Prima di invadere Taiwan, Pechino ne sta invadendo i social

Negli ultimi anni, la strategia di Pechino per rafforzare la propria narrativa sulla questione Taiwan ha assunto nuove e preoccupanti forme. Se l’attività militare nel Mar Cinese Meridionale e nello Stretto di Taiwan resta come sempre molto elevata, con manovre che simulano un accerchiamento dell’isola e la possibile interruzione delle comunicazioni sottomarine, è sul piano dell’informazione che si gioca oggi una partita altrettanto cruciale.
La propaganda del Partito Comunista Cinese (PCC) ha trovato nei social media uno strumento potente, sfruttando influencer, piattaforme digitali e campagne mirate per diffondere una narrazione favorevole a Pechino e destabilizzare l’opinione pubblica taiwanese. La Cina è esperta e regina delle comunicazioni e con TikTok, che ha spopolato ormai da anni in tutto il mondo, non ha bisogno di insegnamenti in questo settore.
Il ruolo degli influencer nella disinformazione made in China
Di recente, il caso dell’influencer cinese Liu Zhenya, nota come “Yaya in Taiwan”, ha riacceso il dibattito sulla manipolazione dell’informazione. Espulsa dall’isola per motivi di sicurezza nazionale, Liu ha utilizzato piattaforme come Douyin (la versione cinese di TikTok) per promuovere la retorica del PCC, sostenendo apertamente la necessità di unificare Taiwan con la forza.
Le autorità taiwanesi hanno identificato i suoi contenuti come parte di una più ampia campagna di influenza legata al Fronte Unito, un meccanismo utilizzato da Pechino per penetrare le società straniere e modellarne il discorso pubblico. Un modo per Xi Jinping di plasmare a proprio piacimento la realtà, soprattutto quella attorno e dentro Taiwan.
L’espulsione di Liu non è però un caso isolato. Altri influencer cinesi, sposati con cittadini taiwanesi, sono stati sottoposti ad indagini per aver diffuso messaggi pro-unificazione e per aver minato la stabilità sociale dell’isola.
Tale fenomeno sottolinea come la Cina stia adattando le sue tecniche di guerra informativa, spostandosi dal controllo tradizionale dei media alla manipolazione delle piattaforme digitali, dove il pubblico più giovane è maggiormente esposto.
Un altro caso emblematico di come la Cina stia entrando profondamente nella società taiwanese è quella del poliziotto di Taoyuan, che su TikTok ha lodato Pechino, dichiarando di “amare la sua patria, la Cina”, un chiaro messaggio rivolto alla riunificazione tanto desiderata da Xi Jinping e della non divisione reale tra Cina e Taiwan oramai ben nota della propaganda cinese.
TikTok e la guerra dell’informazione
L’uso di TikTok come strumento di propaganda è ormai una realtà ben consolidata. Sebbene ufficialmente separato d a Douyin, TikTok condivide la stessa architettura tecnologica e le stessepolitiche di contenuto.
Pechino ha utilizzato la piattaforma per diffondere messaggi mirati, spingendo narrazioni favorevoli al governo cinese e riducendo la visibilità di contenuti critici.
Questo meccanismo sembra essere particolarmente efficace tra le nuove generazioni, che tendono a “consumare” informazioni attraverso video brevi e contenuti virali piuttosto che tramite i media tradizionali.
L’impatto di questa strategia non si limita a Taiwan. Anche in altre parti del mondo, influencer e account anonimi diffondono messaggi volti a migliorare l’immagine della Cina, minimizzando le critiche sulla repressione interna e promuovendo la legittimità delle sue rivendicazioni territoriali.
Manovre militari e pressione psicologica
In parallelo, oltre alla guerra dell’informazione, l’escalation militare nello Stretto di Taiwan continua senza sosta. Le esercitazioni annuali Han Kuang di Taipei, in programma per luglio, prevedono simulazioni di attacchi cinesi e strategie di difesa contro un possibile blocco navale.
Dall’altra parte, Pechino intensifica le proprie attività, con il dispiegamento di nuove unità anfibie e l’uso sempre più sofisticato di droni per la sorveglianza dell’isola.
Secondo molti analisti, il 2027 potrebbe rappresentare una data chiave per le ambizioni di Xi Jinping su Taiwan. Questa previsione si basa su una combinazione di fattori strategici, tra cui il potenziamento delle capacità militari cinesi, l’evoluzione del contesto geopolitico e l’andamento delle relazioni tra Washington e Taipei. Ma la strategia di Pechino, come già menzionato, punta soprattutto ad una lenta erosione della resistenza taiwanese attraverso la disinformazione e la pressione economica.
La propaganda di Pechino è più attiva che mai, con una combinazione di guerra psicologica, disinformazione social e pressioni militari. La reazione di Taiwan dimostra una crescente consapevolezza della minaccia, con misure sempre più decise per contrastare le interferenze cinesi. Il governo centrale di Taipei ha intanto dato l’ordine di espulsione dall’isola delle influencer incriminate di incitamento all’invasione cinese di Taiwan.
Su queste pagine, noi continueremo a seguire, perché come abbiamo già avuto modo di scrivere, per noi la questione taiwanese è il crush test dell’ordine mondiale.