Libano, Aoun eletto presidente: speranza o illusione?

Vincenzo D’Arienzo
10/01/2025
Appunti di Viaggio

Il generale Joseph Aoun, comandante delle Forze Armate libanesi dal 2017, è stato eletto presidente del Libano giovedì durante la seconda tornata di votazioni parlamentari. La sua elezione arriva in un momento cruciale per il Paese, segnato da una crisi economica devastante e da un prolungato stallo politico. Considerato il candidato favorito da Stati Uniti e Arabia Saudita, Aoun rappresenta una figura di stabilità in grado di affrontare le complesse sfide che il Libano deve fronteggiare. L’incarico di presidente era rimasto vacante dall’ottobre del 2022, quando il presidente Michel Aoun (semplice omonimia con il neo eletto) aveva lasciato la carica per la scadenza del mandato. Dopo oltre due anni di stallo, la fumata bianca, frutto anche di un contesto politico radicalmente diverso a quello del 2022.

Un leader in tempi di crisi

Dal 2017, Joseph Aoun ha guidato l’esercito libanese in un periodo di crisi economica senza precedenti. La svalutazione della lira libanese, accompagnata dall’aumento dell’inflazione, ha ridotto drasticamente i salari dei soldati, mettendo a rischio la tenuta dell’istituzione militare, una delle poche ancora considerate affidabili in un Paese colpito dal collasso finanziario. Nonostante queste difficoltà, Aoun ha mantenuto l’unità delle forze armate, garantendo la stabilità interna in un contesto segnato da tensioni politiche e sociali crescenti.

Uno dei successi più significativi di Aoun è stato il suo ruolo nel sostenere un cessate il fuoco di 60 giorni nel sud del Libano, negoziato da Stati Uniti e Francia. Questo accordo, fondamentale per la sicurezza della regione, ha previsto il dispiegamento delle forze armate libanesi in aree storicamente dominate da Hezbollah, dimostrando la capacità di Aoun di bilanciare interessi nazionali e internazionali.

Il consenso politico e il ritiro di Hezbollah

La sua elezione segna anche una svolta politica. Dopo mesi di impasse, il parlamento libanese è riuscito a raggiungere un consenso attorno alla figura dell’ex militare, considerato un candidato neutrale e pragmatico. Inizialmente, Hezbollah (il cui consenso è ancora imprescindibile) sosteneva la candidatura di Suleiman Frangieh, esponente della politica tradizionale libanese, ma ha poi ritirato il proprio appoggio per convergere su Aoun. Perché? Anzitutto perché oggi il movimento politico il cui braccio armato è considerato organizzazione terroristica dalla UE (per gli USA, anche il partito stesso è un soggetto terroristico) è estremamente indebolito, dopo la sua sostanzialmente decapitazione da parte di Israele.

L’attuale capo del blocco parlamentare di Hezbollah, Mohammad Raad, ha dichiarato: «Volevamo inviare un messaggio chiaro… siamo i protettori della sovranità del Libano». Questo cambiamento di posizione – più o meno necessitato – ha facilitato il consenso tra i parlamentari, ponendo fine a uno stallo che aveva paralizzato il Paese.

Un presidente maronita in un sistema unico

Come da convenzione costituzionale, il presidente del Libano proviene dalla comunità cristiana maronita, mentre il premier è un musulmano sunnita e il presidente del parlamento uno sciita. Questa distribuzione delle cariche riflette il delicato equilibrio settario che caratterizza il sistema politico libanese, nato dagli accordi di Taif che misero fine alla guerra civile (1975-1990).

Joseph Aoun, nato appunto in una famiglia maronita, è noto per il suo approccio inclusivo e per il suo impegno a mantenere l’unità nazionale. Padre di due figli, è visto come una figura moderata e rispettata sia in patria che all’estero.



Le sfide che attendono il nuovo presidente

Nonostante la sua elezione sia stata accolta con un certo ottimismo, Aoun eredita un Paese profondamente in crisi. Il Libano affronta una serie di sfide senza precedenti.

Il collasso economico, anzitutto. La valuta ha perso oltre il 90% del suo valore rispetto al dollaro dal 2019, e gran parte della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Lo stallo politico: anni di corruzione e cattiva gestione hanno alimentato la sfiducia nelle istituzioni. Ancora, la crisi energetica e infrastrutturale: Il Paese soffre di carenze croniche di elettricità e di infrastrutture fatiscenti. Infine, le tensioni regionali: la posizione strategica del Libano lo rende vulnerabile alle pressioni di attori internazionali e regionali, compresi Stati Uniti, Iran, Arabia Saudita e Israele.

Il nuovo presidente sarà chiamato a guidare un difficile processo di riforme economiche e politiche, indispensabili per sbloccare gli aiuti internazionali e garantire un futuro più stabile al Paese.

Un simbolo di speranza?

Per molti, Joseph Aoun rappresenta una figura capace di superare le divisioni settarie e di riportare il Libano su un percorso di stabilità. Il suo passato militare e la sua leadership durante momenti critici lo rendono una scelta pragmatica e potenzialmente efficace. Il successo del suo mandato dipenderà tuttavia dalla capacità di affrontare le resistenze interne e di costruire alleanze che favoriscano il cambiamento. E dunque, speranza o illusione? Lo vedremo.