Il Competitiveness Compass della Commissione UE: una sintesi ragionata
Il Competitiveness Compass dell’UE è appena stato lanciato dalla Commissione. Come sempre, si tratta di un documento di policy dall’aspetto noioso, denso e tecnico, pieno di riferimenti normativi, target quantitativi e roadmap strategiche. Ma non fatevi ingannare dall’apparenza burocratica: se letto con attenzione, emergono temi cruciali per il futuro economico dell’Europa.
Qui su L’Europeista proviamo distillare la sua essenza in modo chiaro e incisivo.
Ci piace senza dubbio il focus su produttività, innovazione, resilienza e competitività. E soprattutto, ci ha colpito un annuncio particolarmente ambizioso: la Commissione Europea vuole proporre già nel 2025 un “28° regime” per una nuova entità giuridica paneuropea. Un progetto enorme, che coinvolge decine di Stati, stakeholder, gruppi di interesse e regolatori. E vogliono farlo quest’anno. Per gli standard della politica, questa è una velocità impressionante. Ce la faranno? Buona fortuna, perché ne abbiamo davvero bisogno. Ma andiamo con ordine.
1. Europa in declino? La diagnosi del Competitiveness Compass
Il messaggio principale del Competitiveness Compass è chiaro: l’Europa sta perdendo terreno nella competizione globale. Negli ultimi vent’anni, il tasso di crescita della produttività dell’UE è stato inferiore a quello di Stati Uniti e Cina. Questo divario con gli USA e la Cina si sta allargando su più fronti, a partire dall’innovazione tecnologica e dai finanziamenti alle imprese.
- Il capitale di rischio disponibile per le startup europee è solo il 5% di quello globale, contro il 52% degli Stati Uniti e il 40% della Cina.
- Solo un terzo dei brevetti registrati dalle università europee viene commercializzato con successo, segno di un’innovazione bloccata che fatica a tradursi in prodotti e servizi di mercato.
- L’UE soffre di un deficit strutturale di R&S (ricerca e sviluppo) rispetto alle aree più dinamiche del mondo: le imprese europee investono meno rispetto ai settori tech statunitensi e asiatici.
A questi fattori si sommano le barriere regolatorie interne e la crescente frammentazione del mercato unico. Il commercio tra Stati membri è sceso al 23,8% del PIL per i beni e al 7,6% per i servizi, segnale che, nonostante l’Unione doganale, esistono ancora ostacoli significativi all’integrazione. Inoltre, le startup incontrano difficoltà a “scalare” a livello europeo, mentre i mercati finanziari dell’UE restano troppo dipendenti dalle banche e poco sviluppati sul versante dei capitali di rischio.
Sul fronte dell’energia, uno dei nodi cruciali, l’industria europea paga l’energia più cara del mondo, con costi decisamente più elevati rispetto a competitor globali come gli USA. Questo acuisce i rischi di deindustrializzazione per i settori ad alta intensità energetica (acciaio, metalli, chimica, automotive) e ne riduce la competitività sui mercati internazionali.
Come ha avvertito Mario Draghi nel suo recente rapporto, se l’Europa non cambia rotta rischia di trovarsi su un sentiero di declino economico lento e inesorabile. Ed è proprio per questo che il Competitiveness Compass propone tre grandi direttrici strategiche.
2. Le soluzioni: innovazione, energia e sicurezza economica
Il Competitiveness Compass indica tre grandi strategie per rilanciare la competitività europea:
- Colmare il divario dell’innovazione – Creare un ecosistema che favorisca la crescita delle startup e l’accesso ai capitali di rischio.
- Unire decarbonizzazione e competitività – Fare della transizione ecologica un motore di crescita, abbassando i costi dell’energia e premiando chi investe in tecnologie pulite.
- Ridurre le dipendenze e rafforzare la sicurezza economica – Diversificare le catene di approvvigionamento per evitare la vulnerabilità dell’industria europea alle crisi globali.
