L’indipendenza dei Baltici dall’energia russa: un enorme successo europeo (da proteggere)
Piercamillo Falasca
10/02/2025
Poteri
Il 9 maggio, si sa, è il Giorno dell’Europa. Ma, da ieri, la data del 9 febbraio rivaleggia con l’anniversario della dichiarazione Schuman per importanza storica: le Repubbliche Baltiche – Estonia, Lettonia e Lituania – si sono ufficialmente scollegate dalla rete elettrica russa, completando il tanto atteso passaggio dalla sfera di influenza energetica di Mosca all’Unione Europea. Questa disconnessione, accelerata dalle tensioni geopolitiche scaturite dall’aggressione russa contro l’Ucraina non è stata enfatizzata a sufficienza dai media tradizionali europei. Eppure, rappresenta un traguardo cruciale sotto il profilo geopolitico, economico e strategico. Non si tratta solo di un successo locale per il Baltico, ma di una vera e propria mossa di indipendenza energetica per l’intera Europa. La disconnessione dal sistema russo segna un punto di non ritorno nel percorso dell’Unione verso la sovranità energetica, dimostrando che è possibile liberarsi da decenni di dipendenza infrastrutturale e politica da Mosca. L’evento rafforza l’integrazione del mercato elettrico europeo, riduce le vulnerabilità legate alle forniture esterne e aumenta la resilienza del sistema continentale. Ma il suo significato va oltre la dimensione tecnica: è una dichiarazione di sovranità collettiva.
Un contesto geopolitico radicalmente nuovo
Vediamo i dettagli. Le tre nazioni baltiche, ristabilitesi come stati indipendenti dopo il crollo dell’Unione Sovietica nei primi anni ’90, sono rimaste per decenni collegate alla rete elettrica russa. Malgrado l’adesione alla NATO e all’UE nel 2004, la completa autonomia dal sistema russo si è rivelata complessa e costosa, poiché la rete era stata storicamente progettata in funzione delle direttrici sovietiche. L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 ha però dato un’accelerazione decisiva ai progetti di disconnessione, ritenuti fondamentali per la sicurezza nazionale e la stabilità regionale.
“Stiamo privando la Russia della possibilità di usare il sistema elettrico come strumento di ricatto geopolitico. Questo passo è un chiaro segnale: l’Europa è unita e determinata a ridurre la propria vulnerabilità”
Zygimantas Vaiciunas, Ministro dell’Energia lituano
Il processo di disconnessione: dal BRELL all’Europa continentale
Il passaggio tecnico è iniziato formalmente sei mesi fa, quando i governi di Estonia, Lettonia e Lituania hanno comunicato a Mosca l’uscita dall’accordo BRELL. Il 9 febbraio 2025, dopo un test di funzionamento in modalità “isola” durato 24 ore, i sistemi elettrici baltici sono stati sincronizzati con la Continental Europe Synchronous Area, che riunisce la maggior parte dei Paesi dell’UE. Oltre alla portata simbolica, l’integrazione con la rete europea garantisce maggiore stabilità operativa e tutela contro eventuali ritorsioni o interruzioni provenienti dalla Russia.
Costi, benefici e prospettive di crescita
L’Unione Europea ha finanziato circa 1,2 miliardi di euro per la costruzione di nuove linee di trasmissione, inclusi cavi sottomarini che collegano le Repubbliche Baltiche con Finlandia, Svezia e Polonia. Ciononostante, ciascun paese baltico ha dovuto sostenere oneri rilevanti: la Lituania, ad esempio, ha investito oltre 300 milioni di euro in adeguamenti e infrastrutture interne, mentre l’investimento in Lettonia ammonta a circa 483 milioni di euro. Nel breve periodo, analisti di settore stimano un aumento dei prezzi dell’energia tra il 5% e il 10% per i consumatori, dovuto alle necessità di stabilizzare la rete e coprire i costi di transizione. Anche alcuni comparti industriali (chimico, metallurgico) potrebbero subire un incremento dei costi operativi di circa 7% nel primo anno post-disconnessione.
