Il sogno non resti tale. Rendiamo vera l’Europa

La miglior risposta alle storture di Giorgia Meloni sul Manifesto di Ventotene l’ha data indubbiamente ieri sera Roberto Benigni, su Rai1. Non per questo dobbiamo abbandonarci alla solita autoreferenzialità europeista, a noi tocca rispondere con i fatti.
Alla Camera, durante le comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo, abbiamo assistito al tentativo, riuscito, del Presidente del Consiglio di dissuadere l’attenzione mediatica e politica dalla frammentazione in atto nella propria maggioranza in politica estera.
Bisognosa di compattare i suoi in qualche modo, Meloni ha concluso il suo intervento citando alcuni passaggi estrapolati disordinatamente dal Manifesto di Ventotene del 1941, al grido “questa non è la mia Europa!”.
La bagarre creata a quel punto dall’opposizione, amplificata dalla stampa, ha oscurato completamente la contrarietà della Lega al ReArmEU, già votato in Consiglio UE e Eurocamera da Meloni & co, così come le incongruenze della risoluzione di maggioranza.
Così facendo, il Presidente del Consiglio ha tatticamente spento sul nascere le intemperanze dei salviniani, superando la prova parlamentare tenendo un piede nella staffa filo-trumpiana e l’altro nella staffa riarmista.
La strategia, però, quasi mai tiene il passo alla storia, infatti il riferimento scomposto di Meloni al Manifesto di Spinelli e Rossi si è rivelato politicamente inopportuno e spurio, con il rischio concreto di divenire per lei controproducente.
E’ infatti innegabile che l’idea di società dei redattori del Manifesto di Ventotene avesse un retaggio collettivistico e socialista, ma l’intuizione storica di base per la quale è divenuto un simbolo non è certamente il marxismo, bensì l’idea di avviare un processo federativo europeo.
Meloni non si è limitata a un attacco politico, ma ha dissacrato un’icona fondativa del percorso di integrazione europea a cui lei stessa, con i voti, non si oppone.
La pronta risposta de “Il Sogno” di Benigni
Il tempismo è sembrato studiato, infatti ieri in prima serata su Rai1 e in Eurovisione è andato in onda il one-man show di Roberto Benigni, intitolato “Il Sogno”, incentrato sulla storia dell’Unione Europea. Le parole pronunciate in mattinata alla Camera, hanno involontariamente acceso ancora di più i riflettori sullo spettacolo, previsto da mesi, del due volte Premio Oscar.
L’attore toscano non ha deluso le aspettative, realizzando un magnifico racconto sul percorso di unione e il sogno europeo del Novecento. Da sottolineare la critica aperta alla premier rispetto alla scelta di decontestualizzare il Manifesto di Ventotene nella politica d’oggi, rafforzata dal parallelismo religioso con la Bibbia e alcuni suoi brani controversi.
Ora però superiamo l’Europeismo onirico, è il momento dei fatti
Di fronte alla bravura e all’acume teatrale di Benigni c’è solo da applaudire, ma noi veri europeisti non ci possiamo più permettere di fermare alla sola evocazione ideologica del concetto di Europa, dobbiamo impegnarci e lavorare pragmaticamente per rafforzarla.
Per troppi anni la politica italiana per convenienza, da destra e sinistra, si è abbandonata alla retorica del pensiero onirico europeista, in cui l’Europa viene descritta come un’entità ineffabile e asettica, completamente slegata da ogni contingenza politica.
Questo bias ha radici lontane nella crisi vissuta dal nostro paese negli anni 90, che ha spinto la nostra classe politica e la nostra opinione pubblica a promuovere l’adesione acritica dell’Italia al progetto europeo, dipinto come unica possibilità di ripresa.
Le conseguenze di questo atteggiamento sono visibili oggi più che mai, infatti, nell’individuare l’Europa come il perfetto espediente semantico volto alla propria de-responsabilizzazione, i nostri politici hanno originato il manicheismo tra chi vede l’Europa, in senso lato, come l’ideale benevolo a cui aspirare, o il male da cui fuggire.
Pertanto si è sempre parlato di “Europa”, che denotativamente non vuol dire niente, come un corpo etereo, senza mai soffermarsi sulle possibilità concrete di miglioramento ed evoluzione.
Non bisogna nuovamente compiere lo stesso errore di sempre, perciò se i Benigni e i Michele Serra vanno benissimo nel lato sofistico, su di noi grava l’onere di presidiare il campo pragmatico.
La compattezza europea serve come mai prima d’ora, per questo dobbiamo superare le velleità ideali che offuscano il dibattito ancora oggi e ragionare sulla costruzione pratica dell’UE, senza troppe sovrastrutture ideologiche.
I temi attuali sono la Difesa Comune e la competitività economica, seguiti dalla futuraintegrazione politico-istituzionale.
Non è questo il momento storico per rimanere nel campo delle idee europeiste benaltriste, gli elettori già hanno punito per questo, ma di prendere posizioni chiare su questi temi e sulla loro messa in pratica.
Necessitiamo dai nostri politici onestà e visione, perché in gioco non c’è solo il dibattito parlamentare o dei salotti buoni, ma il nostro futuro.
Anche per questo, vi aspettiamo a Roma il 12 Aprile, a “Europa Subito!”.
