L’Europa sia la voce che Trump prova a silenziare

Davide Cucciati
19/03/2025
Appunti di Viaggio

La recente decisione di Donald Trump di congelare i fondi a media fondamentali per contrastare le offensive informative russe e cinesi, tra cui Radio Free Asia (RFA), Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL) e altre emittenti internazionali, ha suscitato scalpore internazionale. Questi media, finanziati dagli Stati Uniti, avevano il compito di diffondere notizie in Paesi con regimi autoritari o con scarsa libertà di stampa, fornendo informazioni indipendenti a popolazioni soggette alla censura governativa. Ad esempio, Radio Free Asia (RFA) si concentrava sulla Cina, la Corea del Nord, il Vietnam, il Myanmar e altri Paesi del Sud-est asiatico con restrizioni all’informazione. Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL) storicamente nata per trasmettere nei Paesi dell’ex blocco sovietico, si era poi concentrata sulle nazioni dove la libertà di stampa era più minacciata, come Russia, Bielorussia, Iran e Afghanistan.

Siamo di fronte a un drastico cambiamento nella strategia geopolitica americana, che suggerisce un progressivo disimpegno dagli strumenti di influenza culturale e diplomatica. L’episodio solleva un interrogativo inquietante: stiamo assistendo alla costruzione di un nuovo equilibrio mondiale in cui USA, Cina e Russia cercano un reciproco equilibrio anche a costo di sacrificare il concetto di “pace giusta”? Ormai, la stella polare è rappresentata dalla “pace stabile” e sul “dato di fatto”? I famosi attriti nel Mar Cinese del Sud saranno risolti con accordi anche a costo di abbandonare alleati storici? Al momento, non vi sono risposte ma è lecito porsi dei dubbi.

Se la Guerra Fredda si chiuse con la vittoria dell’Occidente, la situazione attuale è ben più incerta. Washington sembra incline a ritirarsi da alcuni scenari geopolitici, agendo di volta in volta a seconda dei propri interessi contingenti, lasciando spazio ad altri soggetti per una spartizione del mondo.

Tutto lascia intendere che Trump voglia ridefinire l’ordine globale incentrando i negoziati su Cina e Russia, mentre gli Stati europei vengono considerati individualmente e, peraltro, come attori secondari. Il concetto di Unione Europea è apertamente avversato da Trump, che ha più volte espresso il suo disprezzo per Bruxelles, preferendo trattare direttamente con i singoli governi nazionali piuttosto che con le istituzioni comunitarie. Il tutto in un forsennato dimenarsi tra dazi veri o ipotetici e una sfiducia nel libero mercato che fa apparire gli Stati Uniti come l’ombra della potenza che abbiamo sempre conosciuto.

La storia offre lezioni preziose per comprendere il presente, facendo, almeno per alcuni aspetti, un gioco di specchi tra Stati Uniti e Cina. Un secolo e mezzo fa, la Cina si trovava in una situazione drammaticamente diversa. Durante le Guerre dell’Oppio, fatte sbandierando il principio del “libero mercato”, le potenze straniere, tra cui (ma non solo) Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Russia, imposero alla Cina una serie di trattati ineguali, sfruttando il loro vantaggio tecnologico e la debolezza dell’Impero Qing. Le conseguenze furono devastanti. È sufficiente, per non divagare, citarne alcune: la diffusione incontrollata dell’oppio, con il 10% della popolazione cinese dipendente da questa droga nel 1890 (circa 45 milioni di persone); l’impoverimento economico del Paese, costretto a pagare ingenti somme d’argento come riparazioni di guerra; la perdita di territori chiave, come Hong Kong, Kowloon e parte della Manciuria, a favore delle potenze straniere imperialiste. 

Oggi, la Cina, dopo essere stata costretta a subire il “libero mercato” nel periodo del “secolo dell’umiliazione”, reclama la libertà commerciale come principio sacro, utilizzando questa leva per aumentare la propria influenza politica. Ironicamente, ciò è avvenuto anche per il tema fentanyl: afronte dei dazi statunitensi, la Cina, oltre che negare ogni responsabilità in merito alla diffusione della predetta droga, ha denunciato la mossa come una violazione del libero mercato.

Davanti a tutto questo, l’Europa non può permettersi di rimanere in disparte. Il piano di riarmo, così come la necessità dell’accelerazione di una maggior integrazione europea, deve essere funzionale in primis a divenire attore globale che nessuno, neppure i nemici più ostici, può pensare di mettere in disparte.

Il nostro ruolo, anche dopo la mossa dell’amministrazione Trump, contro voci di libertà quali Radio Free Asia, può e deve essere quello di ricoprire il ruolo di super potenza globale in grado non solo di difendere i propri interessi ma anche come difensore della “pace giusta” in ogni scenario globale iniziando dalla tutela delle minoranze oppresse, dovunque essere siano.