazionalista (talvolta ostile all’UE), i liberali rischiano di diventare marginali, percepiti come troppo tecnocratici o elitari.
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Il caso della Germania
La Germania offre un esempio paradigmatico di questo processo. Lì, gli elettori hanno premiato i partiti che offrivano risposte nette: da un lato, la CDU/CSU in chiave europeista e moderata; dall’altro, l’AfD, che cavalca il malcontento nei confronti dell’Unione. I liberali dell’FDP, pur essendo tradizionalmente riconosciuti per competenza e serietà sui temi economici, hanno visto ridimensionare il loro peso elettorale. Vittima di una logica di “voto utile” e associati a un governo giudicato impopolare, il loro liberalismo economico e istituzionale appare poco incisivo in un clima carico di tensioni.
Uno sguardo all’Europa
La Germania, tuttavia, non è un caso isolato. Diversi Paesi del continente evidenziano la stessa dinamica. I partiti liberali, spesso riuniti nel gruppo Renew Europe al Parlamento Europeo, sono in crisi o in forte ridimensionamento:
- Francia: Renaissance, il partito fondato da Emmanuel Macron, ha subito un netto calo di consensi alle legislative del 2024. Schiacciato tra un fronte di sinistra compatto e la destra di Marine Le Pen, il liberalismo centrista di Macron fatica a mantenere il ruolo di ago della bilancia.
- Italia: Il centro liberale è frammentato in piccole forze, schiacciate da sistemi elettorali che rendono difficile o comunque incoerente la loro adesione alle coalizioni pre-elettorali maggiori, e vittime del voto utile indotto da tali sistemi.
- Paesi Bassi: D66, forza liberale storicamente forte e fortemente europeista, ha perso appeal rispetto al passato, complice la crescita di formazioni più radicali o maggiormente focalizzate su temi identitari.
- Spagna: Ciudadanos, che qualche anno fa sembrava destinato a contendere il primato a Socialisti e Popolari, è pressoché scomparso dalla scena politica. La polarizzazione tra PSOE e PP (con l’aggiunta di forze regionaliste e dell’estrema destra di Vox) non lascia grande spazio a un’area centrista.
- Polonia e Ungheria: qui, più che mai, l’opzione liberale è marginale. Il dibattito politico verte sullo scontro con Bruxelles in tema di diritti civili e Stato di diritto, mentre l’elettorato cerca partiti in grado di garantire “protezione” piuttosto che un’integrazione europea ulteriore.
Le ragioni della marginalizzazione
Dietro questa tendenza si possono individuare diversi fattori comuni:
- Erosione del centro politico: la polarizzazione spinge gli elettori verso posizioni più marcate, che promettono risposte immediate a problemi concreti (immigrazione, crisi economica, mutamenti sociali). I liberali, posti su un terreno mediano, appaiono meno capaci di suscitare l’entusiasmo di una fetta di elettorato sempre più ansiosa.
- Crisi del modello economico liberale: le conseguenze della globalizzazione, le crisi energetiche e l’inflazione successiva alla pandemia hanno eroso la fiducia nell’idea di un libero mercato che produca benessere diffuso. In Germania, l’FDP ha pagato il prezzo di un’economia in difficoltà, non riuscendo a convincere di avere la ricetta giusta per il rilancio.
- Europeismo sotto pressione: sebbene in alcuni Paesi le forze pro-UE mantengano consensi elevati, l’idea di un europeismo “puro” e tecnocratico fatica a convincere chi chiede politiche sociali ed economiche più protettive. Partiti come la CDU/CSU in Germania o i Popolari in altri Paesi riescono a declinare l’europeismo in chiave meno astratta, assorbendo parte dell’elettorato liberale.
- Competizione interna all’area europeista: i Verdi, con la loro forte spinta su temi ambientali e sociali, e le forze moderate di centrodestra stanno erodendo consensi ai liberali. Questi ultimi faticano a proporre un messaggio distintivo, che vada oltre la difesa dell’integrazione e dei valori liberali tradizionali.
Le implicazioni per la democrazia europea
L’arretramento dei partiti liberali classici può avere effetti profondi sul funzionamento della democrazia europea. Questi partiti hanno spesso svolto un ruolo di “cerniera”, promuovendo il dialogo e la moderazione, sia nelle coalizioni di governo sia nel Parlamento europeo. La loro debolezza potrebbe tradursi in una polarizzazione ulteriore, impoverendo il dibattito di voci equilibrate e pragmatiste. Inoltre, l’assenza di un contrappeso liberale potrebbe rafforzare la contrapposizione frontale tra chi si oppone radicalmente all’Unione e chi la difende a tutti i costi, rendendo più difficile il raggiungimento di compromessi necessari a un’efficace governance continentale.
Possibili vie per il rilancio
Nonostante i segnali non siano incoraggianti, il destino dei liberali classici non è inevitabilmente segnato. Alcune azioni potrebbero contribuire a invertire la tendenza:
- Rinnovamento del messaggio: i liberali devono declinare i propri valori tradizionali (libertà individuale, libero mercato, diritti civili) rispondendo alle esigenze del presente, come la sicurezza economica, la transizione energetica e la gestione dei flussi migratori. È fondamentale parlare con chiarezza ai cittadini delle sfide reali, mostrando soluzioni concrete anziché ricette percepite come ideologiche.
- Alleanze strategiche: stringere accordi con altre forze politiche moderate potrebbe aiutare a scongiurare l’irrilevanza e a incidere meglio nelle istituzioni. In un sistema politico frammentato, allearsi non significa per forza rinunciare alla propria identità, ma piuttosto garantirsi una maggiore capacità di influire sulle scelte di governo.
- Più empatia e meno tecnocrazia: il liberalismo classico rischia di apparire distaccato, se non riesce a tradurre le sue idee in risposte tangibili ai problemi quotidiani. Comunicare con maggiore empatia – senza rinunciare al rigore – può rendere il discorso liberale più accessibile e vicino alle persone.
- Evitare l’eccessiva identificazione con governi impopolari: come nel caso dell’FDP in Germania, stare al governo durante fasi critiche può logorare il consenso. È necessario saper negoziare limiti e priorità, riuscendo a mostrare risultati concreti per l’elettorato di riferimento.
Conclusioni
Il liberalismo classico si trova di fronte a una sfida complessa. Da un lato, la spinta del putinismo e delle forze sovraniste disgrega il tessuto europeista. Dall’altro, il campo europeista stesso si frammenta tra forze di centrodestra, socialdemocratiche, ecologiste e populiste progressiste, che sanno intercettare le paure e le aspirazioni degli elettori in modo più emotivo. Per i liberali, la posta in gioco è alta: il rischio non è soltanto l’irrilevanza, ma anche il venir meno di un pilastro essenziale del pluralismo politico europeo.
La buona notizia è che uno spazio esiste ancora, soprattutto in un continente che storicamente ha fatto del liberalismo uno dei suoi riferimenti chiave. Ma per riconquistarlo, i partiti liberali devono rinunciare a un certo tecnicismo astratto e dimostrare la capacità di affrontare le urgenze del nostro tempo: crisi economiche, emergenze climatiche, migrazioni e sicurezza. Se riusciranno a rinnovarsi e a proporre soluzioni concrete, potranno tornare a essere un punto di equilibrio nel dibattito pubblico europeo, contribuendo a temperare la polarizzazione e a rafforzare la qualità della democrazia. Altrimenti, rischiano di rimanere schiacciati in un confronto dove vince chi urla più forte, e dove il valore della moderazione – uno dei cardini storici del progetto europeo – rischia di sbiadire in secondo piano.