La storia di Azamat spiega perché Cecilia Sala “non poteva starsene a casa”

Piercamillo Falasca
29/12/2024
Poteri

L’incidente aereo nei pressi di Aktau, in Kazakistan, non sarebbe mai emerso nella sua sconvolgente verità senza il coraggio e la prontezza di Azamat Sarsenbayev. Blogger e muratore, Azamat non vive certamente dei suoi video: ad Aktau, una cittadina di 180.000 abitanti sul Mar Caspio, documentare stormi di uccelli o cantieri non basta per mantenersi. Ma l’altro ieri, il suo occhio attento e la sua determinazione hanno fatto la differenza.

Un aereo civile azero diretto a Grozny, in Cecenia, viene colpito da un missile della contraerea russa. Il pilota, Igor Kshnyakin, un veterano con quasi 15.000 ore di volo, capisce la gravità della situazione e contatta i controllori di volo russi, chiedendo disperatamente di poter effettuare un atterraggio di emergenza. La risposta è un silenzio assordante, seguito da rifiuti categorici: nessun aeroporto russo consente l’atterraggio.

Insieme al suo copilota Alexander Kalyanin, Igor decide di tentare l’impossibile: raggiungere il lato opposto del Mar Caspio e atterrare in territorio kazako. Con un aereo danneggiato e in caduta libera, l’impresa appare disperata. Come se non bastasse, i russi interferiscono con il GPS dell’aereo, rendendolo cieco e lasciandolo senza guida. Ma Igor, spinto dalla volontà di salvare i 67 passeggeri a bordo, crede in un miracolo di Natale. Riesce a portare l’aereo fino a destinazione, tentando un atterraggio che salva 29 passeggeri ma che, purtroppo, gli costa la vita e quella di altri 38 innocenti.

Il ruolo cruciale di Azamat Sarsenbayev

Tra i rottami, però, una parte della fusoliera rimane intatta, con gli squarci del missile russo ancora ben visibili. Ed è qui che entra in scena Azamat. Vivendo a poche centinaia di metri dal luogo dello schianto, Azamat arriva prima delle autorità kazake, che probabilmente sarebbero accorse per coprire le tracce e proteggere gli interessi degli alleati (ma dovremmo dire padroni) russi. Con il suo drone e il suo telefono, riprende gli squarci della fusoliera e pubblica tutto sul suo canale Instagram, taggando i principali giornali occidentali.

Le immagini fanno immediatamente il giro del mondo, portando alla luce la verità sull’abbattimento del volo azero. È grazie a queste prove inconfutabili che Vladimir Putin, di fronte all’evidenza, si vede costretto a scusarsi per l’accaduto. Ma – come spesso accade – le scuse si limitano all’errore militare. Non una parola viene spesa sul vero crimine: il rifiuto deliberato di concedere un atterraggio di emergenza in territorio russo, condannando i passeggeri al volo disperato sul Caspio.



E Azamat Sarsenbayev? Nonostante il suo contributo alla verità, viene arrestato dalle autorità kazake e condannato a 10 giorni di detenzione con l’accusa di interferire con le operazioni di soccorso. “Non mi hanno accusato di una violazione specifica, non mi hanno fornito un avvocato, mi hanno proibito di filmare, e la domanda principale è: come avrei interferito con i soccorritori? Quali requisiti legali avrei violato? E quali erano i requisiti legali richiesti agli agenti delle forze dell’ordine?si è chiesto il blogger.

Una pena lieve? No, un chiaro atto intimidatorio in un regime autoritario, dove la libertà di espressione è un lusso pericoloso. E’ importante che Azamat Sarsenbayev sia ora oggetto dell’attenzione di tutti, perché da oggi la sua vita è in pericolo.

Azamat Sarsenbayev e Cecilia Sala, due esempi di sentinelle del mondo

L’episodio è un monito sull’importanza di una stampa libera, della libertà di espressione e del ruolo delle “sentinelle”. Persone che hanno un’innata vocazione a seguire i fatti e le vicende del mondo e a raccontarle per quel che sono, anche nei contesti più difficili e pericolosi, anche in quelli in cui razionalmente converrebbe non avventurarsi. Senza Azamat Sarsenbayev, il mondo avrebbe ignorato la tragedia di Aktau e la Russia sarebbe riuscita a occultare la sua responsabilità sull’ennesima strage di civili (leggi anche l’articolo di Daria Kryukova per inquadrare il “metodo Putin”). Azamat Sarsenbayev rappresenta un remoto ma prezioso baluardo di libertà. Non poteva starsene a casa? Siamo certi che qualcuno lo ha detto, scritto o pensato in Kazakistan. Mutatis mutandis, è quel che non pochi osservatori (non solo quel miserabile antisemita di Chef Rubio, nota per l’edizione italiana dell’articolo) hanno scritto riguardo a Cecilia Sala, la giornalista italiana attualmente detenuta in Iran. A cosa servono i suoi podcast dall’Iran? Cosa ci è andata a fare? Azamat e Cecilia sono due sentinelle del mondo, due delle tantissime di cui abbiamo bisogno per tutelare la verità e con essa la libertà, sempre a più a rischio in un’epoca in cui la morsa dell’autoritarismo si sta facendo sempre più asfissiante.