La proposta di pace è la resa di Trump: oggi la sicurezza dell’Ucraina è solo affare europeo

Piercamillo Falasca
23/04/2025
Frontiere

Nelle ultime ore è trapelata una bozza di proposta statunitense per la pace in Ucraina che, se confermata, rappresenterebbe un punto di svolta – e non in positivo. Presentata come “offerta finale” dell’Amministrazione Trump, la proposta si articola in un documento di una sola pagina che sembra accontentare quasi integralmente le richieste del Cremlino, lasciando all’Ucraina vaghe promesse e garanzie inconsistenti. È un testo che, al di là delle apparenze, suona come una resa mascherata: la resa americana. E che obbliga l’Europa, oggi più che mai, a decidere se vuole contare nella storia oppure subirla.

Le concessioni agli invasori

Nel dettaglio, la proposta riconosce de jure l’annessione russa della Crimea e de facto il controllo di Mosca su quasi tutte le aree occupate dal 2022, comprese larghe porzioni degli oblast di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia. Viene inoltre promesso che l’Ucraina non entrerà nella NATO, soddisfacendo una delle più storiche e dichiarate richieste del presidente russo. Si accenna genericamente alla possibilità di adesione all’Unione Europea.

In cambio della pace, alla Russia verrebbe inoltre offerta la rimozione delle sanzioni occidentali imposte dal 2014, nonché una rinnovata cooperazione economica con gli Stati Uniti, in particolare nei settori dell’energia e dell’industria. In sostanza: alla Russia verrebbe garantito ciò che ha conquistato con la forza, e anche qualcosa in più.

Le (vaghe) promesse all’Ucraina

E l’Ucraina? In cambio, dovrebbe accettare una pace imposta in cui le sue perdite territoriali e strategiche vengono praticamente legalizzate. Il documento parla di “robuste garanzie di sicurezza” offerte da un gruppo ad hoc di Paesi europei e altri “like-minded”, ma senza alcun impegno diretto degli Stati Uniti. Le modalità della presenza di una forza di pace internazionale sul terreno non sono specificate, e il documento non contiene alcuna menzione di truppe americane.

Sul fronte territoriale, si prevederebbe la restituzione di una piccola porzione dell’oblast di Kharkiv, oggi occupata dai russi, e il libero passaggio sul fiume Dnipro, che in alcune aree costituisce la linea del fronte. Quanto alla ricostruzione, si parla di compensazioni e assistenza finanziaria, ma senza chiarire da dove verranno i fondi.

Tra gli altri elementi controversi: la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, resterebbe ufficialmente in territorio ucraino ma sarebbe gestita dagli Stati Uniti, fornendo elettricità a entrambi i Paesi. Inoltre, il documento fa riferimento a un accordo minerario tra Stati Uniti e Ucraina, che il presidente Trump ha dichiarato sarà firmato giovedì.

Un ulteriore elemento di fragilità della proposta americana è la sua profonda disconnessione dalla realtà istituzionale dell’Ucraina, una democrazia parlamentare pluralista, a differenza della Russia. Un accordo del genere, con queste condizioni, non avrebbe alcuna garanzia di essere approvato dalla Verkhovna Rada, eppure l’Amministrazione USA sembra ignorarlo con leggerezza. Invece di tutelare nei negoziati i processi democratici ucraini – come ci si aspetterebbe da una democrazia verso un’altra democrazia – contribuisce a trasformarli in un peso sulle spalle del solo presidente Zelensky, esponendolo a una pressione interna difficilmente sostenibile e a una delegittimazione potenzialmente pericolosa.

La necessità di una risposta europea

È evidente che questa proposta, nata dopo un incontro di quattro ore tra l’inviato di Trump e Vladimir Putin, riflette un approccio accomodante verso Mosca e miope verso Kyiv. Ma ciò che è ancora più grave è che, esplicitamente, essa scarica sull’Europa la responsabilità della futura sicurezza dell’Ucraina, mentre Washington si prepara a sfilarsi.

Non possiamo più far finta di niente. L’Europa, già oggi il principale donatore e sostenitore militare dell’Ucraina (più degli stessi Stati Uniti in termini aggregati) e deve prendere atto che il tempo delle illusioni è finito. Se l’Ucraina deve sopravvivere come Stato libero, sarà grazie agli europei. Se l’ordine internazionale deve essere preservato, sarà compito dell’Unione Europea farsene garante.

Verso una difesa comune

Questa crisi ci impone di accelerare con decisione verso una vera politica di difesa comune. L’Unione deve dotarsi di strumenti militari credibili, di un comando unificato, di una dottrina strategica autonoma. Non per sostituire la NATO, ma per renderla finalmente un’alleanza tra pari e per tutelare la libertà degli europei. Non possiamo più permetterci di delegare la nostra sicurezza – e quella dell’intero spazio civile continentale. Se gli Stati Uniti scelgono di retrocedere, l’Europa ha il dovere morale e storico di avanzare. Per l’Ucraina. E per noi stessi.