A queste tre macro-strategie si affiancano proposte più specifiche. Una di queste è la creazione di un nuovo 28° regime: un’entità giuridica paneuropea che consenta alle imprese di operare con un’unica normativa, bypassando la complessità delle 27 legislazioni nazionali. In teoria, sarebbe una vera rivoluzione burocratica, perché ridurrebbe drasticamente i costi e i tempi di adeguamento normativo per le aziende innovative.
Tuttavia, la frammentazione dei mercati finanziari e la diversità dei quadri regolatori rimangono ostacoli difficili da superare. La roadmap della Commissione prevede di formalizzare la proposta entro la fine del 2025 o l’inizio del 2026: un test per capire se l’Europa è davvero in grado di agire con rapidità ed efficacia.
Il documento affronta anche il capitolo della politica industriale e della sicurezza economica. Dopo la pandemia e con le tensioni geopolitiche in crescita, la Commissione segnala il rischio di “weaponization” delle dipendenze strategiche, come la fornitura di semiconduttori, farmaci e fertilizzanti. Per questo, propone di rafforzare i meccanismi di difesa commerciale, rivedendo anche il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) per scongiurare fenomeni di dumping e tutelare le industrie europee.
Il 28° regime: rivoluzione burocratica o utopia?
Uno dei passaggi più ambiziosi del Competitiveness Compass resta la creazione di un 28° regime per un’entità giuridica paneuropea. L’idea è semplice e rivoluzionaria: dare alle imprese innovative la possibilità di operare in tutta l’UE con un’unica normativa, senza doversi districare tra le 27 legislazioni nazionali.
In teoria, questo potrebbe essere un punto di svolta per le startup e le aziende in crescita, facilitando gli investimenti e riducendo i costi burocratici. Ma riuscirà la Commissione a convincere tutti gli Stati membri ad adottare un sistema parallelo alle loro leggi nazionali? La roadmap prevede che la proposta venga formalizzata entro la fine del 2025 o l’inizio del 2026. Un test cruciale per capire se l’Europa può ancora agire con rapidità ed efficacia.
4. Energia: il tallone d’Achille dell’industria europea
Come anticipato, i costi energetici incidono in modo decisivo sulla competitività dell’industria europea. Il Competitiveness Compass annuncia un Affordable Energy Action Plan che mira a ridurre i prezzi e a investire in reti più efficienti, proponendo:
- Accelerare l’integrazione del mercato energetico europeo, riducendo le barriere tra i Paesi membri.
- Incentivare l’elettrificazione dell’industria con politiche fiscali mirate.
- Investire nelle reti e nelle batterie di accumulo per stabilizzare la produzione da rinnovabili.
- Ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, puntando su energia nucleare e idrogeno verde.
Oggi, il 65% dell’energia europea proviene ancora da fonti fossili, esponendo l’Europa a shock geopolitici e alla volatilità dei prezzi. Il documento sottolinea la necessità di aumentare gli investimenti in infrastrutture energetichecome reti elettriche intelligenti, sistemi di accumulo e tecnologie innovative (ad esempio l’idrogeno verde). Ma è anche consapevole che questi interventi daranno risultati solo nel medio-lungo termine, mentre le aziende europee hanno bisogno di soluzioni immediate per arginare il rischio di deindustrializzazione.
In particolare, i settori ad alta intensità energetica (acciaio, metalli, chimica, automotive) sono i più colpiti. Il Competitiveness Compass cita la necessità di un dialogo strategico specifico con l’industria automobilistica, chiamata a fronteggiare la transizione elettrica, la sfida delle batterie e la futura competizione sui semiconduttori.
5. La competizione globale e il ruolo dell’Europa
Il documento insiste anche sulla necessità di rafforzare la sicurezza economica dell’UE. Le misure prevedono:
- Nuovi accordi commerciali con partner strategici (Mercosur, Messico, Stati Uniti, Giappone).
