La Destra complottista sta unificando l’Europa. Senza saperlo.

La Destra complottista sta unificando l'Europa. Senza saperlo.
Emanuele Pinelli
04/02/2025
Poteri

Alzi la mano chi non si è imbattuto, almeno una volta, nel luogo comune secondo il quale i mass media del ‘900 (radio, cinema e televisione) avrebbero creato le identità nazionali. Nei libri di scuola viene presentato più come un fatto che come un’ipotesi.
Ora, alla luce di questo precedente, con il quale abbiamo tutti grande familiarità, perché nessuno si domanda se i social media del nuovo millennio stiano creando un’identità europea?

La risposta, forse, è che abbiamo erroneamente immaginato che la costruzione dell’identità europea sarebbe avvenuta per mano di chi aveva già dato all’Europa l’unità economica, seguita da quella larva di unità politica che ci ritroviamo al momento.

Ci aspettavamo, insomma, che le correnti culturali mainstream, come i cristiano-democratici, i socialisti, gli ambientalisti e i liberali, avrebbero trovato gli strumenti e le parole d’ordine per far sentire gli europei tutti uguali, dall’Irlanda fino a Cipro. Ci aspettavamo che i “media tradizionali”, gli stessi che avevano forgiato il senso di nazionalità, si mettessero adesso al lavoro per forgiare il senso di appartenenza europea.

L’aspettativa tradita dai media classici

La prima aspettativa è stata in parte soddisfatta. Pensiamo alla mobilitazione per sostenere l’Ucraina: da tre anni sta affratellando migliaia di europei di ogni provenienza, che si stanno scambiando le informazioni, stanno facendo circolare gli uni i testi degli altri, stanno importando le campagne che hanno visto funzionare altrove, e soprattutto stanno sentendo la difesa dell’Ucraina come un pilastro morale per qualsiasi cittadino del continente.

È uno sforzo trasversale rispetto alla lingua, all’affiliazione politica, al giudizio che viene dato su Bruxelles (non sempre generoso), alle idee sul futuro della Russia sconfitta (non sempre ingenerose), all’etica, ai gusti sessuali e, come se occorresse specificarlo, al mestiere e al reddito: in breve, è uno sforzo puramente identitario.

Quella che è andata del tutto delusa, invece, è la seconda aspettativa. Anche i rari sussulti recenti di identità europea “costruttiva”, come la mobilitazione per l’Ucraina, sono passati per i social media, non per i canali classici.

Questi, infatti, hanno continuato a fare ciò per cui erano stati creati: intrattenere il pubblico di uno specifico paese, in una specifica lingua, presentando le grandi questioni mondiali soltanto attraverso il filtro dei piccoli interessi locali. (“Aumenterà l’inflazione?”)


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Il fallimento dell’informazione tradizionale durante il Covid

Chi ha la memoria lunga ricorderà un esempio che grida vendetta: nei primi mesi del Covid, solo su alcuni social media si poteva trovare una comparazione veloce e costante con quel che avveniva negli altri stati europei per valutare l’efficacia delle loro misure di quarantena.

I media classici, invece, erano fissati ciascuno sull’ombelico del proprio paese, e spesso, tristemente, sull’apologia a priori dei loro governi.

Non c’è da stupirsi se le teorie del complotto sul virus si sono diffuse ovunque, da Amburgo a Siracusa: il miglior antidoto alla mentalità magica dei complottisti è l’osservazione onesta di quanto siano vari e spesso illogici i casi del mondo, e questo antidoto, dai media classici, non veniva somministrato.

Le teorie del complotto sul virus, dal canto loro, sorprendevano per la loro capacità di imporsi nei diversi uditori restando sempre uguali a sé stesse.

L’unificazione dell’Europa attraverso le teorie del complotto

Il “frugale olandese” e il “greco spendaccione”, il “riservato svedese” e lo “spagnolo estroverso”, la “polacca severa” e la “eccentrica irlandese”, l’italiano “mammone” e il finlandese “che esce di casa a diciott’anni”, tutti questi europei con le loro presunte “differenze culturali” hanno abboccato, chi più chi meno, alla favola del virus sguinzagliato per arricchire Big Pharma e per fare le prove generali di un regime.

