I nostri dodici riferimenti: radici profonde per un’Europa che sogna e osa
Ogni grande progetto nasce dall’incrocio di radici e orizzonti. Le radici sono ciò che ci tiene ancorati alla storia; gli orizzonti sono i sogni, l’impulso che ci spinge avanti. Per L’Europeista abbiamo scelto dodici nomi, dodici figure che, come pietre miliari, scandiscono il cammino di un’Europa in cerca di sé stessa. Alcuni appartengono alla realtà storica, altri alla dimensione immaginaria, ma tutti condividono una qualità: la tensione verso ciò che è universale e irriducibile, umano.
Guglielmo da Baskerville
Guglielmo da Baskerville, il frate protagonista de Il Nome della Rosa che Umberto Eco ha voluto razionalista e scettico, si aggira tra le pagine del passato con la calma di chi sa che la verità non è mai definitiva, né comoda. Lo usiamo come simbolo e sintesi dei veri pensatori francescani del XIII secolo, che tanto hanno contribuito all’evoluzione del pensiero liberale, del metodo scientifico e dell’umanesimo rinascimentale. La biblioteca polverosa dell’Abbazia, in cui Guglielmo si lascia assorbire, non è forse una metafora dell’Europa? Un continente che deve imparare a vivere nel dubbio senza mai smettere di cercare.
Ulisse
E poi c’è Ulisse, l’eroe della curiosità. Nel canto XXVI dell’Inferno, Dante lo rende simbolo del desiderio di superare ogni confine, di spingersi oltre le colonne d’Ercole. Ulisse non è soltanto l’avventuriero, è l’incarnazione di un’Europa che non si accontenta, che vuole scoprire l’ignoto anche a rischio di perdersi.
Marie Skłodowska-Curie (1867–1934)
Marie Skłodowska-Curie, invece, non ha bisogno di miti. La sua vita è una dimostrazione di come la conoscenza possa scardinare il destino. Polacca in Francia, donna in un mondo dominato dagli uomini, ha saputo rendere la scienza universale. Non era forse un’altra forma di viaggio, il suo? Un viaggio nel mistero dell’atomo, che ha aperto porte che l’umanità non aveva mai varcato.
Anna Frank (1929–1945)
Ma non tutti i viaggi portano alla scoperta. A volte, come ci ricorda Anna Frank, portano al silenzio. Chiusi in una stanza, il mondo si restringe a pochi metri quadrati, eppure la sua scrittura ci parla di un’Europa intera, delle sue contraddizioni e del suo fallimento. Anna non ci chiede di guardare avanti, ma indietro, al peso insostenibile della nostra memoria collettiva.
Hannah Arendt (1906-1975)
E dalla memoria nasce il pensiero. Hannah Arendt lo sapeva bene: pensare è un atto morale. La sua riflessione sulla banalità del male è anche un ammonimento per l’Europa. La democrazia non è mai al sicuro, e il pensiero critico è l’unica difesa contro la tentazione dell’indifferenza.
Otto Lilienthal (1848-1896)
Ci sono, poi, i visionari. Otto Lilienthal, l’uomo che ha osato volare, ci ricorda che l’audacia è il cuore del progresso e dell’innovazione. Con le sue planate sui prati tedeschi, ha dimostrato che la gravità non è solo una legge fisica, ma una sfida. L’Europa di oggi può e deve riprendere a sfidare le leggi della fisica, della chimica e della biologia, riprendendo quel meraviglioso cammino che l’ha resa per secoli il continente delle scoperte e delle novità.
Adriano Olivetti (1901-1960)
Allo stesso modo, Adriano Olivetti immaginava un’Europa diversa, fatta di comunità, non di consumatori. La sua idea di impresa era un microcosmo di equità e innovazione, un laboratorio sociale. In lui convivono tecnologia e umanità, due forze che l’Europa di oggi deve imparare a conciliare.
Jan Palach (1948-1969)
Ma l’Europa non è solo invenzione. È anche ribellione. Jan Palach, con il suo sacrificio, ci ricorda che la libertà non è mai scontata. La sua immolazione, un atto estremo, ha acceso una luce nel buio della Cecoslovacchia occupata. È una ferita che ancora brucia, ma che ci obbliga a interrogarci sul prezzo della democrazia.
Olympe de Gouges (1748-1793)
A ribellarsi, in modo diverso, fu anche Olympe de Gouges, che con La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1791 sfidò l’ipocrisia del suo tempo. Morì sulla ghigliottina, ma le sue idee sopravvissero, anticipando di secoli il femminismo. La sua lotta per l’uguaglianza è una lezione per un’Europa che deve ancora imparare a bilanciare i diritti e il potere.
Simone Veil (1927-2017)
E c’è il coraggio, quello che Simone Veil incarnò nella sua vita. Sopravvissuta ai campi di concentramento, diventò la prima presidente del Parlamento europeo, portando con sé la forza di una visione: un’Europa unita non per convenienza, ma per dignità e giustizia. Simone ci ricorda che la politica non è solo negoziazione, ma anche etica.
Gabrielė Petkevičaitė-Bitė (1861-1943)
Poi c’è il tempo della quotidianità, delle piccole battaglie che cambiano il mondo. Gabrielė Petkevičaitė-Bitė, scrittrice e attivista lituana, ci insegna che il progresso non è fatto solo di grandi gesti, ma di sforzi costanti. La sua lotta per i diritti delle donne e per l’educazione è una testimonianza di resilienza, di quella forza discreta che costruisce le fondamenta della civiltà.
Winston Churchill (1874-1965)
Infine, Winston Churchill ci ricorda che, a volte, servono parole grandi per affrontare grandi sfide. Durante la Seconda guerra mondiale, immaginò un’Europa come “famiglia”. Non un’utopia, ma un progetto concreto per superare le divisioni. È un invito, ancora oggi, a pensare in grande.
Frammenti di un mosaico chiamato Europa
Questi dodici nomi non sono semplici figure. Sono frammenti di un mosaico che racconta l’Europa come idea, tensione, paradosso. Guglielmo e Ulisse, Anna e Winston, Gabrielė e Otto, Adriano e Hannah, Marie e Simone, Jan e Olympe. Un’Europa che non ha paura di dubitare, ricordare, osare. Un’Europa che non si accontenta. Un’Europa che, come nei romanzi di Milan Kundera, vive sospesa tra il peso del passato e la leggerezza del futuro. Sta a noi decidere se trasformare quel peso in un’opportunità per volare.