Il pessimo semestre di presidenza Orbán mette a nudo i limiti UE: serve riforma radicale
Il semestre di presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione Europea, sotto la guida di Viktor Orbán fino al 31 dicembre 2024, non sarà ricordato per i progressi europei, ma per la confusione che ha creato. Orbán ha trasformato quello che dovrebbe essere un ruolo di coordinamento in una vetrina per la sua agenda politica nazionale, lasciando l’Unione intrappolata tra inefficienza e divisioni. È tempo di dire basta: l’UE non può più permettersi di funzionare con meccanismi lenti e fragili che favoriscono ostruzionismi e agende personali.
Un’architettura obsoleta che rallenta l’Europa
Il funzionamento dell’UE è costruito su un fragile equilibrio tra interessi nazionali e sovranazionali. Tra le sue istituzioni principali, spiccano:
- Consiglio dell’Unione Europea: Composto dai ministri dei governi nazionali, co-legisla con il Parlamento Europeo. La sua presidenza, affidata a rotazione semestrale, riflette troppo spesso le priorità di chi la detiene, con risultati discontinui e poco coerenti.
- Parlamento Europeo: L’unico organo eletto direttamente dai cittadini, ma ancora limitato nei poteri legislativi, che condivide con il Consiglio.
- Commissione Europea: L’organo esecutivo, che propone leggi e garantisce il rispetto dei trattati, ma con un ruolo spesso troppo tecnico e distante dal dibattito pubblico.
- Consiglio Europeo: I leader degli Stati membri definiscono qui le priorità politiche, guidati da un presidente stabile.
Questa architettura, pur bilanciando gli interessi nazionali, crea un sistema decisionale lento e frammentato, dove le priorità europee rischiano di essere sacrificate sull’altare delle agende nazionali.
Il disastroso semestre di Orbán
Il semestre ungherese ha offerto una prova tangibile di quanto questo sistema possa essere inefficace. Orbán ha sfruttato la presidenza come un palcoscenico per i suoi obiettivi politici, spesso in aperto contrasto con i valori dell’UE e soprattutto con gli interessi economici e di sicurezza dei cittadini europei.
- Incontri segreti con Putin: Orbán ha incontrato Vladimir Putin senza consultare gli altri leader europei, in piena guerra in Ucraina. Un colpo all’unità dell’Unione e un regalo per il Cremlino.
- Tensioni con le istituzioni europee: La Commissione Europea e il Parlamento hanno più volte criticato l’Ungheria per il mancato rispetto dello stato di diritto. Ursula von der Leyen ha addirittura evitato alcuni eventi sotto la presidenza ungherese, in segno di dissenso.
- Blocchi e ostruzionismi: Durante il semestre ungherese, Budapest ha rallentato decisioni cruciali, come le misure di solidarietà energetica, rendendo evidente quanto l’UE sia ostaggio del veto di pochi.
Riformare l’UE: tre cambiamenti essenziali
Il semestre di Orbán ha messo a nudo una verità scomoda: il modello attuale non funziona. L’Europa ha bisogno di cambiamenti radicali per affrontare le sfide globali con coerenza ed efficacia.
Dire addio all’unanimità
L’unanimità nelle decisioni del Consiglio è una delle principali fonti di paralisi nell’UE. Ogni Stato membro può bloccare le decisioni più strategiche, spesso usando il veto come leva politica per ottenere concessioni su altre questioni.
Abolire l’unanimità, sostituendola con il voto a maggioranza qualificata:
- Renderebbe l’UE più agile e reattiva.
- Ridurrebbe il potere di ricatto di singoli governi.
- Consentirebbe di affrontare sfide comuni, come la politica energetica o le sanzioni internazionali, con maggiore coerenza.
Questa riforma, caldeggiata da molti leader europei, è il primo passo verso un’Europa più forte e capace di agire.
Un “capo del governo” per l’UE
L’Unione ha bisogno di una leadership chiara e riconoscibile, capace di rappresentarla con autorevolezza a livello globale e di guidarla con visione strategica. Questo potrebbe essere ottenuto:
- Fondendo le cariche di presidente della Commissione Europea e del Consiglio europeo.
- Introducendo un’elezione diretta da parte dei cittadini europei, per dare maggiore legittimità democratica.
Un “capo del governo” europeo supererebbe le divisioni istituzionali, garantendo una guida forte e unitaria.
Riformare il Consiglio dell’UE
In prospettiva, il Consiglio potrebbe o dovrebbe trasformarsi in un Senato europeo, composto da rappresentanti degli Stati membri, che condivida il potere legislativo con il Parlamento Europeo. Questo nuovo assetto:
- Creerebbe un sistema bicamerale più equilibrato.
- Rafforzerebbe il ruolo del Parlamento come rappresentante diretto dei cittadini.
- Garantirebbe maggiore coerenza tra gli interessi nazionali e le priorità europee.
Conclusione: un’Europa più forte, ora o mai più
La presidenza di Orbán non è stata solo un semestre deludente; è stata una lezione su ciò che l’UE non può più permettersi. Il sistema attuale, frammentato e vulnerabile, non è in grado di rispondere alle sfide globali con la velocità e l’unità necessarie.
Riformare l’Unione significa affrontare queste debolezze con decisione, dotandola di un governo forte, democratico e capace di agire. Significa mettere fine al veto che paralizza le decisioni comuni e trasformare le istituzioni in organismi rappresentativi ed efficaci. È il momento di fare un passo avanti, per un’Europa che non sia ostaggio delle sue debolezze, ma leader del futuro.