Perché i cinesi vogliono tassare il brandy europeo?
Con l’entrata in vigore dei dazi europei sulle auto elettriche cinesi, il mercato automobilistico europeo affronta una nuova era di tensioni commerciali. La Commissione Europea ha imposto dazi antidumping fino al 35% per difendere i produttori locali dall’ondata di veicoli elettrici cinesi a basso costo, accusati di beneficiare di sovvenzioni statali ingiuste. In risposta, Pechino ha minacciato di colpire prodotti simbolo del lusso europeo, come il brandy, aprendo un fronte commerciale che potrebbe avere ripercussioni significative.
Un mercato in transizione e in turbolenza
Nel 2023, il mercato dell’auto in Europa ha raggiunto un totale di 12,8 milioni di immatricolazioni con i veicoli elettrici che hanno registrato 1,5 milioni di unità vendute, rappresentando ormai quasi il 12% del mercato. Il modello più venduto è stato la Tesla Model Y con le sue 254.800 immatricolazioni. Il mercato europeo rappresenta ormai una delle principali aree di crescita e consolidamento per l’azienda di Elon Musk che ha investito nella costruzione della Gigafactory di Berlino, inaugurata nel marzo 2022 con una capacità produttiva di circa 500.000 veicoli all’anno.
E se il 2023 è stato l’anno del dominio di Tesla, il primo semestre del 2024 è marcato dall’ingresso significativo della concorrenza cinese con marchi come BYD e MG che hanno iniziato a guadagnare terreno con offerte elettriche competitive.
Un mercato europeo da difendere
L’industria automobilistica europea è un pilastro dell’economia continentale, con 322 stabilimenti produttivi distribuiti tra Germania, Francia, Italia, Spagna e altri paesi, e impiega direttamente circa 2,6 milioni di persone. La Germania guida incontrastata la produzione – circa 3,7 milioni di veicoli – con stabilimenti come Wolfsburg (Volkswagen Golf) e grazie agli investimenti di Elon Musk a Berlino per la produzione della Tesla Model Y, seguita da Spagna – 2,2 milioni – e Francia – 1,8 milioni di autoveicoli.
In Italia, l’industria automobilistica si concentra principalmente sugli stabilimenti di Pomigliano d’Arco (Fiat Panda) e Melfi (Fiat 500). Nel primo semestre del 2024, sono state prodotte circa 480.000 autovetture, una riduzione del 25% rispetto al 2023, posizionando l’Italia al settimo posto tra i paesi produttori in Europa. Il nostro Paese sta pagando caro il peso dei disinvestimenti di Stellantis che ci pongono fuori dal mercato dell’elettrico.
Il problema cinese e la sfida dell’Europa
La concorrenza cinese non è solo un tema economico, ma una questione strategica. Marchi come BYD, MG e Geely, sostenuti da politiche industriali aggressive, hanno introdotto nel mercato europeo veicoli elettrici a prezzi competitivi. I dazi imposti dall’UE mirano a frenare questa avanzata, ma potrebbero avere effetti collaterali, come l’aumento dei costi per i consumatori.
E intanto Pechino non sta a guardare e comincia a mostrare i denti: i dazi sul brandy, annunciati come ritorsione, potrebbero essere solo il primo passo di una battaglia commerciale più ampia, capace di colpire altri settori chiave dell’economia europea, come il lusso e l’agroalimentare.
Perchè scegliere proprio il brandy come risposta ai dazi sulle auto?
La Francia è stata uno dei principali promotori dell’indagine dell’Unione Europea contro i sussidi statali alle auto elettriche cinesi. Colpire il brandy, un prodotto di punta dell’export francese, manda un messaggio politico diretto al governo francese.
Ma c’è molto di più. La scelta cinese è la dimostrazione di una strategia molto attenta. Colpire un prodotto specifico e associato a un solo Paese limita il rischio di una reazione coordinata da parte dell’intera Unione Europea. Al contrario, sanzionare un prodotto di largo interesse europeo avrebbe potuto unire gli Stati membri contro la Cina. Concentrando la sua risposta sulla Francia, la Cina cerca di dividere l’unità europea, spingendo altri Paesi a prendere una posizione più morbida nei confronti delle importazioni cinesi.
Inoltre il brandy non è un prodotto fondamentale per l’economia cinese, né per la filiera produttiva locale. Colpirlo è una scelta che crea danno ai produttori francesi senza avere effetti significativi sul mercato interno cinese.
Il protezionismo non basta e ha effetti collaterali
Il protezionismo può aiutare nel breve, ma da solo non risolve i problemi strutturali. Solo con un piano coordinato – come incentivi alla produzione di batterie, investimenti in ricerca, strategie di consolidamento – potremmo trasformare questa crisi in un’opportunità.
Va bene difendere le nostre industrie, ma dobbiamo scegliere le strategie tenendo bene a mente che gli effetti collaterali possono andare ben al di là dell’oggetto del contendere legando prodotti e mercati apparentemente lontanissimi con un filo invisibile come quello che oggi lega auto e brandy e domani chissà.