Può esistere democrazia senza partecipazione?
Quanto può durare una democrazia senza partecipazione? Non è più una domanda retorica. La risposta, purtroppo, è chiara: non può durare. Le recenti elezioni regionali in Emilia-Romagna e Umbria, con affluenze rispettivamente del 46,42% e del 52,13%, segnano un ulteriore passo verso il declino della partecipazione democratica. Alle scorse elezioni europee di giugno, per la prima volta dal 1979, l’affluenza in Italia è scesa sotto il 50%. La maggioranza degli italiani ha scelto di non votare, un trend consolidato che in vent’anni ha portato alla perdita di circa dieci milioni di elettori.
Un declino preoccupante e la legittimità a rischio
Questi dati sollevano interrogativi sulla legittimazione delle classi politiche attuali. Qual è la soglia oltre la quale il processo di voto perde credibilità? Il 40%? Il 30%? Oppure, formalmente, può bastare anche solo il 5%? Se a livello tecnico tutto potrebbe reggere, sul piano politico e sociale è evidente che no, non può “andare tutto bene”. Governi eletti da esigue minoranze sono destinati a essere percepiti come privi di reale rappresentanza, innescando un circolo vizioso che alimenta ulteriore disaffezione. La situazione è particolarmente grave al Sud e nelle isole, dove l’astensione raggiunge percentuali elevatissime. Questi dati riflettono fratture profonde, non solo elettorali ma anche economiche, sociali e culturali, tra le diverse aree del Paese. La politica, incapace di affrontare queste divisioni, alimenta ulteriormente il distacco. I ragionamenti sull’astensionismo durano lo spazio di un mattino, ma questi numeri sono il termometro dello stato di salute della nostra democrazia.
Astensione problema europeo
Eppure, c’è chi minimizza, sostenendo che una democrazia “matura” possa funzionare anche con bassissime affluenze. Guardando ad altri Paesi europei, notiamo fenomeni simili: in Francia, l’affluenza al primo turno delle elezioni legislative del 2022 è stata appena del 47,5%, mentre in Polonia, nonostante una maggiore partecipazione alle elezioni parlamentari del 2023 (74%), le precedenti tornate registravano tassi vicini al 50%. In Germania, le elezioni regionali mostrano tendenze divergenti, con affluenze tra il 60% e il 65%, ma un calo progressivo rispetto agli anni precedenti. Questi dati evidenziano che la crisi di partecipazione è un fenomeno europeo, non solo italiano, e solleva dubbi sulla capacità delle istituzioni democratiche di mantenere il contatto con i cittadini.
Un cambio di rotta necessario
La crisi della partecipazione non è solo un problema tecnico, ma il segnale di un malessere profondo. I cittadini si sentono esclusi, traditi da partiti incapaci di rappresentarli e di proporre soluzioni credibili. La politica appare sempre più distante, concentrata sulla conservazione del potere e non sulla costruzione di un progetto di lungo periodo. Le leggi elettorali attuali, che non favoriscono il dialogo tra elettori ed eletti, aggravano ulteriormente il problema, rendendo il voto un atto percepito come inutile. Se non si interviene subito, la democrazia italiana rischia di diventare una mera formalità. Per evitarlo, è necessario tornare a parlare con i cittadini, affrontare i problemi reali e proporre soluzioni concrete. Non basta condannare l’astensionismo: servono riforme strutturali e un nuovo rapporto di fiducia tra politica e società. Quanto può durare una democrazia senza partecipazione? Il tempo per rispondere sta per scadere.