Sindaci sempre più soli: il 2025 che attende i piccoli Comuni
Il 2025 non sarà un buon anno per i sindaci d’Italia, soprattutto quelli a capo di comuni piccoli o piccolissimi. Con ulteriori tagli nei trasferimenti statali, le difficoltà nell’erogazione dei servizi pubblici e negli investimenti locali diventeranno sempre più rilevanti. Sotto tiro, in particolare, vi è il “Fondo di solidarietà comunale”, il meccanismo che redistribuisce le risorse dai Comuni più ricchi a quelli con minore capacità fiscale. Sebbene sia un ottimo strumento per bilanciare le risorse, evitando diseguaglianze nei diritti e nella qualità della vita, il suo futuro appare incerto.
Un’altra grande preoccupazione riguarda il “Contributo per investimenti in opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio”, istituito dalla Legge di Bilancio 2019. Questo fondo ha sostenuto i Comuni, specialmente quelli sotto i 5mila abitanti, nell’efficienza energetica, nella sicurezza degli edifici pubblici e nella prevenzione di dissesti idrogeologici. Tuttavia, le risorse assegnate sono state progressivamente ridotte, passando mediamente da 80mila euro annui a 54mila nel 2024, con il rischio che vengano completamente eliminate nel 2025. Senza questi fondi, i piccoli Comuni faticheranno a portare avanti progetti pianificati, a effettuare manutenzioni ordinarie e a rispondere ad emergenze territoriali come frane e alluvioni.
La frustrazione dei sindaci cresce con il rischio di non riuscire a garantire i servizi essenziali, temendo di tradire le aspettative della comunità. In molti casi, l’unica strada percorribile sarà l’aumento delle aliquote e delle tariffe, una decisione che potrebbe gravare ulteriormente sulle famiglie residenti. Ma il paradosso più eclatante riguarda la gestione delle risorse straordinarie erogate durante l’emergenza Covid. Nel 2020, lo Stato mise a disposizione circa 50mila euro per ciascun piccolo Comune, utilizzati per affrontare l’emergenza sanitaria e garantire la continuità dei servizi pubblici. Con quei fondi, i sindaci hanno sostenuto le persone fragili, acquistato dispositivi di protezione, sanificato spazi pubblici e investito in tecnologia per il lavoro in remoto. Oggi, a distanza di anni, lo Stato chiede ai Comuni di restituire parte di quelle risorse, nonostante queste siano state utilizzate esclusivamente per spese straordinarie decise dal governo nazionale.
Questa richiesta di restituzione, unita ai tagli nei trasferimenti e alle crescenti difficoltà di bilancio, rappresenta un ulteriore schiaffo ai sindaci, un tempo definiti “angeli custodi” durante la pandemia. Ora quegli stessi amministratori sono lasciati soli a fronteggiare problemi sistemici, senza gli strumenti necessari per risolverli. Il rischio è che il 2025 non segni solo una crisi finanziaria per i piccoli Comuni, ma una vera e propria crisi sociale che colpirà direttamente i cittadini. È tempo che lo Stato riveda il suo rapporto con gli enti locali, offrendo il sostegno necessario per evitare che i Comuni diventino il simbolo di un abbandono istituzionale.