Perchè la locomotiva tedesca si è guastata

Vincenzo D’Arienzo
21/12/2024
Interessi

La Germania si è a lungo proposta come un modello globale, sia nella lotta al cambiamento climatico sia nella gestione di politiche sociali e migratorie. Tuttavia, il quadro attuale racconta una storia diversa: il Paese, soffocato da burocrazia e costi elevati, si trova oggi a fare i conti con una profonda crisi economica e sociale.

Il mito del modello tedesco

Per anni, la narrativa dominante in Germania ha sostenuto che il Paese potesse essere un esempio per il resto del mondo. L’idea era chiara: se la Germania, responsabile di appena l’1,5% delle emissioni globali di CO2, avesse mostrato la strada, altre nazioni avrebbero seguito il suo esempio. Tuttavia, l’ambizione di guidare la transizione verde si è scontrata con la realtà di un’economia sempre più indebolita.

Ad oggi, la crescita economica della Germania è tra le più basse dei Paesi OCSE. Settori chiave come l’industria chimica, l’acciaio e l’automotive sono in difficoltà. Colossi come BASF e ThyssenKrupp hanno annunciato tagli massicci ai posti di lavoro e stanno spostando i loro investimenti all’estero, citando i prezzi proibitivi dell’energia e una burocrazia elefantiaca come cause principali. La stessa industria automobilistica, un tempo fiore all’occhiello dell’economia tedesca, è sotto pressione: il passaggio forzato alla mobilità elettrica, imposto dalle normative europee, ha messo in difficoltà un ecosistema industriale ancora fortemente dipendente dai motori a combustione.

Transizione energetica: un costo insostenibile?

La politica climatica tedesca rappresenta un caso emblematico di come obiettivi ambiziosi possano portare a risultati problematici se non accompagnati da pragmatismo. La chiusura delle centrali nucleari, ad esempio, ha costretto la Germania a importare energia nucleare e carbone dall’estero, contraddicendo parte dei suoi sforzi per la sostenibilità.

Secondo studi degli istituti Ifo e McKinsey, gli investimenti nella transizione energetica sono stimati tra 1,8 e 6 trilioni di euro. Tuttavia, i risultati non sembrano giustificare il costo. Gli alti prezzi dell’energia e l’incertezza sull’approvvigionamento hanno scoraggiato gli investimenti stranieri: il livello degli investimenti diretti esteri in Germania ha raggiunto i minimi dal 2013, secondo la Bundesbank.

Nonostante la leadership del Paese nelle tecnologie verdi, il bilancio energetico complessivo resta fragile. L’impatto sulle imprese tedesche è significativo: secondo l’associazione industriale BDI, oltre il 70% delle aziende manifatturiere ha subito una contrazione della produzione a causa dei costi energetici elevati.


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Il peso delle politiche migratorie e sociali

Un altro nodo cruciale per l’economia tedesca è la gestione delle politiche migratorie e sociali. Il sistema di welfare, noto per la sua generosità, è sotto pressione: il 64% dei beneficiari del Bürgergeld (il reddito di cittadinanza tedesco) ha un background migratorio, secondo dati ufficiali dell’Agenzia Federale del Lavoro. Questo evidenzia il crescente carico sulle casse pubbliche, già alle prese con le spese per la transizione verde.

A ciò si aggiunge una percezione crescente di insicurezza: il Ministero degli Interni tedesco ha registrato un aumento del 10% dei reati violenti negli ultimi cinque anni, in parte attribuito all’integrazione difficile di alcuni gruppi migratori. Tuttavia, è importante notare che la criminalità è influenzata anche da fattori economici più ampi, come la disoccupazione e le disparità regionali.

Gli errori del passato e il ruolo di Angela Merkel

Molte delle difficoltà odierne trovano le loro radici nelle scelte politiche degli ultimi due decenni. Durante il lungo mandato di Angela Merkel, la cancelliera ha perseguito un approccio di compromesso su molte questioni chiave, evitando riforme strutturali incisive. La chiusura del nucleare, ad esempio, è stata decisa dopo il disastro di Fukushima nel 2011, ma è stata criticata per la mancanza di un piano di transizione energetica efficace.

Merkel ha governato in un periodo di relativa prosperità economica, ma gran parte del merito va attribuito alle riforme introdotte dal suo predecessore, Gerhard Schröder, con l’Agenda 2010. La mancata continuazione di questo slancio riformatore ha lasciato il Paese impreparato di fronte alle sfide odierne.

Un modello da ripensare

Nonostante le sue ambizioni, la Germania non è riuscita a diventare il “campione del mondo” nella protezione del clima. Nel Climate Change Performance Index 2024, il Paese occupa solo il settimo posto, ben lontano dai leader globali come Danimarca e Svezia.

La lezione della crisi tedesca è chiara: la transizione verde è fondamentale, ma deve essere bilanciata. Ignorare le implicazioni economiche e sociali di politiche ambiziose rischia di minare sia la competitività industriale sia il consenso politico. Un sondaggio dell’istituto YouGov ha rivelato che il 57% dei tedeschi è oggi scettico riguardo agli obiettivi climatici del governo, ritenendoli troppo costosi per le famiglie e le imprese.

Conclusione: una lezione per l’Europa

La crisi tedesca rappresenta un monito per l’Europa e il mondo. È possibile perseguire obiettivi climatici ambiziosi senza sacrificare la competitività economica e il benessere sociale? La risposta risiede in un approccio che combini innovazione, realismo e inclusività.

Il futuro dell’Europa dipenderà dalla capacità di imparare da questi errori. Costruire un’economia sostenibile non significa scegliere tra ambiente ed economia, ma trovare un equilibrio che consenta di affrontare le sfide del XXI secolo in modo integrato e lungimirante.