Lettera aperta a Donald Trump: “Non siamo parassiti, siamo memoria viva”

Filippo Rossi
26/03/2025
Radici

Da questo vecchio continente, stanco ma ancora capace di sognare, le scrivo, signor Trump.

Le scrivo come europeo, come figlio di una terra che ha conosciuto il sangue e la bellezza, le rovine e le cattedrali, la disperazione e l’arte. Le scrivo con la voce di chi, nel tempo, ha imparato a camminare sulle ceneri per farne semi.

Lei ci ha chiamati parassiti. Ha detto che non meritiamo l’aiuto dell’America. Che siamo un peso, un fardello, un’eco stanca da cui prendere le distanze. Il suo Vice, JD Vance, ha rincarato, dicendo che odia aiutare l’Europa.
Ebbene, lasci che le racconti chi siamo.

Siamo le mani rugose che hanno ricostruito le città distrutte dalle bombe anche americane, e lo hanno fatto senza rancore. Siamo le madri che hanno cresciuto figli senza padri tornati dalla guerra. Siamo la voce rauca di Edith Piaf, i silenzi di Primo Levi, il marmo che Michelangelo ha accarezzato per farne luce. Siamo le sinfonie di Beethoven e le biblioteche di Sarajevo. Siamo il pane duro diviso in tre durante l’inverno del ’45, e le piazze di Parigi, Varsavia, Roma che hanno gridato “mai più” con le tasche vuote ma il cuore gonfio.
Non siamo perfetti, certo. Ma non siamo un parassita.

Siamo alleati, a volte ingenui, a volte orgogliosi, ma sempre capaci di ricordare. E in quel ricordo, ci siete anche voi. Non vi abbiamo mai dimenticati. Sulle nostre spiagge i vostri nomi sono incisi nelle croci. Le vostre giacche di lana ancora sbucano dal fondo delle trincee normanne. La vostra musica ha colorato i nostri anni ’50, le vostre marce civili hanno ispirato le nostre battaglie per i diritti.

Se oggi lei ci volta le spalle, sappia che noi non le urleremo contro. Ma nemmeno le chiederemo l’elemosina. Ci rialzeremo, come sempre abbiamo fatto.

Perché l’Europa è fragile, ma testarda. È vecchia, ma orgogliosa. Ha inventato la guerra, ma anche l’idea di pace. E oggi, con tutte le sue contraddizioni, resta ancora uno dei pochi luoghi al mondo dove un uomo può parlare liberamente, amare chi vuole, credere o non credere, cadere e avere una seconda possibilità.

Noi non odiamo aiutare. Noi abbiamo imparato che aiutare è ciò che ci rende umani.
Se vuole davvero renderci nemici, ci troverà saldi. Ma se vuole, ancora, essere parte della nostra storia comune, troverà in noi non parassiti, ma custodi di memoria, di cultura e di alleanza.
Con dolore, ma senza vergogna,

Un europeo

Pubblicata anche su TheSocialPost.it