Sul versante opposto, il distacco da Mosca offre vantaggi strutturali. La diversificazione energetica e lo sviluppo delle rinnovabili rappresentano un’opportunità significativa: l’Estonia, leader regionale nell’eolico offshore, potrebbe incrementare la produzione di energia verde del 30% entro il 2030, secondo uno studio dell’Università di Tallinn. Inoltre, l’autonomia energetica e la maggiore sicurezza delle forniture rendono i Paesi Baltici più attraenti per gli investimenti internazionali, in particolare per le aziende high-tech che richiedono stabilità e affidabilità nelle reti energetiche. Inoltre, la riduzione del rischio geopolitico è un beneficio cruciale: il passaggio alla rete europea diminuisce sensibilmente il pericolo di “shock energetici” legati a interruzioni o ricatti da parte della Russia, rafforzando la resilienza complessiva del sistema.
Mosca, infatti, potrebbe adoperare tattiche di sabotaggio mirate alle infrastrutture critiche – non soltanto quelle energetiche, ma anche di comunicazione e trasmissione dati. Fin dall’ottobre 2023, almeno undici cavi sottomarini nel Mar Baltico sono stati danneggiati, inclusi il gasdotto Balticconnector fra Estonia e Finlandia, cavi di comunicazione che collegano Finlandia, Germania, Svezia e Lituania, e persino linee elettriche come la Estlink 2 tra Estonia e Finlandia. L’episodio più recente ha riguardato, il 26 gennaio, un cavo dati tra Lettonia e Svezia. Le indagini iniziali hanno evidenziato che molte di queste avarie sono state causate da navi che trascinavano intenzionalmente le ancore sul fondale, spesso associate alla cosiddetta “flotta ombra” russa di petroliere.
Le autorità baltiche e scandinave sospettano un piano di sabotaggio vero e proprio, innescato dalla Russia nel più ampio contesto di tensioni geopolitiche con l’Occidente. Non a caso, la Lituania ha già incrementato la presenza militare a tutela delle infrastrutture energetiche sottomarine, dopo un tentativo di danneggiare la linea NordBalt che collega il Paese alla Svezia. A livello di Alleanza Atlantica, la risposta non si è fatta attendere: la NATO ha lanciato la missione Baltic Sentry, incrementando pattugliamenti e dotazioni navali, come droni e fregate, nell’area del Mar Baltico. Inoltre, ha istituito un Critical Undersea Infrastructure Network con l’obiettivo di migliorare lo scambio di informazioni e la sorveglianza, e un Maritime Centre for the Security of Critical Undersea Infrastructure presso il Comando Marittimo di Northwood, nel Regno Unito.
Oltre ai cavi sottomarini, occorre proteggere anche i collegamenti terrestri, come dimostra l’attenzione verso la LitPol Link, principale interconnessione elettrica via terra tra Lituania e Polonia e arteria strategica per la sincronizzazione dei Paesi Baltici con la rete continentale europea. La Lituania ha rafforzato la sicurezza di questo corridoio sostituendo l’azienda privata incaricata con la propria Public Security Service, mentre si discute di ulteriori misure di protezione, inclusa la richiesta di fondi europei per la difesa delle infrastrutture critiche.
Inoltre, si guarda con apprensione al Corridoio diSuwalki, la striscia di terra che separa l’exclave russa di Kaliningrad dalla Bielorussia. Un’eventuale chiusura o blocco di questa striscia di territorio potrebbe isolare fisicamente i Baltici dal resto d’Europa, con conseguenze non solo per la rete elettrica, ma anche per le linee di trasporto e militari – basti pensare al progetto Rail Baltica, fondamentale per la mobilità civile e la logistica militare. Qui si concentra l’azione coordinata dei Paesi Baltici, della Polonia e della NATO, anche attraverso un potenziamento della presenza militare e la creazione di una Baltic Defense Line lungo i confini con Russia (compresa Kaliningrad) e Bielorussia.