Di lì a poco, anche l’opposizione al vaccino (che di per sé avrebbe potuto essere motivata con argomenti civili e ragionevoli) è stata risucchiata nel gorgo del pensiero magico.

Il “siero sperimentale” è diventato l’arma con cui i potenti stavano cercando di manipolare i nostri corpi o persino le nostre menti, e questa sceneggiatura horror ha fatto presa su milioni di europei, senza riguardo per la varietà delle bandierine con cui ornavano i loro profili Twitter.

Dai migranti ai trattori: l’internazionale reazionaria

Del resto, una capillarità del genere era stata già sperimentata nel decennio precedente con la propaganda anti-immigrati: anch’essa, dopo aver deposto ogni possibile tono civile, si era gettata nelle braccia del pensiero magico, con la favola del “piano Kalergi” e dei finanzieri ebrei che ambivano a sostituire gli orgogliosi caucasici con i più servili africani.

Un noioso remake dei Protocolli dei Savi di Sion, che però ci ha fruttato la Brexit, Orbán, il primo governo Conte e parecchi altri disastri.

A tale proposito Anne Applebaum, una delle più fini pensatrici del nostro tempo, nel suo Tramonto della democrazia aveva affermato con largo anticipo che l’Ungheria orbaniana o la Polonia di Kaczynski erano un assaggio di quello che presto si sarebbe visto anche a Washington o a Londra.

Inutile rivendicare una presunta diversità culturale tra i “barbari dell’Est” e le due più antiche democrazie del mondo: le narrazioni magiche, nostalgiche e illiberali hanno la stessa efficacia ovunque.

Come accade ai migliori filosofi, il tempo le ha dato ragione.

Cito un ultimo caso, davvero interessante, di movimento reazionario che ha bruciato ogni frontiera e ha relativizzato ogni presunta differenza culturale: quello dei “trattori”.

Nel 2024 migliaia di imprenditori agricoli hanno protestato, con richieste identiche e modalità identiche, in Olanda, Belgio, Francia, Germania, Italia e Polonia.

Tanto per cambiare, ad alcuni problemi di cui si poteva discutere con serenità (ad esempio il rincaro del diesel agricolo o le storture della legge sul “ripristino della natura”) si affiancava una polemica generale contro gli accordi di libero scambio, le politiche verdi, l’innovazione alimentare (carne coltivata e OGM) e la stessa Unione Europea, che incoraggiando tutto questo uccideva la civiltà contadina. 

Lo slogan scelto era “Se puoi mangiare ringrazia un contadino”, e in un certo senso era coerente, visto che lo scopo della protesta era obbligarci a ringraziare un preciso contadino impedendoci di scegliere se ringraziarne altri.
Comunque, con le elezioni europee alle porte, la risposta delle autorità fu la capitolazione totale, non solo alle richieste degli imprenditori agricoli ma soprattutto alla loro retorica. Il legame con il “cibo genuino” prodotto sul “suolo patrio”, in questa Europa invecchiata che si nutre di rimpianti, è un valore identitario troppo trasversale e troppo facile da sfruttare: lo prova il fatto che quasi l’intero arco politico di Bruxelles, maggioranza e opposizione, compresi gli stessi Verdi che i manifestanti avrebbero linciato volentieri, si è inchinato a riverirlo.

L’estrema destra sta unificando l’Europa. Speriamo che non sia sola

Covid, immigrati e agricoltura sono tre fra i tanti fili retorici tirati da Elon Musk, come a suo tempo da Steve Bannon, per creare in Europa una sorta di “internazionale reazionaria”, che peraltro trova un potente amplificatore nella rete propagandistica di Putin.

Ebbene, se questa internazionale è “reazionaria” rispetto all’illuminismo o al liberalismo, lo è però sempre meno rispetto all’europeismo. Anzi: di fatto lo sta creando. In negativo, ma lo sta creando.

Di fronte alle suggestioni magico-illiberali di Musk e di Putin, non conta davvero più niente che i berlinesi siano puntuali e i romani ritardatari, o che i bisnonni di un mio coetaneo a Copenhagen fossero luterani mentre i miei erano cattolici.

It’s over.

I social media stanno erodendo ogni significativa differenza tra gli europei, e al momento chi ne approfitta meglio è l’estrema destra.

Speriamo che altri imparino ad approfittarne altrettanto bene.


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