La rottura tra Russia e Germania ha favorito gli Stati Uniti?
La guerra tra Russia e Ucraina ha generato una serie di conseguenze geopolitiche che vanno ben oltre i confini regionali, coinvolgendo attori internazionali con interessi divergenti. Tra i vari temi in discussione, uno degli aspetti più controversi riguarda il ruolo degli Stati Uniti e il loro presunto obiettivo di interrompere definitivamente i rapporti energetici tra Russia e Germania, con particolare attenzione al progetto del gasdotto Nord Stream 2.
Il Nord Stream 2: una collaborazione strategica
Il gasdotto Nord Stream 2, completato nel 2021, rappresentava un simbolo della cooperazione energetica tra Russia e Germania, e più in generale tra Mosca e l’Europa. L’iniziativa, sostenuta fortemente dall’ex cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente russo Vladimir Putin, avrebbe consentito di raddoppiare la capacità di trasporto del gas naturale dalla Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico. Questo progetto aveva un chiaro obiettivo: garantire una fornitura energetica stabile e a costi competitivi per l’industria tedesca e, per estensione, per l’intera Unione Europea.
Tuttavia, il Nord Stream 2 è stato sin dall’inizio oggetto di forti critiche da parte degli Stati Uniti. Washington ha espresso preoccupazione per il potenziale aumento della dipendenza europea dal gas russo, temendo che ciò potesse rafforzare l’influenza di Mosca sul continente europeo. Ma quanto di questa posizione è legato a reali rischi geopolitici e quanto a interessi economici e strategici statunitensi?
La guerra come catalizzatore di rotture
Con l’inizio della guerra in Ucraina, il gasdotto Nord Stream 2 è diventato un nodo centrale nella crisi energetica e diplomatica tra Europa e Russia. Gli Stati Uniti hanno colto l’occasione per esercitare pressioni su Germania e altri paesi europei affinché sospendessero l’attivazione del gasdotto. Berlino, sotto la guida del cancelliere Olaf Scholz, ha annunciato il blocco del progetto poco dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022.
L’interruzione del Nord Stream 2 è stata seguita da un’escalation nelle relazioni tra Russia e Occidente. Gli attacchi non rivendicati ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 nel settembre 2022 hanno segnato un punto di non ritorno, rendendo la ripresa della cooperazione energetica tra Germania e Russia praticamente impossibile nel breve e medio termine.
Gli interessi degli Stati Uniti
In questo contesto, molti analisti hanno sottolineato come gli Stati Uniti abbiano tratto beneficio dalla rottura tra Russia e Germania. Da un lato, l’interruzione del Nord Stream 2 ha ridotto significativamente la capacità della Russia di utilizzare il gas come leva politica sull’Europa. Dall’altro, ha aperto nuove opportunità per gli Stati Uniti nel mercato energetico europeo, con l’aumento delle esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) verso il continente.
Questa dinamica ha sollevato interrogativi sulla vera natura delle politiche statunitensi. La narrazione ufficiale si concentra sul sostegno alla sicurezza europea e alla sovranità dell’Ucraina. Tuttavia, la crescente dipendenza dell’Europa dal GNL statunitense e i vantaggi economici per i fornitori americani alimentano il sospetto che gli Stati Uniti abbiano perseguito anche un’agenda economica parallela, o che comunque abbiamo assertivamente accompagnato una tendenza.
Con i “filtri” della propaganda filorussa e filoputiniana, tutto ciò si è trasformato nel solito racconto del complotto americano, che avrebbe provocato la Russia fino a scatenare di fatto la guerra in Ucraina, con l’obiettivo appunto di interrompere i buoni rapporti di Berlino con Mosca, ma anche di Parigi e Roma con la capitale russa.
La questione tedesca, secondo Munchau
La realtà, ovviamente, è estremamente più complessa di un romanzo complottista. Nel suo recente libro di memorie, e poi nelle presentazioni che sta facendo in giro per l’Europa, Angela Merkel si sofferma spesso sull’esito negativo che ha avuto il suo tentativo di legare la Russia di Putin a un modello di diplomazia economica in cui l’approvigionamento di gas fosse il mutuo interesse in grado di tenere legati – e in pace – l’Europa e la Russia. “E’ per me motivo di grande dispiacere che il tentativo sia fallito, ma non biasimo me stessa per averci provato”, ha detto in una occasione l’ex cancelliera. Al di là delle scelte personali, a fallire è stato in realtà lo stesso sistema produttivo tedesco. Ne parla molto bene Wolfgang Munchau, che nel suo ultimo saggio Kaputt – La fine del miracolo tedesco sostiene che le attuali difficoltà della Germania siano il risultato della crisi di un modello economico costruito su una forte dipendenza dalle esportazioni. Parallelamente, l’eccessiva concentrazione sugli interessi dell’industria tradizionale ha portato a un ritardo tecnologico, impedendo alla Germania di adattarsi rapidamente alle trasformazioni digitali e alle nuove esigenze del mercato globale. In questo scenario, il tentativo di acquistare energia a buon mercato, chiudendo gli occhi di fronte al regime autoritario moscovita e illudendosi di moderarlo a suon di petrol-euro, è stato un errore fatale che – sempre secondo Munchau – condizionerà la gran parte XXI secolo.
L’Europa e la sua autonomia strategica
Le difficoltà della Germania sono state in fondo le difficoltà dell’intera Europa: la crisi energetica scaturita dalla guerra in Ucraina ha evidenziato la necessità di liberarsi il prima possibile dalla dipendenza dal gas di Mosca. Tuttavia, liberarsi del gas russo ha comportato per l’Europa una maggiore dipendenza dal fornitore americano, la potenza da cui già dipendiamo per la nostra sicurezza. Beninteso, noi de L’Europeista non siamo affatto sostenitori della neutralità strategica, nemmeno in ambito energetico: meglio dipendere dall’approvvigionamento di GNL americano che dal gas russo. Ma per riscoprire un ruolo da protagonista globale, l’Europa deve ora sapersi affrancare energeticamente anche dagli Stati Uniti, così come dai Paesi del Golfo o dagli altri fornitori di energia (come l’Algeria, ormai principale fornitore di gas dell’Italia). Per un grande paese come la Germania, ad esempio, questo non può seriamente prescindere da un ripensamento sull’uso dell’energia nucleare. l’interruzione del Nord Stream 2 e anche sollevato preoccupazioni sulla capacità dell’Unione Europea di mantenere un equilibrio tra le sue relazioni transatlantiche e la necessità di stabilire una politica energetica indipendente.
La Germania, in particolare, si trova a fare i conti con l’impatto economico della perdita di una fonte energetica stabile e conveniente. Ciò detto, la transizione verso fonti rinnovabili (incluso il nucleare, appunto) e l’importazione di GNL richiedono investimenti significativi e non possono compensare immediatamente il vuoto lasciato dal gas russo, ragion per la quale occorrerà investire fortemente nelle relazioni transatlantiche, perché siano il più equilibrate e paritetiche possibili. Quel che vale per l’energia, mutatis mutandis, vale per la difesa.
Non neutralità, ma autonomia strategica
Da europeisti convinti, riteniamo che l’Europa debba cogliere questa crisi come un’opportunità per rafforzare la propria autonomia strategica, sia in ambito energetico che geopolitico. Non significa essere neutrali (anzi, i legami occidentali vanno consolidati oggi più che mai, non fosse altro che per convenienza), ma imparare a “fare da sé” in un mondo fortemente competitivo e aggressivo. La sfida non è solo economica, ma anche politica e culturale.