Siria: ora all’Europa serve un approccio pragmatico

Vincenzo D’Arienzo
10/12/2024
Frontiere

La fine della lunga e brutale dittatura di Bashar al-Assad rappresenta un punto di svolta storico per la Siria e per l’intera regione mediorientale. Le dichiarazioni delle istituzioni europee, che hanno accolto questo sviluppo come un’opportunità tanto attesa quanto carica di rischi, evidenziano l’urgenza di una strategia globale per garantire stabilità e sicurezza in un contesto estremamente fragile.


Una svolta storica accolta dall’Europa

L’Alto Rappresentante dell’UE per la Politica estera, Kaja Kallas, ha sottolineato come la caduta del regime dimostri non solo la debolezza dei suoi principali sostenitori, Russia e Iran, ma anche la necessità di collaborare con partner costruttivi per garantire sicurezza e stabilità nella regione. Da Bruxelles, il messaggio dell’UE è chiaro: il crollo del regime offre un’occasione unica per promuovere la libertà e la pace, ma richiede una risposta coordinata e lungimirante.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha definito la caduta di Assad un evento che potrebbe aprire le porte alla ricostruzione di una Siria unita e inclusiva. Tuttavia, ha avvertito, le sfide non mancano. Tra i rischi principali ci sono le tensioni etniche e settarie, il rischio di frammentazione territoriale e l’emergere di nuovi attori destabilizzanti. In questo contesto, l’UE ha ribadito la sua disponibilità a sostenere la Siria nel percorso verso una ricostruzione inclusiva e rispettosa dei diritti delle minoranze.

Anche il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ha posto l’accento sulle sofferenze inflitte dal regime di Assad, ma ha guardato al futuro con ottimismo: il popolo siriano, ha affermato, ha ora l’opportunità di costruire una società più libera e democratica, un processo cruciale per la stabilità dell’intera regione mediorientale.


Opportunità per la Siria, ma con rischi significativi

La caduta di Assad rappresenta un’occasione straordinaria per superare anni di violenze e divisioni. La Siria ha vissuto una delle peggiori crisi umanitarie del nostro tempo, con milioni di rifugiati e sfollati interni e un’intera generazione segnata da conflitti e privazioni. Tuttavia, la transizione verso un futuro più stabile e democratico non sarà né facile né immediata.

Gli attori regionali, tra cui Turchia, Arabia Saudita e Israele, potrebbero intensificare le loro rivalità, cercando di trarre vantaggio da una situazione instabile. Allo stesso tempo, gruppi estremisti potrebbero tentare di colmare il vuoto di potere, mettendo a rischio i fragili equilibri raggiunti. Per questo motivo, l’impegno internazionale, e in particolare europeo, sarà fondamentale per sostenere una ricostruzione che privilegi il dialogo e la coesione nazionale.

Anche le dinamiche migratorie rappresentano una sfida cruciale. In seguito alla caduta di Assad, dieci paesi europei, tra cui Austria, Germania, Belgio, Svezia e Italia, hanno sospeso le decisioni sulle richieste di asilo dei rifugiati siriani, riflettendo un ripensamento delle politiche migratorie nel nuovo contesto politico. Questa misura, adottata anche in risposta alla pressione dei movimenti populisti, è accompagnata da dibattiti interni in molti Stati membri. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha invitato alla prudenza, sottolineando che non ci sono ancora le condizioni per rimpatri sicuri. Tuttavia, paesi come l’Austria hanno già iniziato a pianificare programmi di rimpatrio e deportazione. Questa situazione pone nuove sfide all’UE, che dovrà bilanciare la gestione dei flussi migratori con il rispetto degli obblighi internazionali.


Il ruolo dell’Europa: leadership e responsabilità

L’Unione Europea si trova ora di fronte a una prova importante della sua capacità di agire come attore geopolitico influente. La Siria rappresenta non solo una sfida umanitaria e diplomatica, ma anche un banco di prova per la politica estera europea. L’impegno dichiarato dalle istituzioni UE di lavorare con i partner regionali per promuovere un futuro inclusivo e stabile per la Siria è cruciale, ma richiede una visione chiara e una strategia concreta. Insomma, tutto ciò che fino a oggi non c’è stato.

In questo contesto, l’Europa deve adottare un approccio basato sul pragmatismo e sul realismo strategico. Sarà fondamentale lavorare per isolare la Siria dall’influenza di Russia e Iran, ma anche evitare che diventi un protettorato turco. Ancora, bisognerà mantenerla fuori del conflitto israelo-palestinese, favorendo un dialogo pragmatico con Israele, magari con la sponda dei paesi del Golfo. Al contempo, è essenziale tutelare i diritti delle minoranze religiose ed etniche, nonché garantire un ritorno sicuro e dignitoso per i rifugiati dall’Europa, sostenendo una transizione politica inclusiva che possa stabilizzare il paese e promuovere la pace nella regione. Come si fa tutto questo? Aprendo un confronto diretto con il futuro governo siriano, chiunque esso sia, e impostando la relazione sulla base del mutuo interesse economico e strategico.

Bruxelles dovrà bilanciare il sostegno economico e politico alla ricostruzione con la necessità di mantenere una pressione su quei regimi, come Russia e Iran, che hanno sostenuto Assad fino alla fine. Inoltre, sarà fondamentale garantire che il processo di ricostruzione sia guidato dal popolo siriano e non imposto dall’esterno. Allo stesso tempo, l’UE dovrà affrontare la sfida di prevenire che eventuali ritorni forzati di rifugiati aggravino la già precaria situazione umanitaria sul terreno.


Conclusione: un’opportunità da cogliere con cautela

La caduta della dittatura di Assad offre speranze per un futuro migliore in Siria, ma comporta anche rischi significativi. L’Europa, con la sua storia di promozione della democrazia e dei diritti umani, ha l’opportunità di svolgere un ruolo cruciale nella ricostruzione della Siria, ma dovrà farlo con un approccio prudente e collaborativo.

Sarà essenziale mantenere alta l’attenzione sulle dinamiche regionali e umanitarie, evitando che le rivalità geopolitiche trasformino questa opportunità in una nuova fonte di instabilità. Solo un impegno sostenuto e coerente potrà garantire che la fine del regime di Assad segni davvero l’inizio di una nuova era di pace e prosperità per la Siria e per il Medio Oriente.