L’UE sospenda l’AI Act, prima che sia troppo tardi
L’Unione Europea si sta tirando la zappa sui piedi. Con l’AI Act, rischiamo di trasformarci in un mercato stagnante, dove innovazione e produttività sono soffocate da regolamenti pensati per tutelare, ma che finiscono per penalizzare. E mentre noi ci auto-imponiamo vincoli paralizzanti, con l’illusione di regolare l’IA per darle un “volto umano”, gli Stati Uniti (e la Cina) corrono avanti a velocità vertiginosa, investono e lasciano deregolato il settore per non deprimerne la spinta innovatrice e rivoluzionaria.
Il divario di produttività è già qui
Un esempio lampante? Ce lo offre Peter Kruger, brillante osservatore di questioni tecnologiche, rilanciando su X il lancio da parte di OpenAI di Operator, un “browser agent” che automatizza operazioni quotidiane come prenotare un treno, riservare un tavolo o compilare la lista della spesa. Un assistente personale virtuale che può agire come un esercito di stagisti al tuo servizio, facendo risparmiare ore di tempo. Operator, però, non sarà disponibile in Europa. Perché? Per colpa delle nostre regolamentazioni suicide, che rendono questi strumenti pressoché inaccessibili alle aziende e ai cittadini UE.
E non si tratta solo di strumenti per il consumo personale. “Questi agenti entreranno brutalmente nei processi aziendali”, scrive ancora Kruger, e sono destinati a rivoluzionare la gestione delle operazioni e ad aumentare la produttività su larga scala. L’Europa, ad oggi, appare fuori dai giochi: bloccata nell’accesso alle versioni più avanzate di modelli di IA, soprattutto quelle che integrano funzionalità multimodali come immagini, audio e video.
Un futuro senza accesso all’innovazione
Gli effetti del divario sono devastanti. Mentre gli Stati Uniti possono sfruttare strumenti sempre più avanzati per ridurre i costi, aumentare l’efficienza e creare nuove opportunità, l’Europa rimane ancorata al passato. Non parliamo di qualche ritardo marginale, ma di un gap di produttività che rischia di diventare incolmabile.
Le aziende europee si trovano a competere in un mondo in cui non hanno accesso agli stessi strumenti dei loro concorrenti globali. La soluzione? Per noi non può che essere anzitutto quella di sospendere con effetto immediato l’AI Act.
L’AI Act non sta proteggendo l’Europa. Al contrario, sta azzoppando le nostre possibilità di competere. Regole complesse e vincolanti non solo scoraggiano le startup europee, ma rendono il nostro continente poco attraente per gli investimenti globali. Perché un investitore dovrebbe scommettere su un ecosistema soffocato dalla burocrazia, quando può scegliere di operare negli Stati Uniti o in Asia, dove c’è massima libertà di innovare?
E non è finita. I regolamenti dell’AI Act non considerano la rapidità con cui il settore evolve. Nel tempo necessario a discutere, approvare e implementare le norme, la tecnologia avrà già fatto un salto in avanti di due o tre generazioni, lasciando l’Europa irrimediabilmente indietro.
Parigi e la richiesta informale di una pausa regolatoria
Anche le autorità francesi stanno riconoscendo il pericolo. In un documento recente diffuso da Politico.eu, le autorità di Parigi – citando Draghi – sottolineano come la complessità normativa dell’UE costi fino al 10% del PIL potenziale. Per far fronte a questa perdita, il documento propone un’agenda di semplificazione che includa una massiccia pausa regolatoria e una revisione profonda delle norme già adottate o in corso di negoziazione, comprese quelle relative all’intelligenza artificiale.
Il documento francese, nella sua versione inglese
La nuova Commissione Europea, almeno per bocca di Ursula von der Leyen, sembra aver compreso l’entità del problema. Ma le dichiarazioni d’intenti non bastano: servono azioni concrete. E la prima cosa da fare è sospendere immediatamente l’iter dell’AI Act per ripensarlo da capo, con un approccio più pragmatico e orientato all’innovazione.
Non possiamo permetterci di perdere questa occasione storica. L’intelligenza artificiale è il fulcro della competizione globale del XXI secolo. O agiamo adesso, oppure rischiamo di condannarci a essere spettatori passivi, se non vittime, di un progresso guidato da altri.
Sospendere l’AI Act non sarebbe una resa, ma una presa d’atto: come un tempo si diceva che senza fabbriche non esistono nemmeno diritti dei lavoratori da tutelare, oggi potremo dire che non puoi illuderti di regolare qualcosa che non hai e che – proprio in virtù della tua regolazione – rischi non avere mai.