- Rafforzare la produzione interna di materie prime critiche, riducendo la dipendenza dalla Cina attraverso il riciclo, l’innovazione e nuovi investimenti in miniere e processi di raffinazione.
- Difendere l’industria europea dalla concorrenza sleale con meccanismi di difesa commerciale più incisivi.
- Investire nella sicurezza e nella difesa, con una proposta di White Paper on the Future of European Defence per promuovere la produzione interna e la ricerca sulle tecnologie dual-use.
Il rapporto con la Cina resta un tema delicato. L’UE accusa Pechino di sovvenzionare eccessivamentela propria industria high-tech e di conquistare i mercati globali in modo aggressivo. In risposta, Bruxelles ipotizza controlli più stretti sugli investimenti esteri e un utilizzo mirato dei dazi anti-dumping, nella speranza di evitare una pericolosa dipendenza strategica.
6. Riforme del mercato del lavoro e della formazione
Un altro capitolo significativo del Competitiveness Compass è dedicato alle riforme del mercato del lavoro e all’esigenza di una forza lavoro adeguata alle sfide tecnologiche. Il documento sottolinea che il 79% delle PMI europeesegnala difficoltà a trovare lavoratori con competenze adeguate. La carenza di manodopera qualificata rallenta la crescita delle imprese e impedisce di cogliere appieno le opportunità della transizione digitale e verde.
La Commissione propone dunque una “Unione delle competenze”, per aumentare gli investimenti in formazione, incentivare i percorsi STEM e favorire l’ingresso di talenti dall’estero. In un continente segnato dal declino demografico e dall’invecchiamento della popolazione, diventa cruciale migliorare l’inclusione di giovani, donne e lavoratori anziani, nonché promuovere politiche migratorie selettive e orientate alle competenze.
7. Finanziamenti e investimenti: una sfida da 800 miliardi l’anno
Per realizzare le diverse azioni delineate nel Competitiveness Compass, serviranno risorse ingenti. Il rapporto Draghi stima che occorrano 750-800 miliardi di euro all’anno fino al 2030 per modernizzare l’economia europea e sostenerne la doppia transizione (green e digital).
- Servono capitali privati, da attrarre grazie a mercati finanziari più integrati e dinamici.
- Bisogna potenziare l’accesso ai fondi UE esistenti e migliorare la capacità di spesa degli Stati membri.
- È allo studio la creazione di un nuovo “Competitiveness Fund”, un fondo europeo destinato a sostenere gli investimenti strategici in tecnologia, infrastrutture e ricerca.
L’obiettivo è colmare il deficit di finanziamento che oggi limita la transizione verde e digitale, mantenendo al contempo la sostenibilità dei bilanci pubblici. Un equilibrio non facile da trovare, ma cruciale per non perdere ulteriore terreno rispetto ad altre grandi potenze economiche.
8. Riuscirà l’Europa a cambiare marcia?
Il Competitiveness Compass è pieno di buone idee, ma il vero problema resta la capacità di esecuzione. La Commissione riconosce che il processo decisionale europeo è troppo lento e promette di semplificare la regolamentazione per accelerare gli investimenti.
Il caso del 28° regime sarà il primo banco di prova: se l’UE riuscirà a creare questa nuova entità giuridica nel 2025, sarà la dimostrazione che può ancora innovare e competere. In caso contrario, resteremo impantanati nei soliti compromessi e burocrazie.
Resta anche da vedere se gli Stati membri saranno disposti a cedere ulteriori quote di sovranità su temi delicati come fisco, diritto societario, contratti e accesso ai capitali. Il rischio è che il progetto naufraghi tra visioni nazionali divergenti e pressioni interne.
Il messaggio finale, tuttavia, è chiaro: l’Europa ha ancora una chance di essere protagonista nell’economia globale, ma deve dimostrare di saper agire con rapidità ed efficacia. Altrimenti, il Competitiveness Compass rischia di rimanere l’ennesima lista di buone intenzioni. E il declino economico, che ora sembra una possibilità, potrebbe diventare una realtà sempre più concreta.