L’opinione dei dissidenti russi: “La tragedia di Aktau? Metodo Putin”

Daria Kryukova, attivista della Comunità dei Russi Liberi
28/12/2024
Frontiere

Un aereo passeggeri di Azerbaijan Airlines è stato probabilmente abbattuto dalla difesa aerea russa nei cieli sopra Grozny e ha effettuato un atterraggio di emergenza ad Aktau, in Kazakistan. In questi giorni la notizia è tra i titoli di molti media. Sui social media abbondano commenti come: “Aspettiamo l’inchiesta” o “Non affrettatevi a trarre conclusioni”. Formalmente, queste voci hanno ragione. Ma per noi, dissidenti russi, questa tragedia non è né un incidente né una coincidenza. È l’ennesimo anello di una lunga catena di crimini di un regime fondato su menzogne, crudeltà e un cinico disprezzo per la vita umana.

Abbiamo visto tutto questo molto prima del 2022. Prima del 2014. E persino prima del 2008. Il primo segnale d’allarme è stata la tragedia del sottomarino Kursk – quello stesso per cui Putin, con un sorriso gelido, rispose: “È affondato”. È stato l’inizio di un regime per cui la vita umana non ha alcun valore.

Ricordate gli attacchi alla scuola di Beslan e al teatro Dubrovka, dove la maggior parte degli ostaggi non è morta per mano dei terroristi, ma durante l’assalto delle forze speciali russe? Il gruppo Madri di Beslan ha lottato per anni per la verità, senza mai ottenere giustizia per i responsabili della morte dei loro figli.

Pensate ancora che sia prematuro accusare la Russia? Mi scuso con chi si vanta di mantenere la calma, ma quando si vive sotto un regime come quello di Putin per anni, vedendo ogni giorno i suoi crimini impuniti, non si può non considerarlo un male assoluto. Non perché lo dica la propaganda occidentale, ma perché i russi lo vedono con i propri occhi ogni giorno. La tragedia dell’aereo ad Aktau è solo una delle tante.



Guardiamo la cronologia spaventosa degli ultimi eventi. Il giorno del disastro, nei cieli sopra la Cecenia operava la difesa aerea, abbattendo droni ucraini. Questo fatto era stato apertamente riportato nei canali Telegram sin dal mattino. Eppure nessuno – nessuna singola anima – ha avvertito i piloti civili. Lo spazio aereo non è stato chiuso. Perché? Forse perché il regime è disperatamente intento a creare l’illusione di normalità, fingendo che la guerra non esista.

Quello che è successo dopo sembra tratto da un film dell’orrore. La difesa aerea, presumibilmente per errore, colpisce un aereo civile. E inizia il peggio: l’aereo, con decine di passeggeri a bordo in difficoltà, viene sistematicamente respinto da tutti gli aeroporti vicini – Machačkala, Magas, Beslan, Tbilisi, Mineral’nye Vody. Viene invece diretto verso Aktau, oltre il Mar Caspio, a 400 chilometri di distanza. Perché? La teoria più inquietante è che si sperava che non raggiungesse la destinazione e che il mare nascondesse tutte le prove.

Un’altra tragedia, ma la stessa storia di sempre: un crimine, bugie, tentativi di nascondere le tracce. E nessuna responsabilità.

E non si tratta di “propaganda occidentale”, come amano gridare i difensori del Cremlino. Noi, russi, lo sappiamo non dai media stranieri o dai racconti di altri. Lo abbiamo visto con i nostri occhi per tutti questi anni. Siamo stati testimoni di come, sotto i nostri occhi, è stato costruito un sistema di disprezzo per la vita umana – che fosse russa, ucraina o di qualsiasi altra nazionalità. Un sistema in cui la menzogna è diventata politica di Stato e la crudeltà una norma di governo.

In questa tragedia, tuttavia, ci sono anche veri eroi: il comandante Igor Kshnyakin e il secondo pilota Alexander Kalyanin. Con sistemi quasi del tutto fuori uso, sono riusciti a attraversare il Mar Caspio, a evitare aree abitate e a effettuare un atterraggio di emergenza, salvando decine di vite. Sono sopravvissuti 29 passeggeri. Ma 38 sono morti.

In Azerbaigian ora si chiedono scuse ufficiali dalla Russia e la qualificazione dell’incidente come un crimine. Quale sarà l’esito di questo confronto è ancora incerto. Forse due dittatori – Putin e Aliyev – raggiungeranno un accordo. O forse no. Possiamo solo sperare che il Kazakistan e l’Azerbaigian conducano un’indagine indipendente, senza l’interferenza della Russia.

Quando i troll del Cremlino chiedono “di aspettare l’inchiesta”, noi, che abbiamo vissuto un quarto di secolo sotto questo regime, sappiamo già come finirà: non accetteranno mai i risultati di un’indagine che non piaccia loro. E allora, perché aspettare per definire criminale un regime che lo è stato per 25 anni? Noi russi lo sappiamo bene, molto prima di oggi.

Questa non è solo un’altra tragedia. È una manifestazione sistematica di un regime costruito su sangue e menzogne. Un sistema spietato con tutti – russi, ucraini, azerbaigiani o kazaki. Per il Cremlino siamo tutti solo materiale di consumo. E il numero delle vittime continuerà a crescere finché questo sistema esisterà.

Questo è Putin – ed è sempre stato così. Non fatevi illusioni: non è un “leader forte”. È un dittatore a cui non importa nulla delle persone.

Quello che è successo ad Aktau non è un caso isolato. È una conseguenza diretta di un sistema che considera la vita umana priva di valore. Un sistema in cui il potere si esercita attraverso menzogne, repressione e violenza, e dove il silenzio delle vittime è comprato con paura e disperazione.


Ma c’è anche un altro aspetto che non possiamo ignorare: l’apparente disumanità di chi esegue ordini così crudeli e chi copre tali crimini. Chi decide di abbattere un aereo civile, chi dà l’ordine di respingere richieste di atterraggio di emergenza, chi cerca di cancellare le tracce del crimine… sono complici consapevoli. Ogni volta che qualcuno giustifica tali azioni o invita ad “aspettare prove”, non sta solo ignorando la realtà, ma contribuisce a perpetuare un regime che si nutre del silenzio e della complicità.


In questa tragedia, i veri eroi non sono nei palazzi del potere, ma tra i piloti che hanno sacrificato la loro vita per salvare altre. Sono tra coloro che hanno il coraggio di chiedere la verità e la giustizia. Sono tra i pochi che resistono, nonostante tutto.