Israele, ecco perché la tregua reggerà

Sharon Nizza, da Gerusalemme
16/01/2025
Frontiere

Domani il gabinetto di sicurezza si riunirà per approvare l’accordo di liberazione degli ostaggi e la tregua a Gaza, che verrà poi confermato dal governo. Il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha annunciato stasera che il suo partito Otzma Yehudit (una forza di estrema destra, ndr) si dimetterà se l’accordo verrà approvato (mantenendo una porticina aperta in quanto dice che non voterà per la caduta del governo in ogni caso)

Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich (leader del Partito Nazionale Religioso – Sionismo Religioso), invece, dovrebbe opporsi all’accordo, ma senza dimettersi. E questo quindi non impatta sulla tenuta parlamentare della maggioranza di governo.

Se pure Smotrich dovesse “sbarellare” (tra la prima e la seconda fase dell’accordo, cioè al 16mo dei 42 giorni su cui è spalmato), allora il leader dell’opposizione Yair Lapid ha già assicurato al governo Netanyahu una “rete di sicurezza” per far passare l’accordo.

Il cessate il fuoco dovrebbe entrare in vigore domenica alle 12:15pm, mentre in serata dovrebbero essere rilasciati i primi 3 ostaggi vivi (si parla di 3 donne, il che mi fa penare per i piccoli Bibas).

Verranno rilasciati dalle carceri israeliane circa 1700 prigionieri palestinesi, tra cui circa 300 ergastolani condannati per atti di terrorismo omicida. Questi verranno esiliati (Turchia, Algeria, Qatar…).

Tutto questo sempre salvo qualche imprevisto mediorientale (per esempio, se magari da qui alle 12:14 di domenica Hamas lancia qualche missile o Israele decide di provare a eliminare Mohammad Sinwar, fatti che potrebbero forse comportare ritardi). Ma il dado è tratto. L’inizio dell’accordo andrà in porto, in un modo o nell’altro. Trump non ha postato sui social a buffo.

Effetto collaterale: il governo israeliano entra nella fase dopoguerra (ergo: fine della coesione) e la prospettiva di crisi di governo o di elezioni anticipate comincia a sentirsi nell’aria. Staremo a vedere.