In sostanza, mentre l’autonomia energetica delle Repubbliche Baltiche e la loro sincronizzazione con la rete dell’UE spostano il focus dalla dipendenza dalle forniture russe, l’attenzione si concentra ora sulla difesa delle infrastrutture chiave. Per evitare che azioni ostili vanifichino i progressi compiuti, le autorità locali e i partner internazionali stanno moltiplicando gli sforzi: dal pattugliamento navale alla protezione dei cavi, fino al rafforzamento militare nei punti più vulnerabili. In questo scenario, la “mossa di indipendenza energetica” dei Baltici si intreccia inevitabilmente con la sicurezza e la stabilità dell’intera Europa.
“Questi incidenti dimostrano che, in un contesto di guerra ibrida, la difesa delle infrastrutture critiche è cruciale. L’Europa deve reagire in modo unito, con soluzioni tecnologiche avanzate e una politica di deterrenza efficace.”
Dalia Grybauskaitė, ex Presidente lituana e attiva nel campo della sicurezza energetica
Le ripercussioni sull’exclave russa di Kaliningrad
La disconnessione baltica ha ripercussioni dirette sull’exclave russa di Kaliningrad, incastonata tra Lituania e Polonia, entrambe membri dell’UE e della NATO. L’isolamento energetico rappresenta una delle principali sfide per la regione: Kaliningrad, che un tempo beneficiava del collegamento con il sistema russo attraverso la Lituania, si ritrova ora a dover contare su tre centrali elettriche (Kaliningradskaya, Pregolskaya e Talajovskaya) basate principalmente sul gas. Queste strutture potrebbero non essere sufficienti in caso di picchi di domanda o di crisi improvvise, rendendo la regione vulnerabile a interruzioni nella fornitura di energia.
A questo si aggiungono le tensioni geopolitiche, poiché la Russia ha storicamente risposto a simili “pressioni” incrementando la militarizzazione dell’area, che ospita già installazioni strategiche e missili a corto raggio. L’isolamento energetico potrebbe quindi alimentare nuove frizioni con l’Occidente, spingendo Mosca a intraprendere misure difensive o aggressive per rafforzare la propria presenza militare nella regione.
Infine, si registrano importanti conseguenze economiche. L’aumento dei costi dell’energia, unito alle difficoltà logistiche per il trasporto delle merci attraverso il territorio dell’Unione Europea, accentua l’isolamento economico di Kaliningrad. Queste difficoltà rischiano di provocare una flessione negli investimenti e una riduzione della competitività nei settori industriali, aggravando ulteriormente la fragile situazione economica dell’exclave.
Questa situazione potrebbe aprire una frattura nella società civile di Kaliningrad, dove negli anni sono emerse aspirazioni a una maggiore libertà, alimentando movimenti indipendentisti come il Partito Repubblicano Baltico, fondato nel 1993 con l’obiettivo di creare una repubblica autonoma nella regione. Sebbene il partito sia stato sciolto nel 2005, sentimenti autonomisti persistono, sostenuti da gruppi come il Movimento Pubblico di Kaliningrad – Respublika. L’isolamento energetico e le conseguenti difficoltà economiche potrebbero rafforzare tali movimenti, aumentando le tensioni con Mosca.
La sfida aperta: progettere e rafforzare l’indipendenza energetica
La disconnessione delle Repubbliche Baltiche dal sistema elettrico russo segna un passaggio di portata storica. Dal punto di vista geopolitico, sancisce l’uscita definitiva di Estonia, Lettonia e Lituania dall’influenza post-sovietica, in un contesto di crescenti tensioni con Mosca. Sotto il profilo economico, comporta costi a breve termine e sfide industriali, ma offre grandi opportunità di sviluppo sul lungo periodo, tra energie rinnovabili e attrazione di investimenti. Per la sicurezza europea, riduce la leva russa sull’approvvigionamento energetico dell’UE, ma al contempo solleva nuove preoccupazioni su possibili sabotaggi ibridi.
Mentre nelle piazze di Vilnius, Tallin e Riga si celebra il nuovo corso energetico, è nostro dovere di europeisti seguire con attenzione gli sviluppi, consapevoli che questo evento rappresenta un tassello fondamentale verso una maggiore autonomia e sicurezza di tutto il continente. La via verso un’Europa pienamente integrata, resiliente e indipendente dal punto di vista energetico è tracciata: la sfida, ora, è proteggerla e rafforzarla.
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